Quando parliamo di sostenibilità digitale ci riferiamo allo sviluppo e all’implementazione di tecnologie che mirano a generare un impatto positivo non solo sull’ambiente, ma anche sull’economia e sulla società.
La sostenibilità digitale rappresenta a tutti gli effetti l’incontro tra l’innovazione tecnologica e la responsabilità verso l’ambiente e la società. Con la diffusione delle tematiche per la salvaguardia di quest’ultimo, numerose aziende e, come vedremo in seguito, molti enti governativi europei (UE), hanno iniziato ad incentivare un comportamento sostenibile e responsabile.
La sostenibilità digitale, quindi, si basa sull’implementazione di tecnologie in grado di favorire la causa ecologica e il rispetto delle norme ambientali; questa filosofia si collega inoltre allo sviluppo innovativo delle imprese e alla conseguente adozione di modelli di lavoro più inclusivi. L’attuazione di metodologie e strumenti digitalmente sostenibili dev’essere progettata per generare benefici reciproci: da una parte un aumento del profitto per l’impresa innovatrice, dall’altra il miglioramento del benessere delle persone e dell’ambiente.
La trasformazione digitale delle imprese, se ben applicata, può essere la spinta innovativa e l’acceleratore per gli obiettivi globali ed europei nei temi di sostenibilità ambientale e sociale.
Il punto della situazione in Italia
Come riportato dall’osservatorio Digital & Sustainable del Politecnico di Milano, la situazione attuale delle grandi imprese italiane registra dati rassicuranti: il 98% delle grandi imprese, infatti, ha un responsabile IT e l’83% ha una figura interna che si occupa di sostenibilità. In generale, le grandi imprese italiane tendono ad investire in modo significativo sia in ambito digitale sia in sostenibilità: in particolare il 91% delle grandi imprese italiane ha dimostrato di investire in maniera rilevante nel digitale, mentre il 93% nella sostenibilità (prevalentemente per obiettivi che riguardano aspetti ambientali piuttosto che ad argomentazioni legate alla compliance). Un altro dato portato alla luce dimostra come l’84% delle grandi imprese italiane investa sia in innovazione digitale sia in sostenibilità.
Il quadro è diverso per le PMI italiane, le quali restano ancora lontane dagli obiettivi di innovazione e sostenibilità: basti pensare che solo il 53% delle PMI investe tempo e denaro nel digitale, il 42 % in temi digitali e solo il 31% delle imprese alloca risorse sia in digitale che in sostenibilità. Anche a livello strutturale i dati sono ancora lungi dal considerarsi positivi: il 67% delle PMI non ha una figura aziendale che si dedica al digitale e il 63% non dispone di alcun responsabile per la sostenibilità.
Questi dati evidenziano la necessità di un percorso di formazione e sensibilizzazione sui temi legati alla sostenibilità e alla digitalizzazione, non come elementi singoli ma come interdipendenti. D’altro canto, secondo i dati dell’ISTAT, il 70,2% delle imprese italiane ha raggiunto un livello base di digitalizzazione (secondo i parametri del Digital Intensity Index), mentre solo il 26,2% ha raggiunto un livello elevato.
Proprio per questo gli organi europei stanno promuovendo iniziative volte a sensibilizzare i temi di digitalizzazione e sostenibilità come tasselli centrali per lo sviluppo delle imprese: tra questi troviamo la “Bussola per il Digitale 2030”, la quale stabilisce obiettivi specifici per la completa trasformazione digitale in ottica di competenze e strumenti, come AI e Big Data, ed il “Programma Europa Digitale”, che si propone di finanziare gli investimenti riguardanti cybersecurity, AI e programmi di apprendimento digitale. Fondamentale in quest’ottica è la questione di dematerializzazione dei flussi documentali, centrali per ridurre l’utilizzo di carta in archivio e ridurre la dispersione di informazioni sensibili.
Sfida accettata
Per applicare con efficacia gli strumenti digitali in modo sostenibile è necessario monitorare con costanza le tecnologie emergenti che stanno cambiando la way of working della maggior parte delle aziende.
Affrontare il tema della sostenibilità digitale non rimanda esclusivamente all’adozione di tecnologie innovative e sostenibili, ma prescinde un’inversione di rotta a livello intellettuale, dove il focus non è incentrato solamente sulla mera opportunità economica ma sul benessere della vita e sul procedere quotidiano.
In quest’ottica, le aziende hanno accettato la sfida della sostenibilità per innescare la scintilla del cambiamento. Guardare alla digitalizzazione con una visione sostenibile chiara porta il vantaggio di realizzare un ambiente sano, una società responsabile e un’economia circolare intelligente. Implementare soluzioni tecnologiche digitali, dunque, può portare ad un eco-sostenibilità autosufficiente e a nuovi sistemi di energia in grado di cambiare la prospettiva di “lavoro” e “quotidianità” così come li conosciamo.
