In un recente report destinato ai responsabili della sicurezza (CISO), Gartner ha tracciato una linea netta sulla sabbia: i browser potenziati dall'intelligenza artificiale, allo stato attuale, sono troppo pericolosi per essere ammessi nelle reti aziendali.
La questione non è se queste tecnologie siano utili, ma quanto costino in termini di sicurezza. Siamo di fronte a un cambio di paradigma: il browser non è più una semplice finestra sul web, ma sta diventando un "agente" capace di operare per nostro conto. E qui iniziano i problemi.
Il primo nodo cruciale riguarda la gestione dei dati. Per funzionare, gli assistenti AI integrati nelle sidebar dei browser devono "vedere" cosa stiamo guardando. Questo significa che dati sensibili, contenuti di pagine interne e cronologia di navigazione vengono spesso inviati a server cloud per l'elaborazione.
In molti casi, questo avviene con impostazioni di default orientate alla "User Experience" piuttosto che alla "Security". L'utente medio, sedotto dalla possibilità di riassumere un PDF con un clic, non si rende conto che sta potenzialmente regalando proprietà intellettuale a terze parti. È l'ennesima incarnazione della Shadow AI, quel fenomeno strisciante che vede tecnologie non approvate infiltrarsi nei flussi di lavoro aziendali, bypassando ogni protocollo di sicurezza.
Prompt Injection: quando l'assistente diventa una spia
Se la privacy è un problema di policy, la prompt injection è un problema tecnico strutturale. I browser "agentici" sono progettati per agire: compilare form, inviare email, gestire sessioni autenticate, proprio perché leggono il contenuto dello schermo, è possibile inserire nelle pagine comandi non autorizzati, e farli eseguire all’agente.
Immaginate questo scenario: visitate un sito compromesso e l'AI del browser, leggendo il codice nascosto, riceve l'ordine di accedere alla vostra webmail (dove siete già loggati) e inoltrare l'ultima fattura a un indirizzo esterno. Il tutto avviene nel background, senza che voi dobbiate cliccare nulla.
È il classico problema di dare privilegi elevati a un componente che elabora input non fidati. Ingegneristicamente, è una follia. Come abbiamo discusso analizzando l'evoluzione delle minacce informatiche nel 2024, l'automazione senza validazione umana è il vettore d'attacco perfetto.
Sicurezza o Produttività? Una falsa dicotomia
Gartner suggerisce che le mitigazioni attuali – disabilitare funzionalità specifiche, educare gli utenti – non siano sufficienti. L'unica difesa reale è il blocco preventivo. Questa posizione drastica farà storcere il naso a molti early adopter e manager in cerca di efficienza. Tuttavia, in ambito B2B, il calcolo del ROI deve includere il costo potenziale di un data breach.
La tecnologia deve servire il business, non esporlo a rischi esistenziali. Chi vuole testare questi strumenti dovrebbe farlo in ambienti sandbox, isolati dalla rete di produzione. Fino a quando i vendor non offriranno garanzie di isolamento dei dati e protezione contro l'injection, tenere questi "assistenti" fuori dalla porta non è luddismo: è semplice, sana sopravvivenza.