L'energia elettromagnetica ti ricaricherà il telefono

Ricercatori della Georgia Tech hanno realizzato un dispositivo in grado di catturare energia da fonti elettromagnetiche. In questo modo si potrebbero alimentare sensori e chip a basso consumo, forse in futuro anche quelli di smartphone e dispositivi mobile in genere.

Avatar di Manolo De Agostini

a cura di Manolo De Agostini

I ricercatori della Georgia Tech School of Electrical and Computer Engineering hanno trovato un modo per catturare e sfruttare l'energia elettromagnetica trasmessa per esempio da sistemi di comunicazione satellitare e reti cellulari. Poiché questo tipo di trasmissioni sono "tutte intorno a noi", questa nuova tecnologia potrebbe rivelarsi importante per fornire energia a reti di sensori wireless, chip e microprocessori.

Per creare il nuovo dispositivo, il team di ricercatori hanno usato la tecnologia di stampa inkjet su carta o polimeri flessibili. Si ottengono così sensori wireless autoalimentati, a basso costo e in grado di funzionare in modo indipendente in quasi tutte le situazioni.

Per stampare circuiti e componenti elettrici i ricercatori si sono avvalsi una stampante a getto d'inchiostro a cui hanno aggiunto una cartuccia contenente nanoparticelle di argento e/o altre nanoparticelle in una miscela (emulsione). Questa soluzione permette agli studiosi di stampare non solo i componenti in radiofrequenza e i circuiti, ma anche nuovi sensori basati su nanomateriali come i nanotubi al carbonio.

Tentzeris e il suo team hanno iniziato a usare il metodo di stampa inkjet nel 2006, su circuiti basati su carta che funzionavano solamente a frequenze di 100 o 200 MHz. "Se lo facciamo sui polimeri possiamo stampare circuiti che sono in grado di funzionare fino a 15 - 60 GHz".

I dispositivi creati dal team della Georgia Tech possono catturare tale energia, convertirla da corrente alternata a continua e immagazzinarla in condensatori o batterie. La tecnologia, allo stato attuale, può sfruttare frequenze da 100 megahertz a oltre 15 gigahertz.

"I primi esperimenti di recupero dell'energia da bande assegnate alle comunicazioni televisive hanno già portato a raccogliere centinaia di micro watt e i sistemi multi-banda sono destinati a generare un milliwatt o più. Tale ammontare di energia è sufficiente per consentire il funzionamento di piccoli dispositivi elettronici, come sensori e microprocessori".

Combinando questa tecnologia di recupero dell'energia con supercondensatori, il team di ricercatori conta di poter alimentare dispositivi che richiedono più di 50 milliwatt. "Con questo tipo di approccio, l'energia si accumula un supercondensatore ed è usata quando è raggiunto il livello di potenza". Tra le prime prove sul campo terminate con successo, troviamo l'uso di un sensore di temperatura grazie all'energia elettromagnetica catturata da una stazione televisiva che era lontana dal chip 500 metri.

"Sfruttare una gamma di bande elettromagnetiche incrementa l'affidabilità dei dispositivi di recupero dell'energia. Se una gamma di frequenza si indebolisce momentaneamente a causa di variazioni d'uso, il sistema può sfruttare altre frequenze", ha dichiarato il professor Tentzeris.

Questo tipo di dispositivo potrebbe essere in grado di lavorare anche in coppia con altre tecnologie. "Per esempio potrebbe assistere una soluzione solare per caricare una batteria durante il giorno. Di notte, quando le celle solari non forniscono energia, il dispositivo potrebbe continuare ad aumentare la carica della batteria o impedire che si scarichi". 

I ricercatori credono che questi dispositivi saranno disponibili presto a bassissimo costo e saranno usati in molteplici settori e con gli impieghi più svariati, dalle soluzioni RFID a sistemi per la difesa.