Gojira, il Godzilla del 1954 è ancora il migliore

Godzilla è un film del 1954 che rappresenta molto di più che la semplice nascita del famoso mostro

Avatar di Omar Serafini

a cura di Omar Serafini

Nota del curatore: “testimone di un popolo” scrive Omar Serafini a proposito di Gojira, globalmente noto come Godzilla. È una qualità che hanno molti personaggi e molte storie, ma non è particolarmente comune nei cosiddetti monster movie, che tipicamente cercano di impressionarci per un paio d’ora ma ci lasciano poco su cui riflettere.

Il film del 1954 di cui parliamo oggi a Retrocult, invece, è di una razza diversa. Una sua lettura critica e analitica ci porta a vederlo più vicino a sforzi come Interstellar, o Essi Vivono o altri film Sci-Fi che cercano di essere sguardi critici sull’umanità.

E poi c’è la bomba, quella che ha generato così tanto dolore, che ci ha fatto spalancare gli occhi su noi stessi e su ciò di cui siamo capaci. Godzilla allora è una di molte opere, un’eredità ininterrotta che passa da Akira (Akira, estasi visiva e perfezione tecnica) e arriva forse fino a a Altered CarbonE se si guarda indietro ci porterebbe a Metropolis (Metropolis, ancora tra i migliori film di fantascienza) o a Rossumovi univerzální roboti, Dottor Jekyl e Mister Hide. Alle storie sul Male che possiamo essere, come specie e come individui.

Ancora una volta Gojira, dunque, è un “promemoria formato montagna”, non solo per ottusi cittadini statunitensi imbevuti di patriottismo dozzinale, ma per tutti gli spettatori. Serve a ricordarci che il Mostro siamo noi.

Buona lettura e alla settimana prossima

Valerio Porcu

Omar Serafini

Classe 1965, è laureato in Ingegneria Elettronica e in Scienze della Comunicazione, con una tesi sulla Storia e critica della filmografia di Godzilla del periodo Showa. Ha curato molti prodotti dedicati al genere kaiju eiga, e ha collaborato con Fantascienza.com, e Università dell'Insubria di Varese nell'ambito dei seminari Scienza & Fantascienza. Nel 2011 crea il podcast FantascientifiCast (Facebook – Twitter), già vincitore di diversi riconoscimenti. Potete seguire Omar su Twitter.

Arriva Gojira

La creazione di Godzilla è probabilmente uno dei pochi e rarissimi casi in cui una nazione è riuscita a incarnare in un personaggio cinematografico la consapevolezza della propria (drammatica) memoria storica. Alla sua nascita infatti ha concorso la coscienza collettiva del Giappone: la paura, la memoria e la fantasia di questo popolo hanno evocato dalle acque della baia di Tokyo un messaggero di distruzione, che riassume nella sua mole agghiacciante l'incubo meno recondito che il popolo nipponico possa covare dopo Hiroshima e Nagasaki: quello atomico.

Testimone di un popolo

Un dio di squame e zanne, un idolo di radioattivo potere: Godzilla solo apparentemente è un mostro; non è potere fine a se stesso, perché le energie che fluiscono sotto la sua pachidermica cute sono le stesse sbocciate in due funghi di atomica devastazione nel 1945, e che fecero trasalire d'orrore il mondo intero.

Duecentomila anime si sciolsero nel respiro stesso di quell'esplosione quando la città di Hiroshima venne spazzata via dall'onda d'urto, dalla potenza di un “male necessario” che pose fine a una guerra. La guerra finì, le radiazioni rimasero e con esse il ricordo. Il Giappone esorcizza da allora il male col male attraverso le fantasie allucinate dei suoi narratori, regalando nuovi incubi alle generazioni future del mondo.

Nel 1954 sulle nipponiche angosce di fine millennio si erse forse un rettile, forse un dinosauro: è la creatura chiamata Godzilla, che supera per importanza i mostri di tutte le produzioni cinematografiche dell'epoca e oltre. Niente a che fare con King Kong, gorillone rassicurante e facilmente eliminabile.

