Per qualcuno è il futuro del cinema, con costi ridotti e nuove opportunità narrative; per altri è l’inizio della fine per la verità e l’autenticità sullo schermo. Hollywood è pronta a star digitali che non invecchiano, non muoiono e possono perfino riportare in vita leggende del passato. Qui la news.
Che cos’è Tilly Norwood (e perché ne parlano tutti)
Partiamo dall’inizio. Tilly Norwood è una attrice/personaggio/volto sintetico, cioè creato dall'Intelligenza Artificiale ad opera dello studio Xicoia, uno spin-off dell’AI production house Particle6 fondata dall’attrice-produttrice Eline van der Velden.
La “presentazione in società” è avvenuta allo Zurich Summit (il programma industry dello Zurich Film Festival) a fine settembre 2025: qui i creatori hanno raccontato l’ambizione di farne una “nuova Scarlett Johansson” e hanno dichiarato possibili risparmi fino al 90% sui costi produttivi. Nel frattempo agenzie si sarebbero dette interessate a rappresentarla.
Il “debutto” sullo schermo ha generato curiosità ma anche critiche sulla resa (voce, espressività, dettagli visivi), alimentando il dibattito tra esperimento artistico e proof-of-concept di una filiera più automatizzata.
Mentre le testate tech commentavano tra ironia e disagio, Le Monde ha messo in fila le reazioni di Hollywood: Emily Blunt, Whoopi Goldberg e altri nomi hanno accusato il progetto di voler “normalizzare la sostituzione dei performer” e di eliminare ogni “connessione umana”, mentre la creatrice, Eline van der Velden, dichiarava candidamente che Tilly è solo la prima di una “serie di quaranta nuove star sintetiche”.
Qualche giorno fa, Giacinto è stato ospite di Sky TG24 nel programma Progress, insieme all’avvocato Ernesto Belisario e al “padrone di casa” Alberto Giuffrè, per analizzare l’arrivo di Tilly e Sora 2.
Guarda l'intervistaI punti di vista in campo
Una fabbrica di volti, pronta a sfornare emozioni su richiesta. Il sindacato degli attori, SAG-AFTRA, è intervenuto a gamba tesa: “Tilly non è un’attrice, è un personaggio generato da un programma addestrato sul lavoro dei professionisti senza permesso né compenso.” Parole che pesano più di mille render, perché il problema non è l’estetica, ma la proprietà: di chi è il gesto, il sorriso, la voce di un’attrice se possono essere clonati e rivenduti in formato .mp4?
*The Guardian* ha definito Tilly “il simbolo di un cinema che rischia di perdere l’anima nel nome dell’automazione”, mentre *Variety* ha ricordato che il sindacato non intende arretrare dopo lo sciopero dello scorso anno: ogni replica digitale di un attore dovrà essere oggetto di consenso e compenso.
E *Bloomberg* ha portato un po’ di matematica in questa febbre del sintetico: se anche “un’AI costa meno di un DiCaprio”, l’energia necessaria a generarla, i server che la ospitano e i tecnici che la manutengono hanno un prezzo tutt’altro che virtuale. La verità, scrivono, è che “l’economia dell’AI è una promessa di risparmio costruita su costi che non si vedono”.
Nel frattempo, *Deadline* ha pubblicato la replica dei creatori, che giurano di non voler sostituire nessuno: “Tilly non è un rimpiazzo degli umani, è un lavoro creativo.”
Eppure, al di oltre delle dichiarazioni, resta una domanda sospesa: se Tilly funziona, non perché reciti bene ma perché non richiede un cachet stellare, ferie o diritti, che cosa stiamo premiando? La bravura o la disponibilità a lavorare gratis o quasi?
Lo ribadisce lei stessa in un post su Instagram in cui afferma: “In 20 secondi ho combattuto mostri, sono fuggita da esplosioni, ti ho venduto un'auto e ho quasi vinto un Oscar. Tutto in una giornata di lavoro... letteralmente! Trovati un'attrice che possa fare tutto.”
