Battlestar Galactica (1978): l'umanità in fuga tra le stelle

Da copia di Star Wars a sfortunata serie cult della fantascienza televisiva, ecco la storia delle origini di Battlestar Galactica

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a cura di Manuel Enrico

Umani in fuga tra le stelle, perfidi androidi e un’astronave che guida le ultime speranze della razza umana in cerca di un nuovo mondo da chiamare casa. Questi sono gli ingredienti di Battlestar Galactica, un nome che è da sempre molto caro agli appassionati di fantascienza televisiva, capace di attraversare più di una decade con spunti narrativi promettenti intrecciati al classico racconto fantascientifico, figlio degli anni in cui al cinema imperava la visione del futuro di Lucas e Star Wars mieteva continui successi nelle sale.

Battlestar Galactica ha avuto più di una vita, sempre rimanendo all’interno del medium televisivo. Nata all’interno della rivoluzione fantascientifica che interessò piccolo e grande schermo a partire da metà degli anni ’70 sino alla recente dimensione seriale, che ha consentito all’idea originale di Glen A. Larson di esplorare pienamente le proprie idee.

Salvare la razza umana

L’uscita di Star Wars al cinema fu un evento epocale, per la fantascienza. Il cambio di passo rispetto alla classica sci-fi cinematografica fatta di perfidi alieni invasori ed esperimenti scientifici folli divenne un ricordo, portando la narrativa d’anticipazione definitivamente oltre quella concezione da B-Movie che la aveva caratterizzata nei decenni precedenti. Un primo sforzo in tal senso era stato fatto da Gene Roddenberry con il suo Star Trek, che a metà anni ’60 aveva provato a riscrivere il mito della fantascienza televisiva.

Un’idea che aveva ispirato un altro celebre nome della serialità televisiva a seguire una strada simile: Glen A. Larson. Sul finire degli anni ’60, infatti, Larson iniziò a concepire una propria serie sci-fi, Adam’s Ark, pensata per offrire una visione diversa della fantascienza, che era ben chiare per il suo creatore

“Adam’s Ark era una sorta di storie delle origini dell’umanità nell’universo, prendendo ispirazione da alcune storie bibliche e traslandole nello spazio di modo che una volta arrivati sulla Terra, questi eventi potessero esser accaduti in un altro posto della galassia. Era influenzato da Chariots of the Gods di Von Daniken e opere simili, Adam’s Ark mi aiutò a focalizzare la mia idea. Alla fine, Battlestar Galactica è la mia idea originale dopo che ho trovato il mio modo di vedere come tutti gli umani sparsi per la galassia siano stati probabilmente generati da un’unica colonia madre”

La necessità di Universal di non rimanere indietro in questa rincorsa a Star Wars, quindi, spinse la major a riesumare quel progetto che prendeva polvere negli archivi. La base su cui sviluppare il nuovo prodotto televisivo di Universal era già pronta, si trattava di cavalcare l’onda del successo del film di Lucas, in ogni modo possibile.

Compreso il creare delle assonanze nemmeno troppo velate. Non a caso, da Adam’s Ark si passò a Star World, e i due protagonisti principali era Skyler e Lyra, una situazione che anche in Universal venne giudicata pericolosamente vicina al plagio, al punto che venne deciso di riscrivere completamente il plot della serie, prima di prensentarla ufficialmente alla ABC per la messa in onda. Da Skyler e Lyra si passò ad Apollo e Serina e la serie assunse un nuovo titolo: Battlestar Galactica: Saga of a Star World.

In una prima fase, il progetto era nato per discostarsi dal classico formato seriale del periodo. Il concept prevedeva un film iniziale di circa tre ore, a cui sarebbero seguiti dei film a cadenza settimanale da mandare in onda su ABC. Con questa concezione, Larson, affiancato dal veterano Leslie Stevens, inizia a sviluppare la sua idea, sino a realizzare un primo pilot, che manteneva intatto l’impostazione iniziale di Galactica.

In Universal pensarono di provare un’operazione marketing insolita per una serie televisiva: presentare il pilot al cinema. Scelta sicuramente innovativa, ma che venne presa anche per recuperare gran parte dei fondi investiti per la realizzazione della serie. Ad aprire questa campagna promozionale furono i cinema canadesi, che il 7 luglio 1978 proiettarono Battlestar Galactica (Battaglie nella galassia, per i cinema italiani), film che ebbe un discreto successo, ribadito anche dalle seguenti proiezioni nei cinema europei e giapponesi, al punto che, quasi dieci mesi dopo, si decise di proiettare anche in America questo film.

