Le major discografiche salutano lucchetti e DRM

La RIAA e l'IFPI hanno ammesso che l'era del DRM è finita

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a cura di Dario D'Elia

Le major discografiche ha accettato di buon grado la morte del DRM (Digital Rights Management). I sistemi tecnologici che per anni hanno permesso ai detentori di copyright di limitare la riproduzione e distribuzione dei contenuti digitali non hanno funzionato. Se un tempo la RIAA (Recording Industry Association of America) dichiarava che i "DRM sono utili ad ogni ambito pro-sumer", oggi il web dimostra che queste limitazioni hanno fatto male agli utenti e anche al mercato.

La fine del DRM

La maggior parte delle piattaforme musicali online hanno capito quale sia la direzione da intraprendere, e infatti vendono tracce audio senza DRM. Persino Jonathan Lamy, portavoce della RIAA, ha recentemente ammesso che il DRM è morto. Dello stesso avviso l'IFPI (Federazione internazionale dell'Industria Fonografica), che all'inizio dell'anno ha placidamente ammesso che l'eliminazione del DRM "spingerà le vendite online".

A tutti gli effetti l'avvento del DRM non ha ridimensionato il fenomeno della pirateria online, ma semplicemente influito negativamente su alcune delle qualità dei contenuti digitali – come la trasferibilità e la libera riproduzione.

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