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Il re che fu, il re che sarà. Recensione di un classico fondamentale

Il re che fu, il re che sarà è uno dei libri di narrativa fantastica più importanti del '900. In questa recensione vi spieghiamo perché.

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Avatar di Mabelle Sasso

a cura di Mabelle Sasso

Pubblicato il 06/07/2021 alle 10:30

L’arrivo dell'estate è il momento dell’anno in cui librerie ed editori celebrano il piacere di leggere, preferibilmente in ferie, con numerose novità. Tra queste, vi segnaliamo la riedizione completa de Il re che fu, il re che sarà, conosciuta anche come il Ciclo del Re in eterno, ad opera di T.H. White: la più celebre rivisitazione moderna del mito di Re Artù, nonché uno dei classici immortali della letteratura moderna, edito in Italia per la collana Oscar Draghi di Oscar Vault di Mondadori.

Abbiamo avuto il piacere di immergerci nelle Camelot di White e nelle sue atmosfere cavalleresche di altri tempi. Di seguito potete leggere le nostre considerazioni su questa pietra miliare della narrativa moderna.

Il Volume di Mondadori

Il re che fu, il re che sarà. Il ciclo completo del Re in eterno è un volume che porta avanti l’ormai ben stabilita tradizione di Oscar Vault di presentare volumi curati sia nell’adattamento che nell’estetica, in grado di dare lustro alle librerie di ogni appassionato, anche grazie alla loro semplice presenza sugli scaffali.

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Elementi distintivi come le pagine colorate o la grafica arricchita magari da illustrazioni evocative, sono tutti aspetti in grado di far vibrare le corde dei bibliofili, che ritroveranno un rifugio sicuro anche negli aspetti sensoriali, tattili, visivi e olfattivi del tomo. La bellezza esteriore di questo oggetto ci ha stregato con la sua veste color uovo di pettirosso, capace di attirare l’attenzione al pari di una fuoriserie nuova fiammante. La copertina italiana ripropone in italiano la più celebre copertina anglosassone, immortalata anche nel secondo capitolo cinematografico degli X-Men, quando l’opera di White viene letta in prigione da Magneto (Ian McKellen).

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Nonostante il nostro entusiasmo per l’aspetto estetico di questo volume vogliamo anche raccontarvi il rovescio della medaglia, ossia ciò che in questo oggetto ci ha intimidito maggiormente e deluso di più. Il re che fu, il re che sarà è un libro imponente, di oltre 700 pagine e di grandi dimensioni (25 x 17,5x 6 cm): ciò lo rende inadatto al trasporto e alla lettura da viaggio, a causa anche del peso (circa 1,5 kg). A complicare ulteriormente le cose però vi è la qualità della copertina, o meglio della sua struttura, davvero troppo fragile per un volume di questo peso; come si può vedere nella nostra copia in corrispondenza della cosiddetta cerniera, questa purtroppo ha riportato diversi danni durante la spedizione.

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Per i collezionisti più esigenti si tratta di uno scenario inconcepibile, tuttavia per noi è bastato applicare un po’ di nastro adesivo per rinforzare la struttura della copertina. A lettura ultimata, riteniamo che quanto successo alla nostra copia sia quasi una metafora delle drammatiche vicende della vita di Re Artù e degli altri personaggi che animano questa saga.

Il Ciclo Bretone nel tempo

T.H. White è stato uno degli autori che nel ‘900 del secolo scorso ha ripreso in mano il mito Arturiano riportandolo in auge e rinnovando un interesse che dalla sua opera non si è mai più spento, come testimoniano le successive opere letterarie come il Ciclo di Avalon di Marion Zimmer Bradley o le produzioni cinematografiche da Excalibur di John Boorman, al recente King Arthur - Il potere della spada di Guy Ritchie.

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D'altronde il Ciclo Bretone, o Arturiano, si è sempre prestato a riscritture, interpretazioni e innovazioni, nel corso degli oltre mille e duecento anni: dai poemi gaelici del settimo secolo passando dall’opera di Goffredo di Monmouth del 1100, per poi approdare nella ricca tradizione degli scrittori francesi del 1200 che introducono elementi canonici come il tradimento di Ginevra e Lancillotto e il Sacro Graal. Di tutte queste opere sicuramente quella che più ha ispirato White è Le Morte d’Arthur, l’opera in cui Thomas Malory alla fine del 1400 reinterpreta, modifica e cuce abilmente racconti gaelici, normanni e francesi in un’unica opera organica, che sarà poi fondamento di ciò che anche noi consideriamo comunemente mito Arturiano.

