Gli agenti IA stanno portando il potere dell’intelligenza artificiale generativa oltre i semplici sistemi di supporto: ora lavorano al nostro fianco, o addirittura al posto nostro. Questi agenti hanno una maggiore autonomia, sono in grado di affrontare task più complessi e utilizzano il machine learning per adattarsi e migliorare continuamente le loro prestazioni. In pratica, stanno trasformando gli assistenti IA di ieri in strumenti proattivi.
Per essere veramente efficaci, però, gli agenti IA devono poter accedere a un’enorme quantità di informazioni. Hanno grandi potenzialità, ma se sono scollegati dai dati, dai sistemi, dagli strumenti e dagli altri agenti, rischiano di diventare pressoché inutili. È come assumere un nuovo collaboratore eccezionale che però non può accedere ai file aziendali, entrare nei sistemi informatici o confrontarsi con i colleghi.
Gli agenti IA nel business moderno
La maggior parte delle aziende ha investito per anni nell’accumulo di informazioni preziose distribuite su sistemi diversi: i dati sui clienti (customer intelligence) si trovano spesso in architetture di database ormai datate, mentre le specifiche di prodotto sono archiviate in repository separati. Questo solleva preoccupazioni non solo sul rischio che tali dati svaniscano dalla memoria istituzionale con il passaggio di dipendenti chiave, ma soprattutto sul fatto che le informazioni essenziali per il business siano sparse in più luoghi. Ogni ambiente richiede probabilmente protocolli di accesso specializzati, e le aziende devono sviluppare una logica aziendale su misura per comprendere l’intero ecosistema digitale e collegare tutti questi dati.
Tuttavia, gli agenti IA richiedono un metodo unificato e standardizzato per accedere al contesto critico all’interno delle applicazioni. Proprio per questo motivo, il settore ha assistito a una presa di coscienza collettiva che ha portato a un allineamento senza precedenti: persino concorrenti storici hanno messo da parte la competizione per collaborare alla definizione di standard comuni. Al centro di questa collaborazione c’è il Model Context Protocol (MCP), spesso paragonato a una sorta di “USB-C per l’IA”, inizialmente proposto da Anthropic. Sebbene sia nato da un’unica azienda, MCP si è affermato subito come standard condiviso da tutto il settore. Ha rapidamente guadagnato importanza in tutto l'ecosistema: Microsoft lo ha integrato nella propria roadmap di sviluppo, mentre Sam Altman di OpenAI ne ha sostenuto pubblicamente il potenziale. Con oltre 300 implementazioni open source che adottano le specifiche MCP ad oggi, tutto indica che questo protocollo è destinato a diventare lo standard definitivo per la connessione nell’era dell’IA agentica.
Ripensare gli ambienti in cui operano i vostri agenti IA
Mentre l’attenzione del settore si concentra sulle innovazioni nei protocolli e sulle capacità degli agenti IA, continua a essere trascurato il fattore determinante, fondamentale per l’implementazione e il successo dell’intelligenza artificiale: l’architettura dei dati e il modello dati sottostanti.
I database relazionali tradizionali sono stati concepiti in un paradigma tecnologico ormai superato, ottimizzato per ridurre i costi di storage. I servizi legacy accedevano ai dati in piccoli blocchi (chunk), organizzati in righe strutturate all’interno di tabelle relazionali. Si tratta dell’equivalente computazionale delle soluzioni analogiche in un ecosistema sempre più digitale, in cui l’informazione strutturata viene processata attraverso percorsi rigidi in un paradigma che un tempo sembrava sufficiente.
Oggi, i carichi di lavoro IA richiedono invece qualcosa di fondamentalmente diverso: grandi quantità di dati sia strutturati che non strutturati, con schemi eterogenei, forniti con una latenza minima. Si parla di testi, video, audio, serie temporali, vettori e dati di streaming di eventi, che devono essere consolidati in un unico sistema. I dati devono essere fluidi, immediatamente accessibili e non frammentati in silos. Gli agenti IA necessitano inoltre di un’infrastruttura dati in grado di scalare e adattarsi all’imprevedibilità dei carichi di lavoro IA, senza richiedere continue riprogettazioni o migrazioni, pena il rischio di raggiungere limiti prestazionali nei momenti di picco.
Tutto questo sta portando a un ripensamento fondamentale dei database: come vengono utilizzati per creare e distribuire software, e come affrontare la frammentazione dei sistemi o i cicli di sviluppo. Questo approccio sta consentendo alle organizzazioni di ottenere risultati davvero trasformativi con l’IA.
Sebbene le moderne architetture di database flessibili possano essere progettate appositamente per supportare operazioni incentrate sull’IA, è altrettanto fondamentale che affrontino anche le sfide fondamentali legate alla governance. Gli agenti IA, infatti, sono in grado di accedere e integrare istantaneamente le informazioni oltre i confini organizzativi, il che può comportare rischi significativi di esposizione non controllata di dati sensibili. In settori fortemente regolamentati, come quello sanitario o finanziario, tali esposizioni possono tradursi in violazioni della conformità normativa con sanzioni significative. Un’implementazione efficace dell’IA richiede quindi meccanismi sofisticati di protezione dei confini informativi e una comprensione approfondita dell’ecosistema operativo - aspetti che le moderne soluzioni di database sono in grado di garantire.
Perché gli MCP sono un game changer
Una volta definita l’infrastruttura dati adeguata, gli MCP diventano essenziali. Questo standard aperto fornisce un linguaggio comune che consente agli agenti IA per interagire con fonti di dati e strumenti esterni, agendo di fatto come il tessuto connettivo che rende i dati predisposti per l’AI realmente utilizzabili. Un MCP svolge due ruoli chiave per gli sviluppatori nell’era dell’IA agentica: sia per chi lo integra nei propri flussi di lavoro, sia per chi si concentra sulla creazione di agenti IA.
Se guardiamo ai flussi di lavoro, gli MCP aiutano sviluppatori a semplificare il processo di scrittura di applicazioni data-centriche. Un server MCP consente agli sviluppatori che utilizzano flussi di lavoro agentici compatibili con MCP di interagire direttamente con i propri database. Questo agevola una serie di attività, come la definizione e l’ottimizzazione delle query, la definizione di indici e l'esecuzione di altri task amministrativi. MCP elimina di fatto la necessità – lunga e onerosa – di sviluppare integrazioni su misura per ogni singola data source. Standardizzando l’accesso ai dati, MCP permette agli sviluppatori di raccogliere informazioni sui dati in modo più efficiente e integrarle facilmente nei propri progetti.
Per quanto riguarda gli agenti IA, gli MCP standardizzano il modo in cui questi agenti si connettono a database, API e altri strumenti. Invece di dover creare codice personalizzato per accedere ai dati, grazie ai server MCP gli agenti IAI possono reperire in modo diretto e autonomo le informazioni necessarie. Questo consente loro di superare il ruolo di semplici assistenti, per affrontare compiti complessi e ricavare insight da tutto l’ecosistema informativo.
Il risultato? Una situazione che fino a poco tempo fa sembrava fantascienza è oggi realtà: gli agenti non solo comprendono il contenuto dei database aziendali, ma riescono a estrarre intelligenza significativa da tutta la knowledge base, integrando dati sia strutturati che non strutturati. Ci troviamo dunque a un punto di svolta che sta trasformando i dati in una risorsa viva e attivabile in tempo reale. Personalmente, non vedo l’ora di scoprire dove ci porterà tutto questo, e quale valore reale potranno generare gli agenti autonomi per il business.