Ma come fare?
Digitali e sostenibili
In ottica sostenibilità digitale, i cambi di applicazione sono numerosi e interfunzionali tra loro. Tra i più conosciuti troviamo:
- Cloud computing ed energia rinnovabile: rientrano in questo campo le alimentazioni a energia eolica o solare, come i pannelli solari intelligenti o l’implementazione di motori a basso consumo. La spinta sostenibile viene alimentata anche per quanto riguarda i servizi cloud e l’ottimizzazione dei data center, attraverso l’utilizzo di IA e machine learning, in grado di diminuire l’utilizzo energetico delle infrastrutture digitali.
- Gestione dei rifiuti elettronici (RAEE): a livello ambientale si sente sempre più frequente la necessità di gestire e smaltire i rifiuti a batteria e/o elettronici, ma non solo. La filosofia circolare del riutilizzo non è più concepita come facoltativa ma come strettamente necessaria per il sistema eco-sociale;
- Società & Eco-Tech: a tal proposito rientrano in queste categorie le iniziative governative volte a ridurre il consumo irresponsabile di materie prime inquinanti e a incentivare pratiche sostenibili. In particolare, parliamo di mobilità sostenibile e delle cosiddette smart city: città efficienti ed organizzate grazie all’uso di AI e big data. Un ruolo centrale è ricoperto anche dall’accessibilità digitale, la quale ha l’obiettivo di garantire fruibilità a servizi e tecnologie per chiunque.
- Applicazioni e/o siti web sostenibili: Applicazioni e siti progettati in ottica “green IT” consumano meno energia grazie a codice ottimizzato, immagini compresse e tempi di caricamento ridotti. Il principio è semplice: meno sono i dati da elaborare minore utilizzo di energia. Strumenti come lazy loading, formati immagine moderni (WebP/AVIF) e hosting su server a energia rinnovabile rendono le piattaforme digitali più leggere e sostenibili;
- Software gestionali e/o documentali: Queste soluzioni aiutano le aziende a ridurre costi e sprechi, sostituendo la carta con processi digitali tracciabili. Non solo permettono di risparmiare risorse (carta, toner, spazio fisico), ma rendono visibili i punti critici dei processi aziendali, dove si generano inefficienze o scarti inutili. In questo modo contribuiscono sia alla sostenibilità ambientale sia alla competitività dell’impresa. Ne sono un esempio il software gestionale Business Cube di NTS Informatica o il software documentale ARXivar di AbleTech.
Partire dalla dematerializzazione
Come abbiamo visto in questi paragrafi, i dati mostrano un ritardo evidente dal punto di vista di innovazione digitale e sostenibile per le PMI, al contrario, invece, delle grandi imprese. Questa tendenza può essere rallentata invertendo la rotta di gestione dei processi aziendali ed implementando tecnologie volte a migliorare la qualità e la tracciabilità dei processi operativi-aziendali.
Centrale di questo tema è la dematerializzazione dei flussi documentali.
La sostenibilità in questo senso viene intaccata per quanto riguarda l’utilizzo massivo di carta, ma non solo: rientrano in questo campo lo smaltimento delle cartucce, la manutenzione delle tecnologie impiegate per l’attività, il consumo energetico e i materiali di consumo (ad esempio, l’utilizzo di toner e bobine cartacee). Basti pensare che l’1-3% del fatturato annuo di una PMI è impiegato per le attività legate a carta e stampanti, considerati costi diretti – come materia prima e stampa) ed indiretti (come il valore dell’affitto degli strumenti e i costi amministrativi). L’impatto che provoca la superficialità delle imprese, quindi, non provoca conseguenze solo a livello ambientale, ma anche a livello contabile, con “sprechi” che per una PMI risultano determinanti nel conteggio finale.
Quanta carta utilizziamo?
Per quanto appaia folle, le lacune della maggior parte delle imprese sono evidenti e risiedono nelle attività quotidiane operative. Quante aziende, infatti, conservano fatture ed ordini di spedizione sparsi sulla scrivania, ammassando pile di documentazione e fogli di carta dispersi o mal organizzati?
