OpenAI, la società dietro ChatGPT, ha comunicato ai suoi investitori proiezioni finanziarie scioccanti, con una previsione di spesa di 115 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni, una somma che supera di quasi 80 miliardi le previsioni precedenti e che colloca l'azienda in una categoria completamente nuova di intensità di capitale.
Secondo quanto riportato da The Information lo scorso venerdì, questa revisione al rialzo delle previsioni di spesa rappresenta un cambiamento radicale rispetto alle proiezioni di aprile, quando OpenAI stimava un fabbisogno di 46 miliardi di dollari per lo stesso periodo.
La progressione è impressionante: nel 2025 l'azienda prevede di spendere oltre 8 miliardi di dollari, con un incremento di 1,5 miliardi rispetto alle stime iniziali dell'anno. Il 2026 segnerà un balzo in avanti, con una spesa prevista di oltre 17 miliardi di dollari, più del doppio dell'anno precedente e 10 miliardi in più rispetto alle proiezioni precedenti. Nei due anni successivi, le cifre diventano ancora più vertiginose: 35 miliardi nel 2027 e 45 miliardi nel 2028, quest'ultima cifra quattro volte superiore agli 11 miliardi inizialmente previsti per quell'anno.
La strategia dell'autosufficienza tecnologica
Dietro questi numeri astronomici si cela una strategia ambiziosa di integrazione verticale. OpenAI sta sviluppando propri chip per server e costruendo data center proprietari, una mossa che mira a ridurre la dipendenza dai fornitori esterni e contenere i costi a lungo termine.
Sam Altman, CEO dell'azienda, ha descritto candidamente OpenAI come potenzialmente la startup più "capital intensive" mai esistita. E in effetti sembra che sia proprio così, almeno finché non emergerà una startup capace di "bruciare" ancora più denaro.
Non che ci servisse un promemoria, ma è ancora più evidente quanto sia costoso sviluppare e mantenere sistemi di AI generativa come ChatGPT.
Costi e investimenti che guardano necessariamente al futuro, perché è fin troppo ovvio che a breve termine si tratterà solo di costi - una situazione che per alcuni comincia a somigliare un po' troppo a una bolla finanziaria. Persino Altman è convinto che qualcuno finirà col rimetterci, ma è (ovviamente) ottimista nei riguardi della sua azienda.
Lo scenario d'altra parte dà ragioni per essere ottimisti: sono ancora molti i leader e gli strateghi aziendali convinti che l'AI avrà un ruolo centrale nei prossimi anni. Tutti si doteranno e useranno un qualche sistema AI, e saranno moltissimi quelli che useranno un prodotto esterno, rivolgendosi a fornitori come OpenAI, Google o Anthropic.
Oggi come oggi, nessun provider può rivendicare una leadership decisiva trasversale a tutti i settori. OpenAI domina nel settore tecnologico con il 50% delle preferenze dei chief product officer, mentre Google prevale nelle aziende di beni di consumo con il 30%. Microsoft guida invece nei servizi con il 24%, tallonata da Nvidia e Google entrambe al 19%.
Un modello finanziario senza precedenti
I 115 miliardi di dollari previsti per il quadriennio 2025-2029 si sommano ai circa 2 miliardi già spesi negli ultimi due anni, portando il totale degli investimenti a cifre che superano il PIL di molti paesi europei. Questa "unprecedented spending projection", come la definisce The Information, spiega perché OpenAI stia raccogliendo più fondi di qualsiasi altra azienda privata nella storia.
L'obiettivo rimane il raggiungimento della cash flow positivity entro il 2029, quando l'azienda prevede di generare circa 2 miliardi di dollari in liquidità. Un traguardo ambizioso che richiederà non solo lo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie, ma anche la creazione di modelli di business sostenibili in grado di monetizzare efficacemente gli enormi investimenti in corso.