L'industria della telefonia mobile ha individuato il suo prossimo obiettivo: i paesi in via di sviluppo come Africa, Cina e India. Difficile considerare Cina e India come realtà solo emergenti - quando di fatto stanno per dominare l'intero mercato mondiale - ma effettivamente per quanto riguarda la telefonia mobile il livello di penetrazione consumer è ancora piuttosto basso. Se in Europa il rating ha superato il 90%, nel resto del mondo le potenzialità dei vari mercati sono ancora totalmente inespresse.
Mercoledì scorso presso il 3GSM World Congress di Barcellona è stata organizzata una tavola rotonda proprio su questo tema; vi hanno partecipato i più importanti prodouttori e carrier del settore.
"C'è una grande opportunità per la nostra attività in India", ha dichiarato Arun Sarin, CEO di Vodafone. "Siamo molto eccitati per lo sbarco nelle zone rurali. Quando riusciamo a portare i nostri servizi la gente è felice di poter finalmente godere della comunicazione mobile".
Ovviamente a parte le grandi velleità espansionistiche non mancano i problemi. I carrier devono confrontarsi con la mancanza di infrastrutture, l'implementazione di servizi a misura di un'utenza neofita e la questione dei terminali a basso prezzo. In molte zone per alimentare le stazioni vi è bisogno infatti di generatori: la rete elettrica tradizionale infatti ha coperture ridotte. Allo stesso tempo - dato che la telefonia mobile è ancora considerata quasi un lusso - i livelli di tassazione sono altissimi. In Brasile, ad esempio, il 44% del conto mensile di un abbonato se lo intasca lo Stato.
"Per le aziende che hanno un margine di profitto inferiore al 25% è difficile generare sufficienti introiti che permettano l'espansione e una maggiore copertura sul territorio", ha confermato Roberto Oliveira de Lima, CEO del carrier brasiliano Vivo. "Quindi è evidente che cerchiamo di bilanciare gli investimenti con i profitti come possiamo".