Bassanini di Open Fiber: è la fibra che deve girare dappertutto, non il rame

Il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, oggi ha ribadito i rischi dovuti alla competizione infrastrutturale sulla fibra.

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a cura di Dario D'Elia

"È la fibra che deve girare per tutta la città", ha dichiarato il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, oggi a margine dell'evento "Villa Mondragone International Economic Seminar". Ed è tutto qui il cuore del dibattito che sta investendo gli operatori e il settore TLC in relazione a connettività residenziale e 5G.

Bassanini ha ricordato che Governo e parlamento spingono per la realizzazione di una rete unica, un progetto che per sua stessa ammissione è complicato e deve seguire le logiche di mercato. In passato il presidente si è sbilanciato più volte facendo riferimento a una strategia più cauta, ovvero trovare un accordo per le aree bianche a fallimento di mercato.

"Per quanto riguarda Open Fiber siamo nati per la fibra, ma la cosa singolare è che portiamo la fibra non solo nelle grandi e medie città, ma anche in aree interne cosiddette a fallimento di mercato dove abbiamo vinto tutte le gare per la costruzione della rete", ha dichiarato. Rimane il tema dell'Italia di mezzo, quella che "rischia di continuare a navigare con il rame che non sarà più adeguato alla crescita".

In una fase in cui TIM sta trattando con ENEL e Cassa Depositi e Prestiti la prospettiva di una fusione con Open Fiber, ricordare che sul rame non si costruisce nulla è sicuramente un dettaglio sostanziale. La rete in fibra più estesa d'Italia è di TIM ma nella maggior parte dei casi raggiunge centrali o cabinet e solo marginalmente gli appartamenti; quella di Open Fiber nasce per coprire abitazioni, imprese e PA in FTTH. La sintesi tra le due realtà sarebbe ideale e anche secondo Bassanini "la competizione infrastrutturale rischia di condannare il paese a un ritardo e rischiamo di avere ancora un terzo delle famiglie e più di un terzo delle imprese condannate a navigare sul rame".

Le collaborazioni siglate tra TIM e Vodafone per le torri 4G e 5G e quella tra Wind e Fastweb per residenziale e mobile sono un buon esempio. "Anche i grandi colossi hanno capito che non conviene più essere separati", ha sottolineato l'alto dirigente. "Una cosa a mio avviso significativa che non è stata notata abbastanza e riguarda due vicende di mercato: Vodafone e Tim hanno deciso di mettere insieme le loro torri così come hanno fatto Wind e Fastweb. È caduto uno dei pregiudizi del settore: avere una rete di proprietà. Se questo è vero nel mobile, forse lo è ancora di più nel fisso".

Già, ma ogni scelta "devono farla gli azionisti, a loro spetta valutare se ci sono le condizioni". E questo è il tema dei valori degli asset in campo. TIM potrebbe anche acquisire il 50% di Open Fiber detenuto da CDP oppure prediligere una fusione tra Flash Fiber (80% TIM, 20% Fastweb) e Open Fiber, ma rimane un nodo sul tavolo: la questione antitrust.

L'Osservatorio delle Comunicazioni dell'AGCOM riguardante i dati di dicembre 2018 ha confermato che gli accessi fibra FTTH sono a quota 850mila (+300mila) "grazie in particolare alla crescita dei servizi offerti da Open Fiber Open Fiber, ed ai processi di migrazione verso soluzioni di accesso FTTH messe in atto da Tim". Ciò vuol dire che i due attori in campo sono i leader del settore, ma con una differenza sostanziale: TIM è un operatore consumer e wholesale, mentre Open Fiber solo wholesale. Un'eventuale newco frutto di fusione potrebbe essere mai sotto il controllo TIM? E ancor di più, considerato che è un ex-monopolista soggetto a regolamentazioni più stringenti dall'AGCOM, cosa avverrebbe dopo? E infine, che ne sarà dei piccoli operatori in fibra sparsi per l'Italia?