Il successo di questo film spinse Universal a rivedere i propri piani per Battlestar Galactica. Alla major sembrò che ridurre le avventure di Apollo e del Galactica ad una miniserie di film per la tv fosse uno spreco, e si decise quindi di riscrivere il tutto adattandolo al formato ‘tradizionale’ della serialità televisiva.

Il primo cambiamento riguardò l’episodio di apertura. Il film-pilot venne riscritto in alcune parti, in modo da adattarlo alla nuova concezione della serie, inserendo scene non presenti nella versione cinematografica che si rivelarono necessarie per dare senso ad alcune successive scelte (come la presenza del Conte Baltar, che diventava un personaggio chiave nella serie).  Questo portò la pellicola cinematografica a diventare un film televisivo della durata di quasi tre ore, che venne trasmesso il 17 settembre 1978.

Una trasmissione che da trionfale si rivelò il primo dei problemi per Battlestar Galactica. Poco dopo la metà del film, le trasmissioni vennero interrotte per lo storico annuncio della firma degli Accordi di Camp David, momento fondamentale per l’impegno statunitense sullo scacchiere politico del Medio Oriente. Se si crede ai segni del destino, questo era sicuramente un presagio funesto, ma la vera criticità della serie fu proprio il cambio di formato, che costrinse gli sceneggiatori a riadattare completamente la storia per essere suddivisa su una più ampia programmazione.

Il risultato furono, oltre al citato pilot, quattro episodi in due parti, uno speciale di due ore e undici episodi da un’ora, che andarono in onda sino al 29 aprile del 1979, quando uscì l’ultimo episodio, Messaggio dallo spazio tempo (The Hand of God). La conclusione della prima stagione coincise anche con la chiusura della serie, dato che gli ascolti furono in costante calo durante la trasmissione, anche se la scelta fu principalmente dettata dai costi esorbitanti per l’epoca, quasi un milione di dollari ad episodio, dovuti principalmente all’uso di effetti speciali, che non trovavano un riscontro nel rateo di ascolti, che sembravano favorire un’altra serie fantascientifica ‘particolare’ e , soprattutto, a basso costo: Mork & Mindy.

La perdita di interesse nella serie era una conseguenza del cambio di impianto narrativo. Le avvincenti premesse del pilot vennero deluse con il passaggio al nuovo formato, che costrinse i produttori a ripiegare su una narrazione ripetitiva che vedeva i personaggi viaggiare di pianeta in pianeta, riutilizzando set di produzioni minori e affidandosi spesso alle trame di vecchi telefilm western.

Ma la storia insegna che non sempre una chiusura è per sempre.

Galactica o Star Wars?

Difficile, in quegli anni, pensare alla fantascienza senza andare col pensiero a Star Wars. Lucas aveva realizzato un film che divenne immediatamente un’ingombrante pietra di paragone, un avversario costante da cui imparare e, spesso, rubare delle idee.

Quando si avviò la produzione di Battlestar Galactica, l’intenzione di Universal era di ricreare l’aura di carisma e avventura di Star Wars all’interno del medium televisivo, inserendo nuove idee ma senza disperdere troppo l’effetto di meraviglia suscitato da Luke Skywalker e compagni. In queste condizioni, il rischio era di scivolare pericolosamente verso la copia spudorata, una scomoda posizione in cui si ritrovò immediatamente Battlestar Galactica.

Complice di questa sensazione di familiarità fu la scelta di coinvolgere nel progetto alcuni nomi celebri fautori del successo di Star Wars. Alla fine della lavorazione della prima pellicola della saga di Lucas, infatti, non si avevano certezze sul seguito delle avventure nella galassia lontana lontana, e molti degli artefici della grandezza di Star Wars si trovavano senza lavoro e in cerca di possibilità che consentissero loro di continuare a lavorare nel settore. Grazie a questa particolare congiuntura, al progetto di Battlestar Galactica aderirono personalità del calibro di Ralph McQuarrie, Joe Johnston, Dennis Murren e John Dykstra.

A McQuarrie venne affidato il compito di realizzare il design delle attrezzature e dei mezzi della serie, con la speranza da parte di Universal di replicare il successo di Star Wars. Per il suo lavoro McQuarrie si ispirò alla natura, e il look della Galactica, ad esempio, è nato partendo dal profilo di un alligatore. Anche dietro il look dei Cyloni, i letali alieni robotici, si nasconde la mano di McQaurrie, anche se fu rilevante l’apporto dato da Andew Pobert, che anni dopo venne molto apprezzato per il suo lavoro su Star Trek: The Next Generation.

Nonostante i Cyloni sembrassero simili agli stormtrooper di Star Wars, il casus belli tra Battlestar Galactica e Star Wars fu un altro: John Dykstra. Dykstra era il geniale creatore di alcuni degli effetti speciali che resero Star Wars un’innovazione alla sua uscita, soprattutto grazie alla sua collaborazione con Robert Edlund, trovando un nuovo modo di utilizzare le miniature per dare vita a scene incredibili tramite una nuova tecnica chiamata motion control. Dopo essersi rivelata essenziale per il successo di Star Wars, questa nuova tecnica venne impiegata nuovamente in Battlestar Galactica, dove venne ulteriormente migliorata.

Si trattava di portare un livello di alta qualità cinematografica nel contesto televisivo, elemento che forse non avrebbe infastidito Lucas e la Fox, ma quando il film di Battlestar Galactica arrivò al cinema qualcosa cambiò. Inizialmente, 20th Century Fox aveva accettato anche di prestare alla produzione di Battlestar Galactica delle attrezzature, con lo scopo di mantenere unita la squadra di lavoro degli effetti speciali in modo da averla ancora affiatata per i seguiti di Star Wars. Glen Larson aveva anche garantito a Gary Kurtz, produttore di Star Wars, che in Battlestar Galactica non avrebbero usato effetti presi da Star Wars. Ovviamente, la cosa dette adito a parecchie discussioni che sfociarono in una causa, che ci concluse nel 1980 con una sentenza in cui veniva sancito che Star Wars e Battlestar Galactica erano due visioni fantascientifiche ben distinte. E a farne le spese fu John Dykstra, che alla fine non richiamato da Lucas per L’impero colpisce ancora e Il Ritorno dello Jedi.

Ironicamente, di altro avviso era uno dei massimi esponenti della fantascienza americana, Isaac Asimov, che in caso di una seconda stagione di Battlestar Galactica avrebbe dato il suo apporto come consulente

“Star Wars era divertente, e mi ha appassionato. Ma Battlestar Galactica era Star Wars nuovamente, e non riuscivo a godermelo senza soffrire di amnesie”

Mitologia e fantascienza

In Battlestar Galactica il tocco di Larson si vide soprattutto nella caratterizzazione dell’universo narrativo. La sua fede mormone fu essenziale nella creazione del contesto sociale e religioso delle Dodici Colonie, che pare ispirarsi al Book of Mormon, in cui veniva raccontato come gli eredi della tribù di Giuseppe viaggiarono da Gerusalemme sino in America, dopo l’unione delle dodici tribù e la prigionia in Babilonia. Difficile non ravvisare in questo dettaglio la fuga della Galactica e dei sopravvissuti all’attacco cylone che colpì le Dodici Colonie. Altrettanto mistico è il riferimento al pianeta perduto al centro della ricerca dei sopravvissuti, Kobol. Il nome è una derivazione di Kolob, che nel Libro di Abramo indica la stella più vicina al trono di Dio.

Parte di questa mitologia deriva dalle credenze egizie e fenice, che in Battlestar Galactica trovavano spazio anche nella definizione di dettagli particolari, come i caschi dei piloti, o le strutture viste in alcuni episodi. L’aspetto mistico e religioso di Battlestar Galactica si intrecciava con le influenze del pensiero di personalità quali Erich Von Däniken e Zecharia Sitchin, che condividevano la visione dell’umanità come figlia di un’evoluzione arrivata dallo spazio, iniziata quando in tempi antichi l’umanità venne in contatto con antichi progenitori provenienti dalle stelle.

Una visione particolare che culminava con il concetto delle Dodici Colonie e il viaggio in cerca della tredicesima colonia, che si concludeva con l’arrivo sulla Terra degli anni’ 80. Pur essendo una delle principali fonti ispiratrici di Larson, questa contestualizzazione religiosa non venne pienamente approfondita, ma solo marginalmente sfiorata in alcuni aspetti che non vennero pienamente raccolti dal pubblico del periodo. Si tratta di elementi fondanti della concezione di Battlestar Galactica, che trovarono una maggior definizione e contestualizzazione nel remake del 2004.

Battlestar Galactica 80

La chiusura di Battlestar Galactica, nonostante i bassi ascolti registrati verso il finale della serie ottenne di scontentare una folta schiera di appassionati, che non esitarono a subissare ABC di richieste per rimettere in programmazione la serie. Scelta che venne fatta dando vita ad una seconda stagione, decisamente low cost, che prese il nome di Battlestar Galactica 1980, ambientata qualche anno dopo gli eventi della precedente stagione e in cui venivano meno alcuni dei personaggi chiave, come Apollo e Starbuck

I risultati furono a dir poco catastrofici, condannando i dieci episodi che componevano Battlestar Galactica 80 ad essere per lungo tempo l’ultima avventura di Battlestar Galactica, prima di essere salvata dalla moda dei remake nel 2004.

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