Il re che fu, il re che sarà. Anatomia di una saga

Come accennato in precedenza il volume edito da Mondadori raccoglie l’intera opera di White: edita a partire dal 1938, la serie subì nel tempo diverse modifiche, arrivando alla sua forma definitiva soltanto dopo la morte dell'autore, con la pubblicazione postuma del quinto libro, Il libro di Merlino, compreso nell’edizione di Mondadori.

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All'interno del volume troviamo quindi: La spada nella roccia, La regina dell'aria e delle tenebre, Il cavaliere malcreato, La candela nel vento e Il libro di Merlino. Le cinque parti della saga si concentrano su eventi chiave del mito Arturiano. Ogni libro si conclude con la presenza di una illustrazione evocativa a cui poi segue un’intestazione che introduce il racconto successivo.

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La spada nella roccia, il primo libro, racconta del giovane Artù, soprannominato Wart, che, attraverso gli insegnamenti del suo precettore Merlino, scopre un mondo vasto e complesso e comprende il ruolo del buon sovrano.La regina dell'aria e delle tenebre segue il giovane Re e inizia a delineare alcuni eventi chiave che porteranno alla fondazione dei Cavalieri della Tavola Rotonda e che saranno, purtroppo, anche i semi della caduta del sogno di Camelot.Il cavaliere malcreato racconta di Lancillotto, il miglior cavaliere di Artù, della regina Ginevra e del triangolo amoroso di questi personaggi.La candela nel vento è l'atto finale di questa tragica saga e illustra la caduta di Artù per mano di Sir Mordred, suo figlio illegittimo, e la fine degli ideali legati a Camelot e al suo sovrano.Per concludere Il libro di Merlino racconta le ultime ore di Artù prima della battaglia finale e gli epiloghi di Ginevra e Lancillotto.

Perché l’opera di White è eterna?

Il libro è importante perché definisce la concezione del mito Arturiano nell’epoca moderna, sviluppando e ripensando le varie narrazioni del mito che si sono susseguite nei 1000 anni precedenti. White utilizza volutamente uno stile di scrittura personale, caratterizzato da anacronismi e dalla rottura della quarta parete come strumento per rafforzare la narrazione, adattandola al lettore contemporaneo.

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Tra tutti i libri della saga, La spada nella roccia è quello più conosciuto, poiché da questo romanzo nella sua edizione più ingenua del 1938, Disney trasse il classico animato dallo stesso nome. La spada nella roccia si distingue dagli altri libri della serie per il suo taglio fiabesco, leggero e ricco di elementi buffi e divertenti, che lo rendono adatto anche a lettori più giovani, i quali, anacronisticamente, potranno trovare analogie stilistiche con opere più recenti quali Harry Potter o altri romanzi fantasy young adult.

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Vi è quindi una demarcazione netta tra il primo libro e i restanti quattro, dove le atmosfere e le vicende si fanno via via più cupe e adulte nei toni, con un sentimento di ineluttabilità che si fa strada con lo scorrere delle pagine. White infatti porta avanti un’epica basata su istanze universali dell’uomo, attualizzate al contesto storico a lui contemporaneo: ecco quindi che tra le pagine del libro è possibile cogliere riferimenti alle atrocità delle due guerre mondiali e a un’idea di politica moderna in cui il diritto si contrappone alla forza bruta. Il re che fu, il re che sarà è una serie carica di significati che vuole sondare gli aspetti filosofici e morali della natura umana, attraverso una narrazione focalizzata interamente sui suoi personaggi che, pur leggendari, sono definiti in modo estremamente umano da limiti, contraddizioni, difetti e fallimenti.

In conclusione

Il ciclo completo del Re in eterno non è un libro per tutti: si tratta di un testo complesso, in cui le azioni, spesso anche molto efferate e disturbanti, compiute dai suoi protagonisti portano a conseguenze drammatiche. Il senso di ineluttabilità che pervade la quasi totalità della vicenda potrebbe quindi turbare i lettori più sensibili o coloro che sono alla ricerca di letture più leggere e disimpegnate.

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Ma allora perché è importante leggere questo libro? Re in Eterno è un’opera seminale le cui pagine costituiscono le fondamenta dei lavoro degli autori che hanno tratto dalle sue pagine nutrimento per le loro menti. In questo senso la lettura di questa saga è uno strumento indispensabile per accrescere sia la conoscenza del genere fantasy, sia un tassello fondamentale all’interno della comprensione dei molteplici significati del mito Arturiano. Il capolavoro di White potrebbe essere quindi una grande opportunità per avventurarsi su un sentiero diverso dal fantasy classico ma moderno e molto lontano da una certa comfort zone letteraria.
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