Italia: no all'ipotesi del provider poliziotto anti-pirateria

I provider italiani e Agorà Digitale brindano alla sentenza della Corte di Giustizia UE che chiude definitivamente la porta ai filtri online anti-pirateria. Non resta che attendere le conseguenze nei paesi come la Francia e nei tribunali italiani dove Youtube e Yahoo! attendono sentenze.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

La tutela del diritto d'autore non potrà mai calpestare il diritto alla privacy e alla libertà di espressione dei cittadini comunitari. Questa in sintesi la chiave di lettura della recente sentenza della Corte di Giustizia UE sul caso Netlog. Esultano quindi le associazioni per i diritti digitali e anche gli Internet Service Provider italiani.

"Il caso è chiuso ed è andata molto male a chi voleva imporci di violare le comunicazioni dei nostri clienti, mettendoci impropriamente in testa un berretto da poliziotto se non da magistrato e chiedendoci così di calpestare le libertà fondamentali dei cittadini", ha dichiarato il presidente di AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) Paolo Nuti.

No agli ISP poliziotti

"Noi siamo operatori di telecomunicazioni, siamo Internet Provider e non vogliamo e non possiamo adempiere a nessun obbligo di sorveglianza sulle attività dei nostri clienti online. Ciò che afferma AIIP è ora chiaramente ribadito da una sentenza della Corte Europea di Giustizia che ancora una volta, pur riconoscendo il valore economico e sociale del copyright, identifica i limiti entro i quali tale diritto va tutelato nell'ambiente digitale".

Come ha fatto giustamente notare Marco Scialdone, responsabile legale di Agorà Digitale,  un sistema di filtraggio implicherebbe una sorveglianza a tempo indeterminato con l'effetto di violare non solo la libertà di impresa - inimmaginabili i costi - ma anche le libertà degli utenti. "Ossia il loro diritto alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni", sottolinea il legale.

"Infatti, l'ingiunzione implicherebbe, da un lato, l'identificazione, l'analisi sistematica e l'elaborazione delle informazioni relative ai profili creati sulla rete sociale, informazioni, queste, che costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono, in linea di principio, di identificare gli utenti. Dall'altro, l'ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito".