ARF! Festival: Intervista a Daniele Bonomo

Viaggio alla scoperta di ARF! Festival con Daniele Bonomo, tra bilanci e nuove idee per un futuro ancora tutto da scrivere!

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a cura di Luca Frigerio

Partiamo da una premessa: ARF! Festival è la MIGLIOR manifestazione fumettistica italiana (e mi tengo stretto); dal 2015, anno della sua prima edizione, ne è passata di acqua sotto i ponti... Personalmente ho partecipato a tutte cinque le edizioni e, sin dalla prima all’Auditorium del Massimo dove per arrivarci mi persi come mio solito, si percepiva un progetto preciso, cosa molto rara ultimamente.

Un viaggio alla scoperta di ARF! Festival

Molto spesso la stragrande maggioranza delle convention fumettistiche sono dei contenitori simili alle vecchie sagre di paese con l’aggiunta di tre o quattro stand con fumettisti, illustratori e poco altro: niente di più che la parola “Comics” nel nome dell’evento; negli ultimi tempi il numero di queste manifestazioni è aumentato a dismisura ma la qualità rimane spesso tra il mediocre e l’inutile.

ARF! Festival, invece, prometteva un percorso nato e sostenuto da fumettisti quindi da persone che hanno frequentato fiere in tutta Italia, prendendo gli aspetti positivi integrandoli con innovazioni e creando un posto dove chiunque faccia, legga o ama i fumetti possa trovare il suo Eden personale. La promessa è stata rispettata.

In pochi anni questa manifestazione si è imposta come un evento culturale imprescindibile dove è possibile partecipare alle Masterclass, incontri con i professionisti più considerevoli e stimati dell’editoria e non solo, un’opportunità professionale per i fumettisti esordienti e non grazie al Job ARF!, scouting e portfolio review con editor di quasi tutte le case editrici più importanti italiane e come una tre giorni di full immersion nel vero mondo del fumetto fatta di incontri e confronti in un clima informale ma estremamente stimolante.

Quindi abbiamo una manifestazione che funziona a tutti i livelli: culturale, lavorativo e commerciale perché all’ARF Festival partecipano case editrici, collettivi e autori che hanno la possibilità di incontrare i lettori, trovarne di nuovi e - ultima ma non meno importante - vendere! Con chi parlarne se non con uno dei fondatori, Daniele “Gud” Bonomo?

Daniele è molte cose: un artista che ha lavorato e lavora per alcune case editrici italiane come Tunuè e Rizzoli, un insegnante ed è anche responsabile del Job ARF!. Chi meglio di lui potrebbe quindi parlarne? Detto fatto.

 

La prima domanda è quella classica: perché avete deciso di fondare e organizzare una manifestazione come ARF Festival?

ARF! Festival nasce da una necessità che sentivamo come operatori del settore e, soprattutto, come appassionati, quella cioè di riportare il Fumetto al centro di un evento per il pubblico.

Attraverso il coinvolgimento delle autrici e degli autori, delle case editrici e dei lettori con un’offerta di contenuti che accogliesse il Fumetto nella sua totalità, dalle autoproduzioni al mainstream. 

Lo staff da quante persone è composto?

Paolo Campana, Stefano Piccoli, Lorenzo Salvadori Amadei, Fabrizio Verrocchi, Mauro Uzzeo e poi ci sono io. Da queste sei “menti” è partito tutto, poi col tempo si sono aggiunte sempre nuove professionalità a darci una mano per rendere il Festival sempre più una festa per tutti. 

Quali sono stati i problemi più grossi che avete dovuto affrontare?

Quando nel 2015 siamo partiti non avevamo la minima esperienza nell’organizzazione di un evento, quindi ti lascio immaginare la quantità di piccoli e grandi problemi che abbiamo dovuto affrontare. Forse il più grande di tutti è quello di essere a Roma, città che offre molto ma che, proprio per il suo carattere dispersivo, tende ad avere tempi di risposta più lenti rispetto a realtà più piccole.

Siete tutti autori: questa cosa vi ha aiutato nell’organizzare ARF? In questo vedo anche un preciso atto politico e sociale, mi sbaglio?

Ci ha aiutato moltissimo. Da frequentatori di manifestazioni del settore da decenni, nelle nostre intenzioni c’è quella di creare quel tipo di evento a cui noi per primi parteciperemmo volentieri. Qualcosa che parli ai curiosi, agli appassionati e agli addetti ai lavori. Realizzare un appuntamento annuale che affianca i percorsi culturali all’aspetto meramente commerciale è per forza di cose un atto politico e sociale, perché in sintesi un festival è uno spazio per la discussione e per il confronto.

Da autore che partecipa fin dalla prima edizione devo dire che ogni anno c’è stato un miglioramento: dalla location agli spazi alle mostre. In un paese dove spesso tutto rimane cristallizzato e dove si evita di rischiare, il vostro modus operandi appare decisamente fuori dagli schemi.  Quest’anno sarebbe stata la prima volta nel nuovo spazio espositivo, ci sarebbero state altre novità?

“Fuori dagli schemi” fotografa esattamente il nostro operato, e la volontà di migliorare ogni anno è un nostro obiettivo e ci fa piacere che venga percepito da chi ci frequenta dall’inizio. Ci sarebbero state grandi novità date soprattutto dalle opportunità offerte dal nuovo spazio scelto. Ma non posso svelartele per non spoilerare la prossima edizione! 

Avete sempre dato grande importanza alle autoproduzioni e allo scouting; questo da cosa nasce?

ARF! vuol festeggiare TUTTO il Fumetto. Piccolo e grande, passato, presente e futuro si incontrano e si fondono nelle aree del Festival, che si ampliano sempre più, per rispettare questo obiettivo. Spazio agli emergenti con gli incontri professionali della Job ARF!, alle autoproduzioni e alle etichette indipendenti nella Self, ai professionisti di alto livello nell’Arfist Alley, al confronto nell’area Talk, alla scoperta e alla riscoperta nelle Mostre, all’incontro nell’area editori, alla passione nell’area delle tavole originali, al futuro nell’area Kids.   

Nella situazione attuale tutte le manifestazioni sono o rimandate o cancellate, come avete vissuto e vivete questo momento?

Viviamo un momento particolare, unico nella storia del recente passato e, come tutti, dopo lo sconcerto iniziale, ci siamo rimboccati le maniche per proporre idee e modalità differenti per portare il Fumetto al centro. La prima è l’iniziativa di COme VIte Distanti, l’altra è sul futuro del Festival che annunceremo nelle prossime settimane.

Parliamo propio di quella splendida idea che è #ComeViteDistanti: come è nata? Ad oggi (fine maggio) avete contribuito, con i preorder, a donazioni pari a 60000€. È una cifra enorme, vi aspettavate questo risultato?

È un risultato che ha stupito tutti, noi per primi. L’adesione degli autori è stata immediata e carica di entusiasmo. Nessuno si è risparmiato, stanno tutti dando il massimo e questo ci riempie d’orgoglio. La risposta del pubblico poi, è stata incredibile sin dal primo giorno. Ci piace pensare di aver iniziato quasi “per gioco” e di trovarci ora nel bel mezzo di un progetto che sta lasciando un segno. Un po’ come è stato per il festival! ;) L’idea di COme VIte Distanti è nata ragionando sulla figura del disegnatore. Nei primi giorni di lockdown, credo soprattutto per sdrammatizzare, tra chi fa fumetti si ironizzava molto sul fatto che non sarebbe cambiato nulla, perché nella maggior parte dei casi il nostro è un mestiere che ci tiene chiusi in casa, con una vita sociale ridotta al minimo. Come tutti però sentivamo il bisogno di fare qualcosa di concreto, consapevoli che il nostro “ruolo” di cantastorie, in un momento di emergenza, doveva passare in secondo piano. Un giorno Stefano (Piccoli) ha chiamato gli altri e ha lanciato un seme: “facciamo un libro collettivo e doniamo i proventi a un ospedale.”

Il giorno dopo eravamo in videochiamata a cercare di dare una forma a questa cosa. Gli abbiamo dato un nome e abbiamo definito un metodo. Da quel momento Mauro Uzzeo ha fatto squadra con Francesco Artibani, Katja Centomo e Giovanni Masi per buttare giù un soggetto. Eravamo tutti d’accordo su una cosa: sarebbe stata una storia fatta di tante storie, da leggere online ogni giorno per far crescere la curiosità e invitare costantemente i lettori a preordinare il volume. Qualche giorno dopo, Mauro ci ha raccontato l’idea alla base del racconto (che non sveleremo per evitare spoiler!) e da quel momento abbiamo cominciato ad abbinare i nomi alle tavole. Poi un giorno siamo partiti. Tavola uno, Gipi(!) L’aspetto più importante di questo progetto è chiaramente la donazione. In questo gioca un ruolo chiave l’azienda PressUP, già partner di ARF! da diverse edizioni, che stampando il volume a titolo gratuito ci permette di indirizzare tutti i proventi del libro alla raccolta fondi dello Spallanzani.

Pensando a tutto quello che avete fatto e passato per organizzare ARF! vi siete mai detti “ma chi ce l’ha fatta fare”?

Diciamo così: quello che abbiamo passato e quello che abbiamo fatto sono due cose molto diverse. Se ci soffermiamo su quello che abbiamo “passato”, ci capita spesso di chiederci “chi ce lo fa fare”. Se invece pensiamo a ciò che abbiamo costruito, quella domanda non ci sfiora neanche per un secondo.