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a cura di Andrea Pomes

Torniamo al 1925, e andiamo oltremanica, in Francia

Jean Albert Grégoire insieme all’amico e finanziatore Pierre Fenaille aprono un’attività di vendita e officina per autovetture, con licenze per marchi come Zadel, Mathis e Delage. Grégoire è un ingegnere brillante e la sua capacità di risolvere i problemi ingegneristici in modo originale, unita alla sua passione per le corse, lo portano a sviluppare la Tracta GePhi: una piccola vettura sportiva a trazione anteriore con motore S.C.A.P.

Lo schema adottato è simile a quello delle cugine anglofone, ma la vera novità sono i giunti omocinetici. Mentre gli altri costruttori sono limitati ad usare delle varianti dei comprovati giunti Hooke, Fenaille brevetta i giunti Tracta.

I risultati agonistici sono, sfortunatamente, modesti, ma le vetture si fanno comunque notare per le soluzioni tecniche adottate. Questo però non basterà a tenere in piedi l’attività di Grégoire. Nel 1934, la Tracta chiude i battenti dopo circa 200 vetture vendute, nonostante i proventi dei giunti dati sotto licenza ad altri marchi come Audi, Adler e DKW.

Proprio da quest’ultimo marchio, guidato dall’intuito di Jørgen Skafte Rasmussen e con l’ausilio dei giunti Tracta, che il mondo dell’automobile avrà il suo primo cambio di paradigma nei confronti della trazione anteriore.

Febbraio 1931

Dopo due anni di assenza a causa della crisi economica del 1929, il salone dell’auto di Berlino riapre i battenti e la DKW non si lascia scappare l’occasione per presentare il frutto di cinque mesi di frenetica progettazione: la DKW F1. Il cambio di paradigma.

Quest’auto non ha nulla in comune con Alvis, Miller, Cord o Tracta su due piani di interpretazione, tecnico e commerciale. Sul piano tecnico non abbiamo più un “Systéme Panhard” girato di 180°, ma un motore anteriore montato trasversalmente con il cambio montato parallelamente al motore.

(Se vi fa pensare alla Mini di Issigonis, siamo concettualmente molto vicini)

Dal punto di vista commerciale, l’auto non ha niente del pedigree sportivo di Miller o dell’enfasi innovativa e lussuosa di Cord. La F1 voluta da Rasmussen è una vettura umile, per le masse, che non guarda al futuro, ma al presente e alle necessità di una Germania piegata dalla crisi economica. Ha un telaio a longheroni, una semplice carrozzeria in legno ed il motore è un due tempi di derivazione motociclistica già in uso dalla DKW.

Per molti aspetti la vettura nasce con gli principi filosofici che userà Issigonis per la sua Mini con quasi trent’anni di anticipo.

Semplice, economica e costantemente aggiornata fino al modello F9 la piccola DKW è un successo di vendite che garantirà al marchio dal 1933 al 1938 il titolo di secondo più grande costruttore d’auto tedesco dietro la Opel. Tutti gli sforzi contro il tempo degli ingegneri DKW sono stati ripagati dal successo e Rasmussen è premiato per aver interpretato le necessità immediate del mercato tedesco e aver fornito una risposta in tempi da record. In Francia però, qualcuno sta guardando al futuro dell’auto ed è pronto a scommettere su che forma avrà.