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Governo: tassa su Google News e giornali online certificati

Il sottosegretario all'Editoria e all'Attuazione del programma di governo Giovanni Legnini ha spiegato in un'intervista che i quotidiani online potrebbero essere certificati per favorire la buona informazione. In ballo anche la tassa su Google e gli aggregatori di notizie.

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Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Pubblicato il 03/06/2013 alle 12:22 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:46

Giornali online certificati e tassa su Google News. Queste saranno le prossime iniziative del Governo per favorire il mondo dell'editoria. "Certi pericoli sono evidenti, una quantità rilevante di non-notizie circolano in Rete senza verifiche né controlli. Occorre una rigorosa strutturazione della filiera", ha svelato in un'intervista al Corriere il sottosegretario all'Editoria e all'Attuazione del programma di governo Giovanni Legnini (PD).

"Per esempio una qualche forma di certificazione dei giornali online. Gli stessi motori di ricerca andranno sollecitati a fornire un contributo al progetto di innovazione del sistema editoriale".

Aprile (1998 - Nanni Moretti)

L'obiettivo è chiaro: salvare l'industria dell'informazione tradizionale. D'altronde come ha spiegato Legnini il capitolo di spesa pubblica che si è maggiormente ridotto è proprio quello dell'editoria. Si è passati dai 700 milioni di euro del 2005 ai 95 milioni del 2012 - circa lo 0,01125% del bilancio dello Stato. Permangono agevolazioni fiscali, ma quelle postali sono state eliminate.

I problemi strutturali del segmento, sempre secondo il sottosegretario, dovrebbero essere affrontati su scala europea e globale sopratutto quando si parla di passaggio al digitale e salvaguardia del diritto d'autore. "Occorre un grande progetto di innovazione da declinare in atti normativi e sostenere con nuove risorse finanziarie. Direi così: accompagnare le aziende nella gestione delle crisi, affrontare il tema degli esuberi. Chiedere però alle stesse aziende, magari incentivandole, di favorire l'ingresso dei giovani proprio per accelerare l'innovazione", ha commentato Legnini.

Dopodiché la questione chiave è quella di far incrementare la redditività, considerato il drastico calo della pubblicità e della contribuzione pubblica. L'unica via è quella che porta ai motori di ricerca. "Settore al quale, appunto, bisognerà chiedere un contributo per innovare il sistema. Come, lo spiegheremo a tempo debito", ha aggiunto.

Giovanni Legnini

Si prepara un'estate molto calda per il settore online. È davvero preoccupante questo desiderio di normalizzare la Rete, come spiega il giornalista Pino Bruno. E non si parla solo di norme ammazza-blog (che sembra piacere ad alcuni giornalisti) ma anche della volontà di creare un sistema di certificazione per premiare i buoni e mettere nell'angolo i cattivi.

"Tema vecchio quanto la rete. Chi dovrebbe certificare se un giornale è buono o cattivo? Chi dovrebbe attribuire il bollino di qualità? Il governo? Una commissione parlamentare analoga all'inutile e anacronistica Vigilanza Rai?", si interroga Bruno.

Anche il giornalista ed esperto IT Massimo Mantellini sostiene che si tratti di "uno sciocco paternalismo di Stato". A suo parere infatti può essere solo il frutto di chi "non conosce Internet e vive in una sorta di Nirvana nel quale le notizie reali sono da una parte e le bufale da un'altra".

Concordiamo con Bruno e Mantellini. Il bollino di qualità all'informazione online è ridicolo, ancor di più se applicato dallo Stato. Cosa mai potrebbe certificare, forse la qualità di una testata in relazione ai suoi adempimenti burocratici?

"Quello dell'editoria e dell’informazione è un tema complesso e non ci sono soluzioni semplici e univoche. Credo sia importante ascoltare le esperienze di chi da anni è protagonista attivo della produzione e del consumo di informazione online", ha risposto Legnini sul blog di Mantellini.

"Approfitterò del dibattito suscitato per organizzare, in varie forme, momenti di ascolto, per imparare da chi da anni si occupa di questi temi. Se sei interessato a dare il tuo contributo con proposte, riflessioni ed idee puoi scrivere una mail a questo indirizzo: info@giovannilegnini.it".

Ma allora su quali esperienze sono basate le proposte?

Tutti ci girano intorno ma nessuno ha il coraggio di entrare nel vivo del problema. I grandi editori italiani sono in difficoltà perché le vendite dei quotidiani crollano e i lettori comuni preferiscono sempre di più l'immediatezza dell'informazione online. La questione della qualità è un tema importante ma non ha niente a che vedere con il mezzo. Oggi i quotidiani cartacei si macchiano di inesattezze come ieri, anzi forse di più perché le sparate fanno vendere.

Dopodiché è vero che Internet può fare più danni rispetto al cartaceo, ma solo perché è in grado di raggiungere più persone e diffondere notizie più velocemente. Quindi una battaglia contro la cattiva informazione online dovrebbe essere analoga a quella contro un cattivo quotidiano di grande tiratura nazionale. Già, ma in questo ultimo caso nessuno Stato democratico si sognerebbe mai di legiferare al riguardo.

Quanto al crollo dei ricavi la soluzione unica sembra essere quella di tassare Google News e gli aggregatori di notizie in genere. In Francia e Germania sono giunti a un "compromesso" con il colosso statunitense, perché in fondo fa comodo a tutti maggiore informazione e audience. Il problema però è che i mercati editoriali d'oltreconfine sono più equilibrati del nostro sotto il profilo normativo. I tetti pubblicitari imposti alla televisione non sottraggono tutte le risorse come nel nostro paese, lasciando briciole a radio e quotidiani. Di fatto in un altro paese europeo le TV generaliste sarebbero crollate da un pezzo.

Colpire Google News è più facile, ma la risoluzione del problema "editoria" è solo rimandata. I conti rimarranno in rosso e la forza lavoro verrà fortemente ridotta. Per fare un grande quotidiano non si può prescindere da un grande staff preparato e abile con le nuove tecnologie digitali. Peccato che il nuovo che avanza venga pagato pochi euro a pezzo, e molti residuati bellici (fortunatamente non tutti) continuino a scrivere per se stessi.

Il Web è più democratico e liberale: consente a tutti di esprimersi e premia solo chi se lo merita.

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