Il mercato degli assistenti personali, dominato da attori come Google e Apple, mostra chiari segni di stagnazione. Report di settore, come quelli di Voicebot.ai, indicano che l'utilizzo si è stabilizzato su funzioni semplici e reattive. E così non può sorprendere come molti analisti abbiano voluto sottolineare come questi sistemi abbiano mancato l'obiettivo strategico di diventare veri partner proattivi.
Siri e Google Assistant avrebbero dovuto diventare una sorta di compagno digitale, qualcuno che ci potesse accompagnare per tutta l’aggiornata, aiutandoci in molti modi. Invece sono diventati app che “prendono polvere” in qualche angolo dei nostri smartphone. Paradossalmente è Alexa uno dei più usati, perché se non altro è un eccellente timer da cucina e può accendere e spegnere le luci ... quasi senza sbagliare.
È in questo scenario che si inserisce The Companion Project, una startup deep-tech italiana. Il progetto è guidato dal fondatore Matteo Tuzi e supportato da un team che include ingegneri con grande esperienza nella sicurezza dei dati e nella gestione di sistemi complessi, specializzati nei sistemi di Intelligenza artificiale basati sul Linguaggio naturale.
A differenza di strumenti di produttività come Notion o Mem, che richiedono un input manuale costante, questo progetto mira a unificare la vita professionale e quella personale in modo automatico, attraverso una memoria contestuale e un modello di business fondato sulla privacy. La proposta di valore è chiara: un servizio progettato per far risparmiare tempo e liberare risorse mentali ai suoi utenti.
Progettata per problemi quotidiani
The Companion Project è progettato per risolvere problemi concreti che gli assistenti attuali ignorano: al momento si presenta come una web app utilizzabile su smartphone, con alcune “app interne”, come la il fact-checking di articoli giornalistici, o l’integrazione con la videocamera del dispositivo.
Il primo problema affrontato è la memoria frammentata. The Companion Project mira a risolvere questa criticità tramite una "memoria olistica" persistente, che aggrega le informazioni fornite direttamente dall'utente durante le conversazioni.
L’app può “ricordare” le cose che le diciamo o le immagini che gli forniamo; finirà così per conoscerci, saprà cosa abbiamo in agenda (che siano appuntamenti di lavoro o il dentista dei figli), quali sono le attività in corso, quali i compleanni da ricordare.
A un certo punto potrebbe rendersi conto che abbiamo un paio di giorni liberi, e che ci sarebbe il tempo per un piccolo viaggio e la partecipazione al concerto di uno dei tuoi artisti preferiti. Ti fornirà le date e ti troverà i biglietti. E tu nemmeno sapevi che quell’artista fosse in tour.
Per arricchire ulteriormente e in modo automatico questo contesto, l'assistente o potrà opzionalmente connettersi tramite integrazioni sicure a livello API con i servizi che l'utente già utilizza (es. Google Workspace, Microsoft 365) - integrandosi quindi con email, agenda e documenti personali. Questo sarà un passaggio molto importante rispetto all’attuale versione beta, che impone di fornire tutte le informazioni manualmente - di fatto bisogna inserire di nuovo l’agenda, il che rende il processo un po’ tedioso.
Con l’integrazione invece l’app si posiziona come un layer di intelligenza che non richiede di abbandonare i propri strumenti di lavoro. La gestione e l'autorizzazione di queste fonti dati connesse rimangono sotto il controllo esclusivo dell'utente.
Un’app che può vedere il tuo mondo
Il secondo problema che il progetto affronta è il contesto visivo isolato. Le nostre gallerie fotografiche sono archivi passivi; contengono migliaia di immagini che, per un assistente standard, sono dati muti. Un sistema come Google Photos può riconoscere genericamente "un'auto" o "una spiaggia", ma fallisce nel comprendere il significato personale di ciò che viene mostrato.
La soluzione di The Companion Project è trasformare questa passività in una risorsa attiva tramite un sistema di riconoscimento persone e luoghi. La differenza è fondamentale: non si tratta di vedere "un uomo e una donna", ma di riconoscere "tu e tua sorella Maria nel giardino di casa". Questo avviene attraverso un processo di addestramento attivo da parte dell'utente, che insegna all'assistente a identificare persone, luoghi e oggetti chiave della propria vita. Questo approccio non solo garantisce una personalizzazione profonda, ma mantiene il controllo dei dati biometrici nelle mani dell'utente, in linea con la filosofia privacy-first del progetto.
