Fotocamere 1000 volte più sensibili grazie al grafene

Alcuni ricercatori della Nanyang Technological University hanno prodotto un sensore in grafene 1000 volte più sensibile degli attuali CCD e CMOS. Consuma poco, ed è anche economico. Purtroppo non lo vedremo per almeno 10 anni.

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a cura di Alberto De Bernardi

Da quando è balzato agli onori della cronaca nel 2010, fruttando il Nobel ad Andre Geim e Konstantin Novoselov, il grafene ha conquistato tutti per le sue peculiarità fisiche e il fascino del nome esotico. Le sue ottime proprietà conduttive hanno indotto molti a ipotizzare e ricercare applicazioni nel campo dell'elettronica e dei semiconduttori, e oggi è il turno delle fotocamere.

Alcuni ricercatori della Nanyang Technological University di Singapore sono riusciti a realizzare un sensore a singolo strato di grafene (cioè con un solo piano atomico di carbonio ibridizzato sp2) che risulta molto più fotoricettivo degli attuali CCD e CMOS. La sua sensibilità risulterebbe infatti circa 1000 volte superiore, il che consentirebbe ovviamente di fotografare in presenza di quantità di luce davvero esigua.

Questa fantastica proprietà viene ottenuta introducendo dei difetti nel reticolo di grafene, che hanno l'effetto di "intrappolare" gli elettroni eccitati dalla luce incidente per un lungo periodo di tempo, consentendone una più agevole rilevazione/registrazione.

Non solo. Il sensore in grafene consumerebbe anche meno dei corrispettivi CCD e CMOS, si stima circa 1/10 rispetto a questi ultimi, e sarebbe anche economico una volta avviata la produzione in serie. E ancora: La sua sensibilità di estenderebbe dal visibile al medio infrarosso (circa 10 nm), il che lo renderebbe interessantissimo per la fotografia astronomica.

Cosa ci frena ancora dal buttare tutti gli attuali sensori e passare al grafene?!? Beh, purtroppo dire che la tecnologia sia ancora agli esordi è dire poco. L'estrema sensibilità del sensore della Nanyang University deve essere stemperata per ottenere il giusto compromesso con la rapidità di lettura (e quindi la rapidità di scatto), perché va da sé che più elevato è il tempo in cui gli elettroni rimangono intrappolati e maggiore sarà la sensibilità, ma il sensore rimarrà in questo modo "bloccato" per più tempo. La ricerca del giusto compromesso, a suon di variazioni nella densità dei difetti nel reticolo di grafene, richiederà molto tempo e molti tentativi.

Se la ricerca si confermerà promettente come sembra, le prime applicazioni pratiche potrebbero essere nel settore della fotografia astronomica, ma non è lecito aspettarsi applicazioni pratiche prima di una decina di anni.