Godzilla, alla sua prima apparizione sul grande schermo, inquietò la platea, consapevole che oltre alla spettacolarità delle scenografie e delle immagini non si trattava di uno spettacolo di intrattenimento: il gigante atomico è il testimone di un popolo, che illustra al mondo il passaggio sulla terra della violenza, di una natura stuprata che urla il proprio desiderio di vendetta.

L'alito della creatura investe le case, gli uomini e i loro sogni: una spaventosa livella sociale che appiana ogni differenza con la morte. Tutto si sgretola, diventa polvere, e solo il silenzio contrappunta il suo operato. Così è nato il più popolare e amato kaiju (letteralmente “mostro”) giapponese, subito risorto dopo il primo e insuperato raid su Tokyo, nella cui baia aveva trovato la morte in compagnia di un folle scienziato e della sua macchina distruttrice d'ossigeno. Il commercio e il fanatismo hanno avuto ragione sulla morte e sul tempo, e la montagna vivente seconda per imponenza solo al Fuji ha di nuovo spalancato le fauci, per affrontare con un ringhio nuovi, terribili e talvolta tragicomici avversari.

Storia e produzione

Il “primo” Godzilla è un capitolo a sé stante nella produzione Toho dedicata al Re dei Mostri. Quanto abbiamo detto finora è valido solo per questa pellicola, carica di messaggi e lontana dalla commercializzazione (e conseguente svilimento delle tematiche) dei film seguenti, che abbisognano della creazione di sempre nuovi avversari per impegnare il pubblico e lo stesso Godzilla in scontri titanici: nonostante la bellezza e la perfezione formale di molte avventure (ma non di tutte) del nostro bestione atomico, il film del 1954 rimane ancor'oggi insuperato.

La vita dei pescatori della baia di Tokyo è turbata da eventi inquietanti: un peschereccio viene misteriosamente inghiottito dal mare e solo pochi membri dell’equipaggio riescono a salvarsi per testimoniare la tragedia. Alcuni dei sopravvissuti hanno riportato orride ustioni, prodotte da una non ben precisata attività radioattiva. Sull’isola di Odo un’antica leggenda narra di un mostro chiamato Gojira. Gli abitanti ne preannunciano la presenza e di lì a poco Gojira appare sull’isola, devastando il piccolo villaggio di pescatori. Gli scienziati giapponesi si interrogano sull’accaduto e il governo invia sull’isola un gruppo di esperti a indagare, tra cui il paleontologo Yamane, che prende con sé un ragazzo di 17 anni, Shinkichi, rimasto orfano durante l’incursione notturna del mostro. Il governo prende in esame il caso e decide di distruggere la creatura. Alla sua comparsa nella baia di Tokyo, l’esercito lo attacca con bombe di profondità, ma il piano non ha successo. Gojira emerge dal mare e si dirige verso la capitale distruggendo ogni cosa ostacoli il suo cammino. Yamane classifica la creatura come un dinosauro sopravvissuto all’estinzione e mutato dalle radiazioni nucleari. Il buon dottor Yamane ha una deliziosa figlia, la giovane Emiko, promessa sposa allo scienziato Daisuke Serizawa, un uomo tormentato dalla coscienza del potere devastante della sua scoperta, l’Oxygen Destroyer. L’uomo non ha tempo per nulla se non per il proprio lavoro, che lo assorbe totalmente: trascura la bella Emiko, che ormai da un po’ di tempo è innamorata segretamente dell’affascinante Video Ogata, un giovane ufficiale della marina di sua maestà imperiale. Gojira nel frattempo si prepara al secondo raid su Tokyo, mentre l’esercito si rivela impotente agli attacchi della bestia. Ogata, venuto a conoscenza dell’esistenza dell’Oxygen Destroyer, fa pressione su Emiko perché convinca lo scienziato a impiegarlo contro Gojira. Dopo ripetuti rifiuti, Serizawa accetta: l’apparecchio viene posato sul fondale della baia, dove riposa il mostro: una volta azionato il meccanismo genererà una reazione chimica che sottrae l’ossigeno al mare e dissolve i tessuti organici di ogni creatura che si trovi nel raggio di molte miglia. Di Gojira ora non resta che un cumulo di ossa, e insieme a lui, scompaiono anche Serizawa e la sua temibile macchina, che lo scienziato trascina con sé sul fondo del mare, azionandola personalmente.

