Pavan Davuluri, il responsabile di Windows, si è trovato recentemente a dover gestire una tempesta di commenti non proprio entusiasti. Il suo inno al futuro di un Windows trasformato in "Agentic OS" – un sistema operativo che agisce per conto dell'utente – ha ricevuto una risposta che si può riassumere in un pragmatico: "Lascia perdere gli agenti, dateci affidabilità e stabilità".
La risposta di Davuluri, un classico "vi ascoltiamo ma abbiamo altri canali di feedback", tradisce quella che Rupert Goodwins su The Register definisce argutamente "market engineering". Questa discrasia tra la visione aziendale e il desiderio degli utenti non è nuova, ma come abbiamo raccontato, stiamo assistendo a uno scollamento sempre più marcato tra l'ingegneria del prodotto e la strategia di posizionamento sul mercato.
Tuttavia, ridurre tutto a una mera mossa di marketing sarebbe un errore di miopia. È innegabile che l'attuale fase di transizione sia dolorosa e, per molti versi, irritante. Le aziende stanno forzando la mano, spinte dalla necessità di giustificare investimenti colossali.
Il problema più tangibile, che tocca direttamente i budget IT delle aziende e le tasche dei professionisti, è il modello di pricing. I recenti aumenti degli abbonamenti di Microsoft e Google, giustificati dall'inclusione forzosa di funzionalità di intelligenza artificiale, assomigliano a una tassa sull'innovazione non richiesta. Come avevamo già osservato discutendo del caro prezzo dell'IA per le aziende, non tutti gli utenti hanno oggi un ROI (Return on Investment) chiaro nell'uso di Copilot all'interno del sistema operativo, e lo stesso vale per altri strumenti AI. Per molti, questi strumenti sono ancora una curiosità o, peggio, bloatware che consuma risorse senza restituire valore immediato. Sarebbe stato preferibile un approccio modulare: pagare per ciò che si usa, permettendo al mercato di validare l'utilità degli strumenti prima di renderli standard.
Eppure, chi come me utilizza intensivamente queste tecnologie, sa che il valore c'è. Nel mio flusso di lavoro, il sovrapprezzo è ampiamente giustificato dal risparmio di tempo e dall'aumento della produttività. Ma questo è un caso d'uso specifico, non una regola universale. La critica di Goodwins tocca un nervo scoperto dell'architettura informatica: un sistema operativo dovrebbe limitarsi a gestire le risorse hardware e fornire servizi astratti alle applicazioni, non intromettersi nei processi decisionali dell'utente. Tuttavia, Microsoft sta procedendo spedita ridisegnando l'architettura stessa dell'OS, come dimostra il nuovo "agent workspace" di Windows 11, pensato proprio per ospitare questi processi autonomi. Processi che, poi, in qualche modo precludono l’esistenza stessa di prodotti alternativi.
Inserire agenti "intelligenti" a livello di OS, infatti, ricorda pericolosamente la battaglia degli anni '90 su Internet Explorer integrato nel kernel: una mossa per blindare il mercato più che per migliorare il prodotto. Non è detto che sia una cosa sensata da fare, anche se naturalmente riaffrontare quel discorso oggi potrebbe portare a un esito completamente diverso.
C’è poi il tema della sicurezza, che è enorme perché ci sono almeno due tipo di attacchi contro cui, oggi, non esiste alcuna vera contromisura. Sono gli attacchi Prompt Injection quelli che puntano alla contaminazione del database. In entrambi i casi esistono solo mitigazioni più o meno valide, ma nessuna vera soluzione.
Ecco dunque che un "OS Saas" o "Agentic" rischia di diventare un colabrodo di sicurezza se non implementato e mantenuto con il giusto rigore. E anche nella migliore delle situazioni c’è da chiedersi cosa fanno veramente questi agenti. Un sistema pieno di agenti autonomi pone interrogativi seri su chi controlla davvero i nostri dati e la sicurezza aziendale, creando superfici d'attacco potenzialmente enormi.
L’IA è qui per restare, con tutti i suoi problemi
Ciononostante, dobbiamo essere onesti con noi stessi: l'intelligenza artificiale non è una moda passeggera. È una tecnologia infrastrutturale, destinata a diventare invisibile e onnipresente come la connessione Wi-Fi o l'elettricità.
L'idea che l'IA resti confinata "sopra" il livello delle applicazioni è destinata a sgretolarsi. Per essere davvero utile, un agente deve avere il contesto di tutto ciò che facciamo, e quel contesto vive nel sistema operativo.
Tuttavia, proprio per via di questa necessità, le aziende stanno spingendo troppo forte: le tecnologie sono immature e i costi salgono prima che i benefici siano democratizzati. Ma una volta sgonfiata la bolla dell'hype, ci ritroveremo con sistemi operativi che non ci costringeranno più a "imparare il computer", ma che capiranno noi. La domanda non è se accadrà, ma quanti cicli di aggiornamenti frustranti e aumenti di prezzo dovremo sopportare prima che "l'Agentic OS" funzioni davvero come promesso.
La vostra azienda è pronta a pagare oggi per una promessa di produttività futura?
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