Schrödinger incontra Heisenberg nella Fisica quantistica

Nell'ultima puntata sull'equazione di Schrödinger vediamo una delle principali differenze fra Fisica classica e Fisica delle particelle, data dal principio di indeterminazione di Heisenberg.

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a cura di Sergio Cacciatori

universita insubria

Questo contenuto è l'ultimo di una serie di quattro articoli preparati per fare in modo che i lettori interessati possano capire l'equazione di Schrödinger ed avere quindi il bagaglio culturale necessario per seguirci nelle puntate a seguire, dove tratteremo l'equazione di Dirac, orbitali di legame e antilegame e molto altro. Se vi siete persi le altre puntate, a questo link trovate la prima puntata, qui la seconda e qui la terza.  

La meccanica quantistica da un punto di vista matematico appare alquanto diversa dalla teoria classica di Newton. Ogni particella si comporta in un modo non perfettamente ben determinato: il suo comportamento può essere descritto mediante una funzione d'onda ψ(x, t) a valori complessi che ci dà informazioni sulla probabilità che la particella si trovi in un determinato luogo.

heisenberg JPG

Werner Karl Heisenberg

Possiamo calcolare grandezze relative alla particella, come posizione, quantità di moto o energia, considerando il valore medio del corrispondente operatore simmetrico (nella fattispecie1 JPG e 2 JPG) mediante la funzione d'onda: 3 JPG.

Questi valori medi "si comportano bene" cioè obbediscono alla legge di Newton. Ciò può essere rassicurante dato che significa che in media le leggi della Fisica classica vanno bene per descrivere la Fisica delle particelle. Ma allora cosa ci dice la meccanica quantistica in più? Dove fallisce la meccanica classica?

Dato che la meccanica quantistica è per natura una teoria probabilistica (per quanto riguarda il moto delle particelle ma non per quanto riguarda l'evoluzione della funzione d'onda che deve invece risolvere un'equazione differenziale ben precisa, l'equazione di Schrödinger), come tutte le teorie di probabilità ci dice non solo quale sia il valore più atteso come risultato di una misura, ma anche come stimare l'errore commesso.

Per esempio, supponiamo che una certa grandezza possa assumere i valori x1, x2, ..., xn ciascuno con probabilità p1, p2,..., pn, in modo che il valore medio per tale grandezza sia 4 JPG. Se ripetiamo tante volte le misure ci aspettiamo che in media questo sia il valore attorno a cui i risultati si distribuiscono. La teoria delle probabilità dice anche che possiamo stimare grosso modo l'errore che possiamo commettere quando diciamo che 5 JPG è il risultato delle nostre misure. Tale errore Δx, detto scarto quadratico, è  

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cioè: per ogni valore possibile xi si prende il quadrato dello scarto rispetto al valor medio,7 JPG e poi se ne calcola il valore medio. Infine si prende la radice quadrata del valore ottenuto.

Applichiamolo alla meccanica quantistica. Sia A la grandezza che vorremmo misurare, per esempio la posizione x o la quantità di moto p di una particella. Tale grandezza è descritta da un operatore simmetrico  e la particella da una funzione d'onda ψ. Il valore da assegnare alla grandezza è quindi 8 JPG Ma ora possiamo anche calcolare l'errore entro il quale possiamo dire che questo sia il risultato. Usando la formula sopra abbiamo

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Nella scorsa puntata abbiamo visto che se  è simmetrico allora 10 JPG è un numero reale. Ne segue facilmente che anche Â-10 JPG è simmetrico (si ricordi che 10 JPG è semplicemente un numero). Usando allora che per ogni f e g vale 11 JPG otteniamo

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Questa è la formula con cui la meccanica ci dice entro quale precisione possiamo conoscere la grandezza A. Se conosciamo la funzione d'onda ψ(x, t) di una particella diremo allora che molto probabilmente all'istante t la particella si trova nel punto 13 JPG con incertezza Δx, ed avrà una quantità di moto 14 JPG con incertezza Δp.

Un punto importante è che gli operatori 15 JPG soddisfano alla relazione

16 JPGInfatti

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Osservando che 18 JPG sono semplicemente dei numeri, possiamo riscrivere questa relazione nella forma

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Vogliamo dimostrare che da questa relazione segue la seguente disuguaglianza

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nota come principio di indeterminazione di Heisenberg.

Usando che tutti gli operatori che compaiono sono simmetrici e le loro proprietà, e posto 21 JPG22 JPGabbiamo che

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e quindi la relazione sopra diventa

24 JPGdove, se z = x + iy, si ha Im(z) = y. Essa soddisfa25 JPG da cui

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Applicando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz otteniamo

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che coincide con ciò che volevamo dimostrare.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg è la prima importante differenza tra la meccanica classica e quella quantistica. Dato per una particella che si muove con velocità v è p = mv, possiamo riscriverlo nella forma

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ovvero ad una particella non è possibile assegnare una posizione e una velocità con la precisione che si vuole. Tanto più piccolo è l'errore sulla posizione, tanto più grande è l'errore nella definizione della velocità. Per una biglia della massa di 10 grammi e del raggio di 1cm, ricordando che ħ ~ 0-34 J·s, se della biglia conosciamo la posizione con una certezza di un decimo di millimetro, troviamo per la velocità un errore

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È talmente piccolo che nessuno strumento sarebbe in grado di rivelarlo. Ma per un elettrone, che ha un raggio di circa 2·10−15m, m ≃ 9·10−31Kg per cui potremmo pensare di conoscerne la posizione con una precisione Δx ~ 10−15m. Troviamo

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ovvero sbaglieremmo a misurare la sua velocità con un errore di almeno 180 volte la velocitò della luce! Ecco perchè una biglia è classica e un elettrone no.

Sergio Cacciatori è ricercatore e docente presso il dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell'Università dell'Insubria. Si occupa essenzialmente di Fisica Teorica e Fisica Matematica. 

Massimo Bertini, insegnante di liceo.


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Se la meccanica quantistica vi è del tutto oscura e trovate le formule troppo complesse partite dalla base con il libro Sei pezzi facili di Feynman.