Discesa all’Inferno – Vol. 1: Il magazzino, recensione del para-noir di Ennis e Sudzuka

Discesa all'Inferno - Vol. 1: Il magazzino è il primo tassello del thriller horror di Garth Ennis e Goran Sudzuka, edito da Saldapress.

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a cura di Andrea Giovalè

Garth Ennis l’ha fatto di nuovo. Discesa all’Inferno è una “avventura” nel thriller più cupo e nichilista à la Punisher, un noir post-moderno che però, stavolta, fa da maschera all’horror puro. Due investigatori, tra True Detective e Mulder & Scully, alla ricerca di colleghi scomparsi entrano nel magazzino che titola il primo volume della saga. Presto, scopriranno di non essere affatto sicuri di poterne più uscirne.

La realtà, inquadrata da Goran Sudzuka con montaggi alternati e inquadrature rubati (con merito) al crime televisivo, è talmente orrorifica da permettere, sempre meno, di distinguere l’incubo materiale da quello soprannaturale. È una lenta discesa, anche qui con riferimento al titolo, che centra il nocciolo della questione. Fin dove può prostrarsi una società corrotta e delinquente, folle e violenta, prima che due garanti della legge, anche loro non certo immacolati, inizino a chiedersi se non si trovino all’inferno?

È una costruzione intelligente del brivido, tra weird e eerie, naturalmente tutta imbevuta di horror. Gli autori assaporano ogni momento, ogni gradino discendente prima che lo spettatore, da un certo momento in poi, mangi la foglia.

Allora le mostruosità si fanno più esplicite. Prima il disegno, la cui sintesi grafica non è delle più spaventose, si astiene volutamente dal mostrare il clou dell’azione, lasciando al lettore l’ingrato compito di riempire lo spazio bianco di sangue e budella.

Poi, invece, si pronuncia e preme l’acceleratore sull’immagine, al meglio delle sue capacità. Collabora in questa direzione anche il colore di Ive Svorcina, di Marveliana memoria.

Il risultato è un pizzico fuori bersaglio. Non aiuta sempre il testo, davvero molto presente. I personaggi sono affetti da una verbosità nevrotica, con dialoghi (oltre che sequenze) all’americana, e ciò fa parte del loro carattere. Se da una parte lo scontro latita spesso più del dovuto, di buono c’è che, quando arriva, non delude. Peccato che, a ogni modo, parte del giudizio si sospenda in attesa dei sequel. La conclusione del primo volume, però, è un cliffhanger non male.