L’ispirazione per Gojira venne dall’incidente del peschereccio giapponese Fukuryu Maru (ironicamente significa “Dragone Fortunato”) che il 1 marzo del 1954 accidentalmente sconfinò nelle acque interdette alla navigazione dell’atollo Bikini dove gli americani stavano collaudando la potenza di una serie di testate nucleari di nuova concezione (sopra a tutte la bomba Castle Bravo).

Al suo rientro in Giappone, l’equipaggio venne colpito da una strana malattia dovuta a intossicazione da radiazioni, e uno degli uomini morì, presto seguito dagli altri cinque compagni. Il paese cadde nel panico, i tonni pescati nelle ultime settimane furono ritirati dal commercio, perché si temeva che potessero esser stati contaminati. La stampa giapponese commentò l’accaduto come “il secondo bombardamento atomico alle spese dell’umanità”.

Nell’aprile del 1954 Tomoyuki Tanaka, il produttore esecutivo della casa cinematografica Toho, fu talmente impressionato da questa notizia e dal B-Movie statunitense Il risveglio del dinosauro (1953) che volle investire il più possibile in una nuova pellicola, provvisoriamente intitolata Daikaiju No Kaitei Niman Maru (“Il grande mostro venuto da 20.000 miglia sotto i mari).

Verso la metà di aprile, il progetto fu approvato e i dirigenti della Toho abbandonarono la co-produzione indonesiana Eiko Kage-Ni / Beyond The Glory (marzo 1954), la serie cinematografica di guerra diretta da Senkichi Taniguchi (autore di Daitozoku, 1963). A quel punto si affidò l’idea allo scrittore di fantascienza Shigeru Kayama che tracciò una bozza del soggetto (in seguito lo script di Kayama divenne un romanzo di successo), intitolato “G”, che stava per “giant” (“gigante”).

Successivamente il “progetto G” venne approvato, e la stesura definitiva passò allo sceneggiatore Takeo Murata e al regista Ishiro Honda. Ishiro Sato suggerì di intitolare il film Gojira, come il soprannome affibbiato ad un corpulento tecnico della Toho, un gioco di parole che fonde i vocaboli (go)rilla e ku(jira) cioè balena. Gli effetti speciali vennero affidati ad Eiji Tsuburaya, che aveva già lavorato per la Toho e per altre compagnie cinematografiche, mentre la colonna sonora toccò al compositore di successi Akira Ikufube.

A “interpretare” Gojira fu chiamato Haruo Nakajima, un ventenne dal fisico robusto, già attore in alcuni film di samurai. Nonostante la prestanza dell’attore, il costume pesava ancora troppo (circa 100 chili), e pur con alcuni fili nascosti che ne facilitavano il movimento fu necessario costruire un nuovo modello del mostro, più leggero. Il costume definitivo pesava alla fine poco più di 50 chili ma per Nakajima era egualmente una vera e propria tortura: all’interno, naturalmente, non c’era alcuna ventilazione e il caldo dei riflettori era insopportabile.

Figurarsi poi quando la gigantesca creatura doveva camminare sotto il fuoco costante degli effetti pirotecnici: si racconta che il povero Haruo fosse talmente esausto da non poter uscire dal costume e che dalla gommapiuma si potevano estrarre intere tazze di sudore. Inoltre le riprese richiedevano molte pause per impostare i set (alquanto complicati), perciò fu assunto Katsumi Tezuka per sostituire l’attore quando non riusciva più a reggere lo stress. Ma nonostante il calo di peso (circa 18 chili), le vesciche e i crampi muscolari, Nakajima restò l’interprete per eccellenza di Gojira e di numerosi mostri Toho fino al 1972.

La pellicola entrò in produzione il 5 luglio 1954, con già alle spalle due anni di pre-produzione, mentre la trama venne sintetizzata via radio in un programma settimanale che durò dal 17 luglio al 25 settembre di quell’anno, vale a dire per quasi tutta la durata della lavorazione del film, cioè 122 giorni di intenso lavoro. La pellicola riscosse un notevole successo soprattutto per le performance di Takashi Shimura nella parte del dottor Kyohei Yamane e per gli effetti speciali di Tsuburaya: si calcolò un’audience di 9.610.000 spettatori.

