AGCOM è solo un organo amministrativo

La nuova normativa AGCOM sul copyright rischia di ridimensionare i diritti digitali degli italiani, ma per quali motivi? Grazie a Juan Carlos De Martin, docente del Dipartimento di Automatica Informatica del Politecnico di Torino, li scopriamo in sintesi.

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a cura di Dario D'Elia

La domanda retorica di De Martin ha una risposta non scontata: semplicemente, di fronte a casi dubbi dove anche gli esperti in materia sono in difficoltà, vi è bisogno della massima tutela delle parti. "È davvero concepibile che possa essere un organo amministrativo, per di più con tempi molto stretti, a decidere, per esempio, se un cittadino possa pubblicare o meno sul suo blog l'estratto di una trasmissione di informazione televisiva per finalità di discussione?", continua l'esperto.

Oltre a questo lascia piuttosto perplessi il fatto che una normativa così legata ai diritti fondamentali non venga discussa in Parlamento. "Quindi, che si proponga eventualmente una legge e che tale legge venga pubblicamente discussa, come per altro chiesto a febbraio da un'interpellanza urgente a prima firma del deputato Roberto Cassinelli (PdL) e sottoscritta da 45 parlamentari del Pdl, Pd, Udc, Fli e Lega Nord. In Spagna si è seguita tale strada: la legge cosiddetta Sinde, dal nome del ministro della Cultura, che intendeva introdurre un meccanismo simile a quello pensato dall'Agcom, è stata lungamente discussa in Parlamento, che l'ha infine bocciata", sottolinea De Martin.

Cui prodest? 

Senza contare che recentemente l'avvocato generale presso la corte di giustizia europea, Pedro Cruz Villalon, ha ricordato un passaggio dell'articolo 52 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea che lascia poco spazio all'immaginazione: "Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge".

Ho scandagliato in lungo e in largo la Rete per individuare posizioni diverse rispetto a quelle espresse da Juan Carlos De Martin. Indicativamente tutte le testate giornalistiche, a prescindere dai colori politici, sottolineano i rischi della normativa

Confermo che l'unica voce fuori dal coro è rappresentata dalle lobby industriali, come la FIMI (Federazione Internazionale delle Musica Italiana) e Confindustria. "È innanzitutto innovativa, perché non interviene sull'utente finale ma attiva un procedimento amministrativo, non penale, che mira a bloccare il sito pirata" attraverso gli Internet Service Provider ed è immediata "perché consente di arrivare alla rimozione dei contenuti illeciti contestualmente alla messa in circolazione", sosteneva il Presidente FIMI Enrico Mazza a febbraio.

Cui prodest? A chi giova tutto questo?

Per leggere i passaggi chiave della delibera ecco il comunicato stampa e l'allegato B.

Intanto segnalo che le più importanti Associazioni dei consumatori italiani, Assoprovider e altre istituzioni stanno promuovendo una petizione al riguardo su sitononraggiungibile.e-policy.it.