Cloni e fantascienza, tre storie imperdibili

Tre storie di fantascienza dedicate ai cloni e alla clonazione, per capire a cosa servono nell'economia della narrazione.

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a cura di Alessandra Cristallini

Nota del curatore. Ben prima che il cuore della pecora Dolly cominciasse a battere, la fantascienza aveva cominciato a occuparsi di cloni e clonazione. Che è quanto ci si aspetta da storie che indagano sul presente guardando al futuro, prossimo o remoto che sia.

Il clone è diventato velocemente un topos, persino un archetipo, un preferito tra i ferri del mestiere per i cantastorie sci-fi. Ed è inevitabile che diventi strumento al servizio della narrazione distopica, che altro non è se non un metterci in guardia dal futuro possibile.

Oggi Alessandra Cristallini torna dunque su un tema che aveva già affrontato nel suo articolo su I Reietti dell'Altro Pianeta, offrendoci di nuovo il suo sguardo su un modo di vedere la realtà che è assolutamente fantascientifico e prevedibilmente spaventoso. Non può essere nient'altro un mondo in cui qualcuno può controllare la vita di qualcun altro in modo così chirurgico.

Il che lascia intendere che horror e fantascienza almeno ogni tanto ci dicono le stesse cose, toccano le stesse corde. A forza di insistere, magari, un giorno questo urlare servirà persino a qualcosa.

Buona lettura e alla settimana prossima

Valerio Porcu

Alessandra Cristallini

 Appassionata di fantascienza, si è laureata in letterature straniere con una tesi sulla traduzione della trilogia dello Sprawl di William Gibson. Ha pubblicato diversi racconti e il suo primo romanzo, L’ultimo Viaggio della Dnepro, scritto a quattro mani con Andrea Pomes, uscirà per Watson nel 2019. Il suo tumblr Fragments of a Hologram Dystopia, dedicato alla fantascienza, ha più di 38.000 followers.

Pezzi di ricambio

Se poteste avere dei “pezzi di ricambio” per il vostro corpo in modo da poterli sostituire in caso di incidente o malattia, sareste felici. Ma se questi pezzi arrivassero da vostri cloni, come la prendereste? Uccidereste una copia di voi stessi per sopravvivere?

La fantascienza si è posta questa domanda in più occasioni. Adesso verrebbe spontaneo di dire “perché creare questi drammi, basta fabbricare l’organo/il tessuto necessario in laboratorio a partire dal DNA e fine della storia.” Ciò farebbe crollare istantaneamente tutte le storie di cui parleremo, perciò pur essendone consci, mettiamola da parte. Concentriamoci su una domanda diversa. Che vita dovrebbero vivere questi cloni?

Cloni: il destino e la maschera in tre opere

La prima considerazione che viene da fare è: dovrebbero ignorare il proprio destino. Come i cloni che vediamo in Ricambi di M. Marshall Smith: il protagonista, Jack va a lavorare in una fattoria, luogo dove vengono tenuti questi “ricambi”, ossia cloni di persone ricche. I cloni non sono in condizioni diverse da animali: non parlano, sono analfabeti e vivono in condizioni igieniche quantomeno dubbie. A un certo punto Jack decide di insegnar loro a comportarsi come persone e non animali, e alcuni di loro imparano a parlare e a leggere. Ma quando arriva il personale medico per “prendere dei pezzi” da uno dei suoi cloni umanizzati (cosa che in questo caso ucciderebbe il clone) Jack non resiste e si ribella, scappando con i cloni dopo aver aggredito i medici.

Va un po’ meglio ai cloni di The Island, il film di Michael Bay del 2005. Non sanno nemmeno loro di essere cloni, credono di vivere in un mondo postapocalittico dove l’ambiente esterno è terribilmente contaminato, perciò non escono mai dalla struttura che li ospita. Le loro condizioni di vita sono comunque migliori di quelle dei cloni di Ricambi: è tristemente logico che dei cloni tenuti in vita per gli organi conducano una vita sana e atletica con una buona alimentazione. Ogni tanto qualcuno di loro vince una lotteria, e i vincitori vengono mandati sull’Isola, l’unico luogo rimasto abitabile sul pianeta. Lincoln-6-Echo, il clone protagonista, scoprirà che è tutta una menzogna assistendo accidentalmente alla morte degli ultimi due vincitori della lotteria, una donna in gravidanza (usata per la maternità surrogata, il che aprirebbe a riflessioni potenzialmente lunghissime) e un uomo a cui è stato asportato il fegato, entrambi uccisi dopo le operazioni necessarie.