Anche se i ruoli dei personaggi ricordano i topos dei film di fantascienza degli anni 50, l’eccentrico paleontologo Yamane (Takashi Shimura), suo figlia Emiko (Momoko Kochi) e il suo ragazzo Hideto Ogata (Akira Takarada), non agiscono secondo schemi standardizzati.

Ogata non è il classico eroe muscoloso e prestante, ma un personaggio credibile. La parte centrale della vicenda si articola sul delicato equilibrio tra Ogata ed Emiko. Degna di nota è l’interpretazione di Akihiko Hirata (lo scienziato Serizawa), una parte che in principio era stata affidata da Takarada (Ogata), i ruoli erano esattamente invertiti secondo i voleri di Honda, che già aveva fatto lavorare Hirata nella sua precedente pellicola Saraba Rabaru, sempre del 1954. La tensione che permea il film nasce dalla straordinaria atmosfera di realismo, dovuta al taglio documentaristico di molte scene (si pensi alle sequenze girate all’ospedale, che trasmettono con veridicità la tragedia e la gravità della situazione) come confermato da Honda in più di un’intervista: “Considero i miei film dei documentari”. Honda era determinato nel rendere il più realisticamente possibile la tragedia della vittime di Hiroshima e Nagasaki.

Contrariamente al Giappone, il pubblico statunitense in un primo momento non gradì il film, la stampa non fu pienamente convinta della qualità, infatti il The New York Times lo definì “…un film incredibilmente terribile”, e su altre testate il giudizio non fu più favorevole.

La versione USA

Nel 1955, il film venne proiettato negli Stati Uniti al Toho LaBrea Teather di Los Angels. Alex Gordon e Samuel Z. Arkoff pensarono che il film sarebbe stato un lancio sensazionale per la loro nuova casa di produzione American Releasing Corporation (che alcuni anni più tardi sarebbe diventata la celebre American International Pictures). Negoziarono con gli uffici della Toho, offrendo 12.500 dollari per la pellicola (rinominata dalla Toho per la distribuzione estera Godzilla, King Of The Monster).

Gordon e Arkoff scoprirono ben presto che il film era già nelle mani di Edmund Goldman, capo della ditta d’importazione Embassy il cui legale aveva negoziato l’esclusività direttamente negli uffici principali della Toho a Tokyo. In una recente intervista Arkoff ha dichiarato che se l’esclusività fosse andata alla sua compagnia (Releasing Corp.), avrebbe comunque rimaneggiato la pellicola per adattarla al pubblico statunitense, inserendo scene con un attore americano in auge ai tempi. Goldman cedette il film e Joseph E. Levine della Transworld Pictures. Nella versione americana sostituirono la parte interpretata dall’attore Sachio Sakai (il giornalista Hagiwara), con quella di un reporter americano (Raimond Burr), che narra il film come una cronaca.

Il noto attore, il malvagio Thorwald de La finestra di fronte di Alfred Hitchcock, divenuto celebre con la serie televisiva Perry Mason, interpretò il corrispondente straniero Steve Martin della United News di Chicago. Tutte le scene americane furono girate da Terry Morse in un solo giorno: questo mediocre regista è responsabile, insieme a Guy Roe, del rimaneggiamento della pellicola.

Il tema d’apertura e quello dei titoli di coda di Ifukube vennero rimpiazzati con banali musiche di repertorio americane, ricavate per lo più da precedenti film catastrofici e simili, prive della maestosa solennità dell’originale del compositore nipponico.

L’anteprima della versione americana venne proiettata il 27 aprile 1956, in double-bile con Donne pantere (1950) di Gregg C. Tailas. Nessun credito è disponibile per quanto riguarda l’occidentalizzazione, eccezion fatta per Morse e Roe: il film fu tagliato in più parti, per poter introdurre a forza nel montaggio le ridicole immagini di un attore, Raimond Burr, che a malapena sapeva da che parte guardare mentre cercava, con risultati a dir poco risibili, di rendere credibili con “sguardi magnetici” la sua partecipazione al film e alla catastrofe che incombeva sulla città di Tokyo.

