Fuel Cell più resistenti e meno costose. Possibili!

Un team di ricercatori ha combinato il grafene con ossido di indio-stagno per realizzare celle a combustibile migliori e che durano di più. Le cosiddette fuel cell potrebbero diventare il sistema di alimentazione di numerosi dispositivi elettronici.

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a cura di Manolo De Agostini

La combinazione di nanoparticelle di ossido di metallo e grafene potrebbe consentire di realizzare un materiale catalitico più resistente e chimicamente attivo per celle a combustile, un dispositivo che potrebbe essere usato per offrire energia agli oggetti elettronici grazie all'uso di sostanze come l'ossigeno o l'idrogeno.

Lo studio è stato condotto dal professore Jun Liu e dai suoi colleghi del Pacific Northwest National Laboratory, dell'Università di Princeton e della Washington State University. "Le fuel cell sono un'importante area della tecnologia energetica. Il costo e la durata sono le maggiori sfide. La struttura unica di questo materiale offre la stabilità necessaria, una buona conduttività elettrica e altre proprietà desiderate".

Il grafene, combinato con le nanoparticelle di ossido di metallo, serve a stabilizzare il catalizzatore delle celle a combustibile e farlo funzionare meglio. Il nuovo materiale ha il potenziale per consentire la realizzazione di fuel cell meno costose e che durano di più.

Il cuore di una fuel cell è un catalizzatore chimico, solitamente il platino, adagiato su un supporto che è spesso fatto di carbonio. Un buon materiale di supporto diffonde il platino in modo uniforme su tutta la superficie per massimizzarla l'area sulla quale può attaccare le molecole di gas. È anche elettricamente conduttivo.

Gli sviluppatori di celle a combustibile comunemente il carbonio nero ma gli atomi di platino tendono a raggrupparsi su questo tipo di carbonio. Inoltre, l'acqua può consumare il carbonio sul lungo periodo. Un'altra opzione di supporto è l'ossido di metallo, ma ciò che compensa sul fronte della stabilità e dispersione lo perde in conducibilità e facilità di sintesi.  Altri ricercatori hanno iniziato a esplorare ossidi metallici in combinazione con materiali di carbonio per ottenere il meglio dai due mondi.

Nanoparticelle di ossidio di indio-stagno (verde e rossa) e nanoparticelle di platino (blu) sulla superficie in grafene (nido d'ape).

Liu e i suoi colleghi hanno invece preferito il grafene come supporto al carbonio. La struttura esagonale del grafene è porosa, conduce l'elettricità e offre un sacco di spazio agli atomi di platino per lavorare. Per prima cosa il team ha cristallizzato le nanoparticelle di ossido di metallo conosciute come ossidio di indio-stagno (ITO) direttamente sul grafene, trattato in modo speciale. Poi hanno aggiunto le particelle del composto grafene-ITO e testato i materiali.

I test hanno mostrato che senza l'ITO gli atomi di platino si raggruppavano sulla superficie del grafene, ma l'aggiunto di questo materiale permetteva agli atomi di disperdersi senza problemi. Le immagini ad alta risoluzione al microscopio hanno evidenziato anche il catalizzatore al platino, inserito tra le nanoparticelle e la superficie in grafene, con le nanoparticelle poste parzialmente sul platino, come un fermacarte.

I ricercatori hanno poi eseguito dei calcoli teorici - grazie a un supercomputer - per capire la stabilità di questa struttura. Il risultato ottenuto ha dimostrato che la soluzione basata su grafene, platino e ITO è più stabile di quella con ossido di metallo sul grafene o di quella con il catalizzatore sul grafene.

I test hanno anche provato un'efficienza superiore - pari a 40 percento - nella rottura degli atomi di ossigeno. Gli scienziati hanno anche testato la risposta del nuovo materiale all'uso ripetuto, invecchiandolo artificialmente. Il risultato è stato più che positivo: il materiale si è dimostrato tre volte più durevole rispetto alla soluzione con il catalizzatore sul grafene. Anche i test sulla corrosione sono stati positivi.

Il team sta ora integrando il materiale composto da grafene, platino e ITO all'interno di una fuel cell sperimentale per determinarne il comportamento sotto condizioni d'uso reali. Per questo motivo i ricercatori non hanno ancora detto nulla sui possibili risvolti commerciali di questa scoperta.