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La sfida a colpi di laser e gravità

L'Italia ha vinto la competizione internazionale ZeroRobotics stracciando gli avversari nella finalissima giocata a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Ecco le strategie e le regole del gioco spaziale più emozionante a cui si possa partecipare.

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Avatar di Elena Re Garbagnati

a cura di Elena Re Garbagnati

Pubblicato il 30/01/2014 alle 15:00 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:49
  • Gli studenti italiani salvano la Terra da una cometa assassina
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  • La sfida a colpi di laser e gravità
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La sfida a colpi di laser e gravità

La competizione si è sviluppata in tre fasi. La prima consisteva in una simulazione al computer del gioco, che è stata fatta girare su un server del MIT. Quelle che hanno superato la prova sono passate alla fase successiva, al termine della quale i gruppi europei hanno dovuto allearsi fra loro per ottenere un programma che offrisse un risultato complessivo migliore. In questa fase era indispensabile una connessione a Internet con Skype per comunicare con gli alleati.

I ragazzi ci spiegano che questa fase è stata quella più difficile in cui bisognava interagire con gli alleati e cercare di trovare la strategia migliore superando i pareri discordanti. "Tutti hanno trovato in questa fase una strategia vincente, bisogna riuscire a muoversi dalle proprie posizioni e trovare quella più efficiente possibile sotto tutti i punti di vista, e a volte è quella degli altri" spiega Chemello.

Nella fase finale i programmi dei gruppi finalisti sono stati caricati sui mini satelliti SPHERES disponibili a bordo della Stazione Spaziale, ed eseguiti sotto l'attenta supervisione degli astronauti. Per ogni match gli avversari dovevano far compiere ai mini satelliti determinate evoluzioni – per un tempo massimo di 3 minuti, a ciascuna delle quali corrisponde un punteggio. I ragazzi dovevano scrivere i programmi da Terra e fare le simulazioni del gioco, quindi spedire il programma all'ESA affinché lo caricasse e lo installasse sui mini satelliti.

"La programmazione ha delle difficoltà costanti, come per esempio lo spazio per il codice - spiega Lumetti - perché si usano tecnologie precise ma obsolete visto che devono essere garantite per funzionare sempre nelle condizioni di gravità e ai raggi cosmici che si presentano nello Spazio. Le fasi di test per la conformità ad operare nello Spazio sono lunghe - si arriva anche a cinque o sei anni - ma necessarie. Ci è capitato di trovarci la sera prima con il 100 percento dello spazio occupato e bisognava cercare di ridurlo perché c'è uno spazio limitato su cui poter fare i calcoli e ci sono anche processori molto vecchi quindi bisogna saper usare il codice affinché sfrutti tutte le possibilità della SPHERE". Chemello aggiunge che "il codice viene eseguito ogni secondo e il secondo è diviso in 200 millisecondi che regola gli impulsi da dare ai vari propulsori". 

Tornando alla gara, Chemello spiega che "ci sono due strategie alternative che si possono usare, e bisogna saper trovare quella ottimale o un misto tra le due che funzioni. Per esempio, nel simulatore viene simulata anche la quantità di carburante disponibile, quindi si deve avere la capacità di ottimizzare il movimento dello Sphere usando bene i propulsori. Però non bisogna andare troppo oltre perché c'è un limite di 180 secondi per la simulazione".   

"Quest'anno bisognava deviare una cometa che minacciava la Terra e si giocava in competizione con la SPHERE avversaria. La sfera rossa doveva deviare la cometa rossa lontano dalla base rossa, quella blu doveva occuparsi della cometa blu. La difficoltà era direttamente proporzionale a quanto era lontana la cometa dalla propria base e quanto più vicina era alla base avversaria. Per deviarla ci sono due metodi: il primo è quello di sfruttare la forza di gravità della propria massa - che si può incrementare raccogliendo detriti nella prima fase del gioco. In alternativa si poteva usare un laser (di cui bisognava recuperare le munizioni) e sparare contro la cometa per deviarne la traiettoria.  

La programmazione doveva far sì che i mini satelliti fossero in grado di riconoscere autonomamente la situazione e guidare le SPHERE nel corso delle evoluzioni e delle sfide di velocità lungo un percorso predeterminato, evitando collisioni con l'avversario, e senza uscire dal campo di gara. I giochi si svolgevano all'interno del laboratorio Kibo della ISS, uno spazio angusto che aumentava il livello di difficoltà, dato che è lungo 1,80 metri, alto 1,28 metri e largo altrettanto. Non si può uscire dal campo di gioco altrimenti ci sono penalità sul carburante. Per svolgere alcune operazioni c'è un margine di errore con uno scarto di un centimetro. A fare da arbitri quest'anno erano l'astronauta NASA Richard Mastracchio e il cosmonauta russo Oleg Kotov.

Le sfere, grandi quanto pallone da pallavolo, si muovevano grazie a dodici propulsori ad anidride carbonica compressa. Gli sfidanti potevano raccogliere carburante extra dai satelliti in disuso e ottenere altri punti dalle manovre per evitare i satelliti stessi. C'è poi tutto un sistema elettronico per il controllo della posizione all'interno della stazione, che funziona con un metodo simile a quello del GPS.

 

Il professor Macchietto spiega che "nello Spazio il moto avviene molto lentamente, ma ci si muove secondo i principi di base della fisica, ossia il principio di azione e reazione. Se si sparano dei razzetti ad aria compressa in una direzione ci si muove nella direzione opposta, non ci si muove come nell'acqua dove spesso simulano la mancanza di gravità. Ne segue che è difficile fare le operazioni con la precisione necessaria".

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