Per far ciò che questo non accada, possiamo usufruire di strumenti in grado aiutare le imprese nella gestione dei flussi documentali: questo ci permette di eliminare archivi fisici e convertire ogni foglio di carta, immettendolo nella piattaforma. Dematerializzare vuol dire far fronte a due criticità che colpiscono direttamente l’ambiente a causa del modo irresponsabile di fare industria:
- Consumo di risorse naturali: i dati dimostrano che sono necessari circa 300.000 litri di acqua e circa 2.000 litri di petrolio per produrre una tonnellata di carta; un altro aspetto preoccupante è legato alla deforestazione: il 42% di legname, infatti, è utilizzato per la produzione di carta (e derivati);
- Emissioni e rifiuti: la carta rappresenta il rifiuto prodotto in quantità maggiore negli uffici; non tutti sanno, però, che il suo smaltimento genera metano (anche nelle sue fasi di riciclo) e questo porta ad incrementare massivamente le emissioni di CO2 ed altre sostanze non eco-sostenibili nell’atmosfera.
Piattaforma documentale e gestione dei flussi
Una delle soluzioni, come abbiamo visto in precedenza, risiede nell’implementazione di software legati alla conservazione documentale e alla gestione dei flussi operativi. In Italia, un esempio lampante di queste piattaforme, come già accennato prima, è rappresentato da ARXivar, il software documentale italiano di cui dispongono società come Unieuro e Culligan.
Ma in cosa possono essere utili queste piattaforme? E perché i software documentali permettono di ottimizzare i processi?
La maggior parte delle aziende non adotta software documentali esclusivamente per motivi ambientali, anzi, la spinta principale è sempre rappresentata da interessi economici. La strada verso la responsabilizzazione digitale appare ancora in salita sotto questo punto di vista. L’adozione di un software documentale non solo elimina in modo massivo l’utilizzo di carta, stampanti e toner, ma aiuta a massimizzare la tracciabilità ed il controllo dei flussi documentali, evitando costi inutili e non necessari. Ma andiamo con ordine. Ma cosa permettono di fare queste piattaforme?
- Conservazione documentale: è il punto di partenza per avviare la trasformazione digitale; la conservazione centralizzata in un software documentale permette di lavorare in modo più organizzato, accesso immediato e controllo costante su invii e ricezioni;
- Firma Elettronica: siglare i propri documenti in maniera pulita, tracciabile e controllata, consente di risparmiare risorse e di guadagnare tempi che una volta sembravano indispensabili (come i momenti dedicati a stampe, scansioni ed archiviazione);
- Gestione dei flussi: l’impostazione personalizzata dei flussi documentali permette di programmare il percorso che i file digitali devono intraprendere, definendo tempi controllati e stati di avanzamento;
- Monitoraggio dei dati: il tracciamento di KPI, tempi e statistiche consente di definire lo stato dei vari flussi e dei documenti digitali. Questo permette di apportare migliorie nelle situazioni di calo o processi prolungati;
- Audit dei processi: l’analisi del come e perché i flussi si bloccano, consente non solo correggere inefficienze e migliorare la governance ma aiuta a comprendere nel dettaglio il motivo di rallentamento dei flussi operativi;
- Responsabilità digitale: con l’adozione di un software documentale, aumenta l’adozione di pratiche sostenibili e consapevoli a beneficio dell’ambiente e il welfare aziendale.
Conclsione
In questo scenario, le politiche pubbliche stanno cercando di favorire una maggiore consapevolezza per ridurre i divari culturali e tecnici.
Un esempio concreto in Italia è il Piano Triennale ICT 2024-2026 per la Pubblica Amministrazione, che punta al raggiungimento di obiettivi strategici come lo zero-paper (l’eliminazione della carta) e l’interoperabilità end-to-end, in modo che ogni processo possa essere pienamente digitalizzato e integrato.
Se da un lato sono evidenti i progressi politici e tecnologici riguardo la trasformazione digitale, dall’altro gli ostacoli e le difficoltà rimangono evidenti.
Da una parte pesa una percezione del rischio troppo sottovalutata, dall’altra emerge la difficoltà ad affrontare concretamente il cambiamento. Molti professionisti, infatti, continuano a preferire sistemi di comunicazione e compilazione ormai obsoleti: abitudini datate che, per quanto superate, sono percepite come più sicure ed affidabili.
Per innescare un processo di trasformazione digitale abbiamo bisogno di risorse economiche e produttive, ma soprattutto di consapevolezza sostenibile. È necessario una visione ampia dei processi, dove l’efficienza operativa possa legarsi con la componente socio ambientale.
La sostenibilità digitale non è più un’opzione del futuro, ma una scelta strategica del presente: gli strumenti ci sono, le opportunità anche. Sta a noi decidere di agire oggi per costruire un ecosistema tecnologico più efficiente, responsabile e sostenibile per le generazioni di domani.
Bibliografia
- https://tekneko.it/news/il-riciclo-della-carta-un-passo-fondamentale-per-la-sostenibilita-ambientale