L'Europa è ancora divisa sul futuro della mobilità, mentre il governo italiano mantiene una posizione netta contro l'esclusività dell'auto elettrica. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo a Montecitorio durante il Question Time, ha ribadito la strategia dell'esecutivo, contraria alla visione "monotecnologica" promossa dall'Unione Europea con il bando ai motori termici nel 2035. Una posizione che si inserisce in un contesto industriale in rapida evoluzione, con Stellantis che rivede i suoi piani per l'Italia e l'ombra dei dazi americani che si allunga sulla componentistica automotive del paese.
La strategia del governo Meloni sull'automotive si articola su due fronti principali: il tentativo di modificare l'approccio europeo alla transizione ecologica e la revisione degli incentivi al settore. "Abbiamo ottenuto l'anticipo alla seconda parte del 2025 della revisione del regolamento sui veicoli leggeri", ha dichiarato la premier, spiegando che l'Italia punterà a "riaffermare il principio di neutralità tecnologica, aprendo a tutti i carburanti alternativi".
Il governo continua quindi a sostenere che la strada verso la decarbonizzazione non dovrebbe passare esclusivamente per l'elettrificazione, ma includere anche soluzioni come e-fuel e bio-fuel. Una scelta motivata anche da considerazioni geopolitiche, con Meloni che sottolinea come "le filiere dell'elettrico sono controllate in gran parte dalla Cina", evidenziando i rischi di una nuova dipendenza strategica.
La premier ha anche difeso la decisione di cancellare gli incentivi diretti ai consumatori per l'acquisto di nuove auto, mantenendo solo i sostegni alle imprese. "Quelle risorse non favorivano gli investimenti, perché erano rivolte al sostegno all'acquisto di vetture attraverso l'Ecobonus, ma solo una piccola parte di questi acquisti andava ad auto prodotte in Italia", ha spiegato Meloni, rispondendo alle interrogazioni dei deputati Barelli di Forza Italia e Richetti di Azione.
Il dialogo con Stellantis è stato al centro dell'intervento della premier, che ha ricordato l'impegno del gruppo automobilistico "a mantenere in attività i suoi siti produttivi a tutela dell'occupazione e ad effettuare investimenti annui pari a 2 miliardi e acquisti da fornitori italiani per 6 miliardi fino al 2030". Dichiarazioni che arrivano, però, in un momento di revisione strategica da parte del colosso franco-italiano.
Le parole di Meloni sembrano quasi una risposta preventiva all'annuncio di Jean-Philippe Imparato, responsabile europeo di Stellantis, che proprio in questi giorni ha comunicato una revisione del Piano Italia. Il manager ha precisato che le modifiche "non saranno in difesa", ma punteranno su "motori giusti, soprattutto ibridi e range extender", tecnologie che sembrano allinearsi con la visione di neutralità tecnologica sostenuta dal governo italiano.
Imparato ha inoltre posto l'accento su due questioni fondamentali per l'industria automobilistica europea: i costi di regolamentazione, che secondo il dirigente "sono più importanti del costo del lavoro", e quelli dell'energia, definiti "altro punto cruciale". La sua proposta concreta è una politica di rottamazione a livello europeo per rinnovare un parco circolante di 256 milioni di vetture, metà delle quali con oltre dieci anni di vita, promuovendo in particolare la tecnologia ibrida come soluzione per abbattere le emissioni.
Questa revisione strategica di Stellantis, che sembra voler rilanciare le tecnologie ibride rispetto all'elettrico puro, si inserisce in un contesto globale sempre più complesso, caratterizzato anche da nuove tensioni commerciali internazionali che rischiano di colpire duramente la filiera automotive italiana.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha tenuto un'informativa al Senato sugli effetti dei dazi recentemente introdotti dagli Stati Uniti. Secondo Urso, queste misure "non avranno impatto sulla vendita di auto esportate dall'Italia", trattandosi principalmente di vetture di alta gamma e di lusso, il cui mercato è relativamente insensibile alle variazioni di prezzo.
Tuttavia, il ministro ha lanciato l'allarme sulla componentistica italiana, che rischia di subire "un impatto significativo" in quanto fornitrice di parti per auto di media gamma tedesche o di altri paesi europei destinate al mercato americano. Una preoccupazione che si aggiunge alle già numerose sfide che il settore si trova ad affrontare, dalla transizione ecologica alle difficoltà di approvvigionamento di materiali critici.
La posizione italiana si configura quindi come un tentativo di navigare in acque sempre più agitate, cercando di proteggere un settore industriale strategico senza rinunciare agli obiettivi di sostenibilità ambientale. La scommessa è trovare una via italiana alla transizione ecologica che non sacrifichi né l'occupazione né l'indipendenza tecnologica e geopolitica del paese.
L'elettrico a idrogeno era promettente ma non sostenibile per via dei costi. Qualcosa però mi dice che entro i prossimi 20 anni faranno capolino le prime autovetture elettriche con batterie nucleari in grado di funzionare per 20 anni o anche più.
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