Marte poteva ospitare la vita, NASA e Curiosity confermano

L'analisi dei campioni di una roccia nel cratere Gale su Marte conferma la presenza degli ingredienti necessari per ospitare la vita microbica. Intanto la NASA aggiorna il computer malfunzionante di Curiosity prima di puntare al Monte Sharp.

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a cura di Manolo De Agostini

Marte aveva le condizioni per ospitare la vita; lo ha dimostrato l'analisi dei campioni di roccia collezionati dal rover Curiosity della NASA. Gli scienziati hanno infatti identificato sulfuro, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo e carbone, alcuni degli elementi chimici chiave per la vita. "Un punto fondamentale di questa missione è se Marte avesse potuto sostenere un ambiente abitabile", ha dichiarato Michael Meyer, scienziato del Mars Exploration Program della NASA a Washington. "Da quello che sappiamo ora, la risposta è sì".

Come vi abbiamo raccontato nelle scorse settimane, Curiosity ha perforato una roccia sedimentaria nei pressi di un antico letto di un fiume nel cratere Gale. Secondo i dati raccolti, l'area denominata Yellowknife Bay che il rover sta esplorando era "alla fine di un antico sistema fluviale o era un letto di un lago che si formava in modo intermittente", si legge sul sito della NASA.

La roccia analizzata dal rover era costituita da un composto contenente minerali argillosi, solfati e altre sostante chimiche. "Questo ambiente umido in passato, a differenza di altri posti su Marte, non era composto da ossidanti, acidi o era estremamente salato". Inoltre sono stati ritrovati chiari indizi che fanno capire come vi siano stati più periodi bagnati nel corso del tempo, con noduli e vene. "I minerali argillosi costituiscono almeno il 20 percento della composizione di questo campione", ha affermato David Blake, tra gli sviluppatori della strumentazione CheMin che ha permesso l'analisi sul campo del materiale raccolto. Questi minerali argillosi sono il prodotto della reazione di acqua relativamente fresca con minerali ignei, come l'olivina, anch'essi presenti nel sedimento.

Secondo la NASA, tale reazione può aver avuto luogo all'interno del deposito sedimentario, durante il trasporto del sedimento o nella regione di origine dello stesso. La presenza di solfato di calcio insieme all'argilla suggerisce inoltre che il suolo è neutro o leggermente alcalino. Tra l'altro l'azione sul campo del "robottino" ha mostrato che sotto "la coltre rossa" che dà il caratteristico colore a Marte, troviamo il colore grigio.

Ottenute queste prime conferme sulle ipotesi fatte sinora, il lavoro di Curiosity e del team della NASA non finisce qui. Si perforerà ancora per trovare ulteriori conferme, che in ambito scientifico non fanno mai male, ma anche per approfondire ulteriormente l'analisi delle varie componenti chimiche e dei gas rintracciati dalla strumentazione del rover.

Insomma, abbiamo la conferma che Marte aveva condizioni favorevoli per la vita e saperlo con certezza non è un risultato da poco. Curiosity lavorerà nella Yellowknife Bay per diverse settimane, prima di iniziare il lungo viaggio che lo porterà al Monte Sharp, al centro del Cratere Gale. Secondo la NASA l'indagine degli strati di terreno esposti sul monte consentiranno di ottenere "informazioni sulla durata e la diversità delle condizioni abitabili".

Rocce a confronto. A sinistra l'immagine scattata da Opportunity nel cratere Endurance, a destra l'insieme di rocce "Sheepbed" nella Yellowknife Bay, nel cratere Gale, analizzate da Curiosity

Prima di tutto questo però Curiosity dovrà rimettersi in sesto. Una decina di giorni fa vi abbiamo raccontato di un problema per uno dei due computer sul rover, più precisamente la memoria. Le cause ufficialmente restano ancora da stabilirsi, ma si è parlato della possibile azione imprevista di raggi gamma. Fortunatamente il passaggio al computer di backup, ora diventato quello primario, è avvenuto con successo. I tecnici stanno lavoando per ripristinare anche l'altro computer e i primi dati stanno dando risultati incoraggianti.

"Siamo stati in grado di immagazzinare nuovi dati in molte delle posizioni di memoria afflitte dal problema e credo che ulteriori test dimostreranno che c'è maggiore memoria ancora a nostra disposizione", ha affermato Jim Erickson del Jet Propulsion Laboratory dell'ente spaziale statunitense. Nel corso della settimana i tecnici invieranno alla strumentazione due patch, che avranno il compito di ripristinare la capacità di allocare memoria e implementare le procedure di sicurezza per il veicolo. Dopo l'installazione di questi due aggiornamenti, il team farà il punto per determinare se riprendere le piene attività.