La pellicola nella versione originale doveva rappresentare, fuori di ogni dubbio, uno schiaffo morale non indifferente per l’opinione pubblica americana, da sempre convinta di incarnare un esempio di morale e correttezza mai mantenute, se non nei suoi aspetti più deleteri. La macellazione dell’opera di Honda e Tsuburaya si imponeva allora non per una sostanziale differenza di linguaggi che l’americano medio non avrebbe potuto comprendere, ma per evitare che un esplicito atto d’accusa gravasse sulla personalità multifobica del già citato americano medio.

La responsabilità di un orrore come quello atomico è infatti un angosciante luogo oscuro della coscienza dell’America, che al pari dei conflitti in Corea e Vietnam ha elegantemente archiviato e dimenticato: un promemoria formato montagna come Godzilla, a solo nove anni di distanza dalla conclusione della guerra, era osare veramente troppo, così ecco che l’escamotage del reporter Steve Martin è la perfetta occasione per trasformare un film documento in un’avventura, vista per l’ennesima volta attraverso gli occhi di un americano, che, testimone della tragedia abbattutasi su Tokyo, non può di conseguenza essere responsabile di alcunché di negativo, anzi, rientra di diritto fra i “buoni”, nel pieno rispetto del più puro America Way of Life Style.

La versione italiana

La prima versione approdata in Italia era quella statunitense, distribuita dalla Paramount in esclusiva per la Documento Film; a distanza di vent’anni (1977), il regista Luigi Cozzi (conosciuto in Italia per il suo Scontri stellari oltre la terza dimensione, con protagonista l’allora giovanissimo David Hasselhoff, prima del successo dei vari Supercar Baywatch) effettuò un ulteriore rimontaggio dopo quello statunitense, aggiungendo spezzoni presi da documentari catastrofici e film, quali Il risveglio del dinosauro, Il Re dei Mostri, Kronos - Il conquistatore dell’universo, …E la Terra prese fuoco. Il risultato è un ulteriore rimaneggiamento della già martoriata pellicola, che però non perde di mordente e stranamente incupisce le atmosfere che Morse e compagni avevano smorzato. La laicità di questo intervento è alquanto discutibile e unica nel suo genere perlomeno in Italia. Come non bastasse, la pellicola perse nella seconda edizione il suo classico bianco e nero per essere ricolorata da Armando Valcauda, abituale collaboratore di Cozzi.

Credits

Titolo originale: ゴジラ (Gojira) - Distribuzione: 3 novembre 1954 - Nazione: Giappone – Genere: kaiju eiga – Durata: 98′ (b/m, sonoro) – Produttore esecutivo: Tomoyuki Tanaka – Soggetto: Shigeru Kayama – Sceneggiatura: Ishiro Honda, Takeo Murata - Regia: Ishiro Honda - Fotografia: Masao Tamai - Direttore artistico: Takeo Kita - Scenografia: Satoshi Chuko, Takeo Kita - Registrazione sonoro: Hosashi Shimonaga - Luci: Choshiro Ishii - Musiche: Akira Ifukube - Regia effetti specialo: Eiji Tsuburaya - Fotomontaggio: Hiroshi Mukoyama - Direttore artistico effetti speciali e design Gojira: Akira Watanabe - Luci effetti speciali: Kuichiro Kishida - Assistente fotografia effetti speciali: Teisho Arikawa, Yukio Kobashima, Yoichi Manoda - Assistente regia: Koji Kajita - Montaggio: Yasunobu Taira - Effetti sonori: Ichiro Sanjo - Dirigente produzione: Teruo Maki - Supporto produzione: Hoancho Kaijo - Casa di produzione: Toho Eiga - Altre edizioni: Kaiju O Gojira (Gojira il re dei mostri) - 29 maggio 1957 - versione USA sottotitolata in giapponese.

Retrocult è la rubrica di Tom's Hardware dedicata alla Fantascienza e al Fantastico del passato. C'è un'opera del passato che vorresti vedere in questa serie di articoli? Faccelo sapere nei commenti oppure scrivi a retrocult@tomshw.it.

Retrocult torna la settimana prossima!

Il cubo di rubik è una grande idea per ogni occasione. Puoi ora risolverlo online con il sito del solver.