Il World Economic Forum di Davos, fra le altre cose, ha permesso di fare il punto sulla cyber-guerra mondiale: la situazione è critica, nessuno ha ancora capito nulla. "Se un Paese bombarda gli elettrodotti di un'altra nazione, è un chiaro atto di guerra. E se, invece, lancia un attacco massiccio alle sue reti informatiche? Dove comincia l'atto di guerra? E come si reagisce: con armi elettroniche o convenzionali?", ha domandato Jonathan Zittrain, studioso di crimini informatici della Law School di Harvard.
CyberWar
La questione di fondo è che per gli esperti non solo è difficile organizzare una difesa adeguata (l'85% delle infrastrutture strategiche Usa appartiene a privati), ma è ormai sempre più complicato identificare le sorgenti di attacco – per eventuali contro-mosse.
"Non posso prendermela con Pechino ma è ora di affrontare seriamente il problema perché ci sono già almeno dieci Paesi in grado di lanciare attacchi sofisticati e devastanti", ha dichiarato Craig Mundie, responsabile ricerche di Google, tirando in ballo l'ultimo caso scoppiato tra Google e la Cina.
Drastica, a questo punto, la ricetta del responsabile sicurezza di Akamai Technologies, Carl Sagan."Dovremo rinunciare a un po' di libertà , inserendo sistemi di criptazione dei dati e molteplici livelli di identificazione. In fondo è quello che facciamo già nel mondo fisico dove un'auto è identificata attraverso il numero di telaio, la targa e la patente del conduttore. E i limiti andranno applicati soprattutto ai bambini: sono loro quelli che usano di più il computer in casa e diffondono con molta facilità informazioni su sé stessi e la propria famiglia".