Ai cloni di Non Lasciarmi di Kazuo Ishiguro le cose vanno diversamente. Crescono assieme nel collegio di Hailsham, in Inghilterra, dove ricevono un’istruzione e sono perfettamente consci del loro destino, al punto che nelle rare visite autorizzate al villaggio vicino cercano i loro “originali”, le persone di cui sono cloni, anche se non ne vedono mai uno. Sembra quasi un romanzo di formazione: Kathy, la protagonista, vive la vita di una normale ragazzina, ma a un certo punto diventa palese per il lettore e per lei e i suoi amici quale sarà il loro destino. Eppure non si ribellano. Le loro condizioni di vita sono anche migliori comparate ai cloni di The Island, qui Kathy e gli altri ricevono un’istruzione e sanno perfettamente a cosa vanno incontro, eppure non si ribellano. C’è solo un tentativo verso il finale, un tentativo che coinvolge il lettore pur essendo a ben pensarci patetico. Sanno leggere e scrivere, sanno guidare, sanno vivere nel mondo esterno, potrebbero teoricamente fuggire, eppure non lo fanno.

Con The Island la faccenda è diversa, perché la gente non sa che esistono i cloni: il dottor Merrick, a capo dell’azienda che li produce, ha sempre parlato ai ricchi acquirenti di colture cellulari e non di persone, che ritiene invece essenziali per formare organi efficaci. Giustificazione che sembra messa lì per prevenire l’inevitabile domanda del pubblico sul perché le colture di organi non bastino: meno costose, più facili, non richiedono segreti più o meno imbarazzanti… e al giorno d’oggi, non lontane dall’essere realizzabili. Man mano che procediamo con i tempi storie del genere sembrano sempre meno credibili da un punto di vista scientifico / tecnologico.

Al di là del fatto che il commercio di organi è ancora tristemente diffuso, l’obbiettivo in queste storie non è quello di aggiungere un tocco fantascientifico a una realtà di questo tipo, ma di lavorare di metafora.

Cloni, o l'imprevedibile lato distopico della realtà

Le tre storie hanno ambientazioni molto diverse, dal cyberpunk classico di Ricambi alla fantascienza hollywoodiana di The Island, arrivando al topos del “collegio nella campagna inglese” di Non Lasciarmi, che infatti non troverete nello scaffale fantascienza delle librerie, pur essendo un romanzo distopico e fantascientifico in tutto e per tutto.

Tutti e tre partono da un presupposto: esiste una categoria di persone che devono morire per consentire ad altri il loro stile di vita. E questa è una realtà di cui siamo consci, vivere nel cosiddetto primo mondo implica anche questo. Sappiamo che ci sono persone, spesso bambini o ragazzini, che faticano e muoiono per produrre le cose di cui abbiamo bisogno, dai vestiti a basso costo agli smartphone. Sappiamo che i ragazzini che raccolgono i semi di cacao non hanno mai assaggiato del cioccolato. Lo sappiamo e lo accettiamo, perché la nostra scelta è limitata in materia, o perché ignoriamo - non a caso - tutto ciò che c’è dietro ai processi di produzione di qualunque cosa, perché non abbiamo tempo o energie sufficienti per preoccuparci anche di questo. Siamo ingranaggi di un sistema, solo che stiamo in un punto più piacevole della macchina. Così è la vita, e tornare indietro sarebbe difficile.

Lo sa bene Jack di Ricambi, che sfida il sistema di cui è parte - dopotutto è un romanzo cyberpunk - ben conscio che si tratta di una battaglia impari che non vincerà mai, ma preferisce comunque combattere con quella tenacia classica da antieroe cyberpunk che lotta contro il sistema.

Il finale di The Island semplifica molto le cose, perché i cloni sono l’eccezione di uno scienziato senza scrupoli, non un elemento riconosciuto nella società: ripristinato l’ordine i cloni sono liberi e fine della storia.

Possono davvero fuggire i ragazzi di Non Lasciarmi? Materialmente forse, e magari uno o due di loro potrebbero davvero nascondersi in capo al mondo e vivere la loro vita. Ma non possono farlo tutti. Del resto ogni tanto qualcuno di noi prende e va in capo al mondo per una vita diversa ma insomma, non possiamo farlo tutti. Se i cloni di Ricambi sono una riflessione delle vittime del traffico d’organi e in generale di quelle persone sfruttate in parti del mondo più povere, i cloni di Non Lasciarmi siamo noi, assuefatti a una vita in cui lavoreremo fino alla morte, che facciamo una vita perbene, ma che alla fine siamo solo ingranaggi nella macchina manovrata da qualcun’altro. Così è la vita…

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