In teoria potresti persino chiederle di aiutarti a trovare il telecomando, inquadrando il salotto con il telefono o con gli occhiali AR.
Il risultato è che la galleria di immagini cessa di essere un semplice album e diventa un database interrogabile della propria vita visiva. L'utente può porre domande contestuali che oggi sono impossibili:
- "Mostrami l'ultima foto della mia scrivania" per verificare se ha dimenticato un documento.
- "In quale stanza ho lasciato gli occhiali ieri?" se per caso ha scattato una foto in quell'ambiente.
- "Chi è la persona accanto a me in questa foto del convegno?"
Il guadagno atteso per l'utente è un significativo risparmio di tempo (quantificato in una fase di test iniziale) e una drastica riduzione del carico mentale, trasformando un archivio digitale inerte in una componente dinamica e utile del proprio "secondo cervello".
Monetizzare la fiducia, non i dati
Il progetto intende risolvere il conflitto di interessi del modello "gratuito". The Companion Project propone un'alternativa: i dati restano di proprietà e sotto il controllo dell'utente. Un modello di business basato esclusivamente su un abbonamento mensile allinea gli interessi dell'azienda con quelli del cliente. La struttura di pricing sarà basata su tier, progettati per scalare dal singolo professionista al team aziendale, legando il costo al volume di integrazioni e alle funzionalità avanzate richieste.
The Companion Project ammicca quindi al mercato della "privacy economy". Si abbandona il principio secondo cui se non lo paghi, il prodotto sei tu, cercando invece di creare un valore che gli utenti saranno disposti a pagare.
Chiaramente ciò è possibile solo se si tengono i costi sotto controllo: invece di usare un unico e costoso LLM, il sistema orchestra una serie di modelli più piccoli e specializzati. Questo approccio richiede un'ingegneria specializzata nella gestione dello stato conversazionale a lungo termine, un problema computazionalmente oneroso. Secondo le stime del team, questa architettura mira a ridurre i costi operativi delle inferenze AI di oltre il 50% rispetto a un approccio basato su un modello monolitico.
Oltre l'app: la visione a lungo termine e la roadmap futura
Se il prodotto attuale si concentra sullo smartphone, la visione a lungo termine è ancora più ambiziosa. La strategia è quella di rendere il software l'intelligenza contestuale di riferimento per qualsiasi interfaccia uomo-macchina futura, che si tratti di occhiali AR, dispositivi audio avanzati o altro. In teoria l’app potrebbe essere davvero “ovunque”, e continuare a seguirci anche quando smetteremo di avere lo smartphone costantemente in mano.
La roadmap prevede infatti di evolvere l'assistente da un'app mobile a un'interfaccia "invisibile" integrata in dispositivi indossabili. A breve termine gli oggetti più interessanti sono gli occhiali AR, ma chiaramente il panorama non fa che ampliarsi ogni giorno.
Opportunità e sfide
The Companion Project in questo momento è aperta agli investitori e rappresenta l’opportunità di entrare in un mercato dalle grandi potenzialità. I dati preliminari raccolti da un gruppo chiuso di beta-tester indicano una riduzione media del tempo dedicato alla ricerca e al collegamento di informazioni tra contesti professionali e privati di circa 3 ore a settimana per utente.
La strategia di go-to-market iniziale si concentrerà su un segmento di early adopter composto da consulenti, manager e liberi professionisti. Mentre i prossimi step di sviluppo saranno incentrati sullo sviluppo di integrazioni API con Google Workspace e Microsoft 365.
L’obiettivo è costruire quanto prima una base di utenti paganti che possa sostenere il progetto insieme ai capitali privati, assicurando così la sostenibilità del business indipendentemente dai cicli di adozione delle nuove piattaforme.
Investire in The Companion Project significa quindi finanziare un'azienda con un prodotto dal posizionamento unico, focalizzato sull'automazione del contesto tra vita privata e professionale, e con una chiara strategia per aggredire il mercato.