Ellison contro Larry Page: il diavolo veste Google

Larry Ellison mette in dubbio la validità del motto Don't Be Evil di Google. L'azienda di Mountain View usa proprietà intellettuali di Oracle senza permesso.

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a cura di Manolo De Agostini

Larry Ellison ha accusato Larry Page di aver agito in modo malvagio. Il boss di Oracle non ha solo parlato di Apple e Steve Jobs durante la sua intervista con Charlie Rose su "CBS This Morning", ma ha anche dedicato parole non proprio amorevoli a Google e uno dei suoi fondatori, attualmente amministratore delegato dell'azienda.

D'altronde i due colossi se le sono date di santa ragione in tribunale fino a non molto tempo fa. Oracle ha denunciato Google, accusandola di aver violato dei brevetti relativi al codice Java - ottenuti con l'acquisto nel 2010 di Sun Microsystems - attraverso la macchina virtuale Dalvik di Android.

Larry Page, bello fuori e cattivo dentro?

L'azienda chiedeva un risarcimento danni miliardario e il pagamento delle royalties, ma dopo un batti e ribatti durato molto tempo ne è uscita vittoriosa la casa di Mountain View. C'è ancora l'appello, ma Ellison mastica amaro. Il boss di Oracle ha scimmiottato il motto "Don't be evil", che rimarrà un marchio di fabbrica di Google, anche se lo stesso presidente Eric Schmidt l'ha definita una "regola stupida".

"Riteniamo che abbiano preso le nostre cose (il codice, N.d.R.), e questa è stata un'azione sbagliata", ha confidato Ellison a Charlie Rose. "Penso che quanto hanno fatto sia assolutamente malefico. […] Larry prende le decisioni, dirige l'azienda. Nessun altro gestisce quell'azienda. Hanno deciso che quando si scrive un programma per un telefono Android si usano gli strumenti Java di Oracle. E alla fine si preme un bottone che dice 'converti in formato Android'".

Una scorrettezza, quella di Google, che secondo Ellison macchia la figura intonsa di Larry Page. "Non è malvagio, ma è quello che ha fatto a renderlo cattivo, è una cosa abbastanza diversa. So che il suo slogan è 'Don't be evil', ma penso che stavolta abbia sbagliato", ha concluso il boss di Oracle. Sono in molti a ritenere che Google, da startup intraprendente pronta a scardinare l'egemonia di Microsoft, a colosso dell'hi-tech pronto a decidere i destini del settore, abbia iniziato a fare sempre più concessioni al suo codice di condotta. Non solo nei confronti del "caso Oracle", ma anche con i propri utenti, tanto da rimettere in discussione il significato di privacy.

"Una persona non ha alcuna aspettativa legittima di privacy sulle informazioni che gira volontariamente a terzi", hanno scritto gli avvocati della casa di Mountain View in un documento di risposta a una class action. Insomma, la legittimità del motto Don't be evil è puramente una questione di punti di vista, e la domanda non che può essere scontata: Google è già passata al "lato oscuro"?