Hi-tech: terre rare, un super giacimento nel Pacifico

Sul fondo dell'oceano Pacifico sono stati scoperti depositi di terre rare - elementi chiave dell'elettronica di consumo e non solo - da 80 a 100 miliardi di tonnellate. Le riserve globali sono di appena 110 milioni di tonnellate.

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a cura di Manolo De Agostini

Un gruppo di scienziati giapponesi ha trovato vasti depositi di terre rare sul fondo dell'oceano Pacifico, in acque internazionali situate in un'area che si estende da est a ovest delle Hawaii, e a est di Tahiti. Si tratta di minerali che per le loro caratteristiche sono impiegati nella realizzazione di prodotti hi-tech.

"I depositi hanno un'elevata concentrazione di terre rare. Un chilometro quadrato sarà in grado di fornire un quinto del consumo annuale attuale", ha dichiarato Yasuhiro Kato, professore associato di scienze della terra dell'Università di Tokyo che ha compiuto questa scoperta insieme a un gruppo di ricercatori di un'agenzia giapponese.

I minerali sono stati trovati all'interno di fango marino estratto a una profondità da 3500 a 6000 metri, in 78 punti diversi. Un terzo dei siti era ricco di terre rare e ittrio. Si stima che i depositi possano contenere una quantità di terre rare che va da 80 a 100 miliardi di tonnellate. Un dato che si scontra con le riserve globali di appena 110 milioni di tonnellate e che rende evidente ancor di più il valore di questa scoperta.

Il professor Kato ha inoltre dichiarato che il livello di uranio e torio - elementi radioattivi che di solito sono contenuti in questo tipo di depositi - è risultato essere pari a un quinto di quello che finora è stato rintracciato nei depositi sulla terra ferma.

I primi rilevamenti hanno evidenziato la presenza abbondante di gadolinio, lutezio, terbio e disprosio, usati nella produzione di TV a schermo piatto e nei motori delle auto ibride.

La scoperta di nuovi depositi potrebbe avere un effetto benefico sui prezzi, schizzati alle stelle da quando la Cina - il maggiore estrattore con il 97 percento del mercato - ha ridotto le esportazioni. Inoltre, poiché sembra che in alcuni paesi l'estrazione di questi materiali consenta a governi dittatoriali di finanziarie delle guerre civili (pensiamo al Congo), un ritrovamento in una "zona neutra" non può che far piacere.

Al momento non è chiaro quando inizierà l'estrazione, poiché serve l'approvazione dell'Autorità internazionale dei fondi marini, che deve valutare tutta una serie aspetti, tra cui l'impatto ambientale (che speriamo sia tenuto in grande considerazione). 

Secondo il professore per l'estrazione bisognerà pompare il fango su delle navi e separare le terre rare dal resto del materiale grazie a dell'acido diluito. In questo modo si dovrebbe riuscire a estrarre in poche ore l'80/90% delle terre presenti all'interno del fango marino.