Il chip del MIT che usa energia da luce, calore e vibrazioni

Il professor Anantha Chandrakasan e lo studente Saurav Bandyopadhyay hanno realizzato un chip capace di usare, nello stesso momento, tre fonti di energia diverse: luce, calore e vibrazioni. Servirà inizialmente per sensori biomedici e ambientali.

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a cura di Manolo De Agostini

Il MIT ha sviluppato un chip capace di catturare energia da molteplici fonti - luce, calore e vibrazione - per consentire a soluzioni di monitoraggio di funzionare senza bisogno di batterie. Un chip simile potrebbe essere usato in dispositivi biomedici, sensori ambientali dislocati in posti remoti e magari trovare spazio anche in altre applicazioni - pensiamo a dispositivi elettronici consumer, in un lontano futuro.

Il chip è frutto dell'impegno del professor Anantha Chandrakasan (MIT: il calore corporeo ricaricherà il nostro chip) e dello studente Saurav Bandyopadhyay. A dispetto delle soluzioni finora realizzate, il lavoro dei due ha portato alla realizzazione di un chip capace di usare queste tre fonti di energia nello stesso momento, ottimizzandone l'erogazione. Si tratta di uno sviluppo importante, dato che le sorgenti in gioco sono intermittenti e imprevedibili. "L'energia viene estratta da una fonte all'interno del nostro chip in ogni istante, mentre quella delle altre fonti è immagazzinata in condensatori da cui può essere recuperata successivamente", hanno affermato gli studiosi.

Per combinare l'energia di queste fonti, i due hanno realizzato un circuito di controllo sofisticato. Solitamente ogni fonte di energia richiede che il proprio circuito di controllo che rispetti requisiti specifici. Ad esempio i circuiti che catturano la differenza di temperatura solitamente producono da 0,02 a 0,15 volt, mentre celle fotovoltaiche a bassa temperatura generano da 0,2 a 0,7 volt. I sistemi in grado di imbrigliare la vibrazione producono fino a 5 volt. Coordinare queste diverse fonti di energia in tempo reale per produrre un'uscita costante è un processo complicato, ma il segreto sta nel amalgamare l'energia da più fonti scambiandole rapidamente tra loro, in modo da minimizzare la dispersione.

I ricercatori sono inoltre riusciti a minimizzare i consumi energetici del circuito di controllo, lasciando più energia possibile al funzionamento dei dispositivi gestiti dal chip - sensori per controllare e tracciare il battito cardiaco, la quantità di zucchero nel sangue, etc. Per farlo il sistema adotta un'innovativa architettura a doppia via.

Solitamente le fonti di energia caricano prima un dispositivo di archiviazione, come una batteria o un supercondensatore, il quale a sua volta dovrebbe accendere il sensore o un altro circuito. In questo sistema però il sensore può essere acceso sia da un dispositivo di archiviazione che direttamente dalla fonte, bypassando il passaggio intermedio. "Questo lo rende più efficiente", ha dichiarato Bandyopadhyay.

Il chip si avvale di un singolo induttore time sharing (basato sulla ripartizione del tempo), un componente fondamentale per sostenere le diverse conversioni necessarie al funzionamento dell'intero progetto. Leggendo l'estratto su IEEE XPLORE si apprende che l'efficienza di picco raggiunta dall'induttore è rispettivamente 83%, 58% e 79% per i convertitori fotovoltaici, termoelettrici e piezoelettrici.

I ricercatori non hanno dichiarato quando vedremo questo chip all'opera fuori dal loro laboratorio né se ci sono aziende interessate, anche se Texas Instruments ha già collaborato in passato con il professor Chandrakasan. L'intero lavoro è stato finanziato dalla Interconnect Focus Center, un programma di ricerca in cui partecipano la DARPA, aziende della Difesa statunitense e società impegnate nel mercato dei semiconduttori.