Aggiornamento sul Mondo della Musica e AI
Universal Music Group e Warner Music sono vicine a concludere accordi. Le trattative coinvolgono startup come ElevenLabs, Stability AI, Suno, Udio e Klay Vision, ma anche giganti come Google e Spotify. L’obiettivo è regolare l’uso delle canzoni per l’addestramento dei modelli e la creazione di musica generata dall’AI, introducendo un sistema di pagamento basato su micropagamenti, simile a quello delle piattaforme di streaming. Qui la news.
L’altra “neonata”: Sora 2
L’altro fiocco nascita, in questi giorni, è in casa OpenAI. Papà Sam ha presentato Sora 2, il nuovo generatore di video che promette tre cose: più accuratezza fisica, più realismo e più controllo.
Cosa fa meglio di prima? Rispetta di più la realtà. Se un giocatore di basket sbaglia a canestro, la palla rimbalza invece di teletrasportarsi dentro. Nelle demo: routine da ginnastica olimpica, backflip su una tavola in acqua credibile, persino triplo axel con un gatto appollaiato sulla testa della pattinatrice. Gli stili spaziano dal cinematografico al realistico all’anime e il sistema genera anche voci, effetti sonori e sottofondo.
La vera novità è l’app Sora su iOS: una social app in cui crei, remixi e scorri un feed pensato per ispirarti a creare, non per farti perdere tempo. La funzione più “wow” sono i cameos: ti registri una volta (verifichi e confermi la tua identità) e poi puoi inserirti in qualsiasi scena Sora, con aspetto e voce coerenti.
Al lancio su iOS è volata al #1 negli USA: circa 56.000 installazioni il primo giorno e 107.800 download il 1° ottobre. Numeri da grande debutto.
Per chi, come noi, cerca sempre la parte nascosta, il dietro le quinte, questa app ci sembra anche una bella mossa strategica. Detto semplice: è coerente con l’ultimo periodo di OpenAI, che si muove a tutto campo. Prima lo scontro con Google sulla ricerca, poi gli assistenti; adesso punta al feed video, sfidando un altro colosso come TikTok. E lo fa alzando l’asticella: in un momento in cui molti social arrancano e TikTok resta il fortino dell’engagement, OpenAI propone un social dove i contenuti non devono per forza essere creati dagli utenti, ma li può generare l’AI. È un nuovo cambio di paradigma: dal social che vive di upload al social che vive di prompt: tu chiedi, l’AI crea; tu remixi e aggiungi il tuo cameo.
Se funziona, non serviranno più migliaia di creator attivi che producono video ogni giorno: a creare sarà l’AI, e tu sarai il regista del tuo feed.
A Sam (Altman) piace scherzare. Ecco in prima linea in un video creato con Sora.
Qui la news.Sipario e Conclusioni
Dopo aver passato in rassegna la “neonata” Tilly e l’altra “neonata” Sora 2, la sensazione è questa: Tilly è un avatar in più, non il meteorite. Arriva però nel momento perfetto per gonfiare la bolla: Sora 2 promette un salto di qualità nella simulazione del mondo e nel frattempo Elon Musk annuncia che è pronto a girare dei film - ingredienti sufficienti per far credere che il cinema “umano” stia evaporando.
Noi non la vediamo così. Il mercato non funziona solo a colpi di demo: funziona a desiderio, e il desiderio nel cinema ha ancora i nomi e i cognomi di attori e registi. Andiamo in sala per una trama, certo, ma anche (spesso soprattutto) per un volto, un timbro di voce, una firma di regia, un’idea di messa in scena. Gli avatar possono diventare strumenti nella filiera, persino protagonisti di nicchia o di format specifici, ma non spostano la domanda di storie recitate da persone che sanno farci credere all’impossibile con un sopracciglio, una pausa, un respiro fuori tempo. Tilly è un prodotto digitale ben confezionato, figlio del suo hype-cycle, non il sostituto dell’esperienza che cerchiamo quando spegniamo le luci in sala.
Ascolti Podcast?
Allora ci vediamo, anzi, ci ascoltiamo su tutte le piattaforme audio con il nostro Podcast: Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice.
E c'è anche Two Humans in The Loop, il podcast dove si parla di Intelligenza Artificiale e Umanità. Ascolta su Spotify.