Intervista a Simone Di Meo: da Torino alla Marvel

Simone Di Meo ha iniziato giovanissimo a lavorare nel panorama del fumetto italiano e americano, partendo da Topolino, per arrivare fino a Marvel e BOOM Studios, guadagnandosi un posto sempre più grande all'interno del settore.

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a cura di Lorenzo Ferrero

Simone Di Meo ha iniziato giovanissimo a lavorare nel panorama del fumetto italiano e americano, partendo da Topolino, per arrivare fino a Marvel e BOOM Studios, guadagnandosi un posto sempre più grande all'interno del settore. Oltre che un disegnatore di talento, Simone è una persona intraprendente e sicura di se, sempre pronto a migliorarsi per raggiungere l'eccellenza in ogni suo prodotto. Noi l'abbiamo incontrato nel suo studio a Torino e ci abbiamo fatto due chiacchiere, a qualche settimana dal suo ritorno dal New York Comic-Con, in veste di ospite all'artist alley della fiera, in cui era in vendita un volume esclusivo del suo nuovo lavoro: Power Rangers VS TMNT.

Ciao Simone! Com'è andata a NY?

E' andata molto bene! Sono 5 anni che vado e oramai lo stress e l'ansia del “cercare lavoro a tutti i costi” sono praticamente spariti. Sono già 2 anni che vado lì, mi siedo al mio tavolo in artist alley e lavoro, senza più il problema di dover mostrare il mio port-folio a più editori possibili, visto che le mie opere si possono trovare anche in fumetteria. Dopo anni, devo ammettere che fa piacere!

Ti senti più tranquillo?

Di certo una volta finito il Comic-Con posso tornare a casa senza la preoccupazione di non aver lasciato i miei lavori a nessuno. Diventa quasi una pausa dal solito lavoro in studio, quasi una vacanza. Quindi sì, sono decisamente più tranquillo.

Ci sono tipi di progetti su cui lavori più volentieri di altri?

Dipende. Ogni progetto è diverso e, al momento, ho fortunatamente la possibilità di lavorare a ciò che mi piace, a differenza di quanto facevo all'inizio. Come in tutti lavori artistici, quando sei alle prime armi devi accettare un po' tutto quello che ti arriva, per fare la famosa “gavetta” e anche per farti un po' vedere; alla fine è sempre lavoro. Adesso che c'è qualche richiesta in più, posso permettermi di valutare più aspetti: se il progetto è importante, se è una cosa che mi interessa e soprattutto se mi divertirò a farlo, perchè il mestiere di fumettista richiede molte, moltissime ore con la testa china a lavorare, lavorare e lavorare e se non ti appaga ciò che stai facendo, diventa un problema.

A coloro che si stanno affacciando adesso sul panorama professionistico consigli un approccio simile?

Non vedo una strada diversa, sinceramente. Soprattutto agli inizi, è bene cogliere ogni opportunità che ci si para davanti, in modo tale da poter esporre il proprio talento e i propri lavori in ogni vetrina possibile; anche perchè le bollette le dobbiamo pagare tutti. Poi, una volta che si ha dimostrato che si è in grado di lavorare come si deve e si ricevono più proposte, si può valutare quella che è più affine al proprio stile, al proprio umore e al proprio gusto.

Ora che sei arrivato qui, ripensando al passato, ti ci vedi a fare qualcosa di diverso?

Ogni tanto si. Ci pensi soprattutto quando sei stanco e magari sei da ore sulla stessa tavola e allora nella tua testa dici:”Cavolo, basta! Vorrei fare altro, ne ho la nausea!”. Poi però il giorno dopo ti svegli, riguardi quello che hai fatto il giorno prima e pensi:”No dai, è questo che voglio fare. E' figo!”. Ho tanti sogni che non riguardano il fumetto: come il cinema ad esempio, che è una cosa che prima o poi vorrei fare.

Si capisce che ami il tuo lavoro anche da alcuni tatuaggi che hai...

Ne ho tanti! (ride) Perchè agli inizi, il mio intento era di tatuarmi qualcosa che rappresentasse ogni singolo lavoro che avrei fatto, così ho iniziato con la firma di Walt Disney sul polso, il giorno che mi han preso su Topolino; ho anche la scritta Marvel sulla coscia e tanti altri, ma mi son dovuto fermare perchè i lavori iniziavano a diventare davvero troppi e, per quanto mi piacciano i tatuaggi, non mi sembra il caso, diventa impossibile!

Quindi a New York hai avuto la possibilità di “aggiungere altri tatuaggi”?

Sì, ma non posso dirti nulla. Faccio il prezioso! (ride)

Neanche un'anticipazione?

Posso dirti che nel 2020 partirà un progetto “Creator Owned” al quale tengo molto, ma ho la bocca cucita.

Cosa si intende per “Creator Owned”?

In America, oramai, è diventato quasi “di moda” ed era una cosa che faceva solo la Image. In pratica, un progetto “Creator Owned” avviene quando un disegnatore e scrittore vanno da un editore e gli propongono una loro idea; se viene approvata, si inizia a lavorarci. Una volta che la storia esce, in base alle vendite, la casa produttrice si tiene una percentuale e il resto va agli ideatori. E questo era il modo in cui gli autori riuscivano a smarcarsi dai grandi produttori. Grazie a questo tipo di progetti, ognuno ha la possibilità di fare fondamentalmente quello che vuole, se l'idea è buona.

Ad Agosto, è uscito negli States "Venom Annual", scritto da Ryan Cady e disegnato da te. Parlacene un po'!

Innanzi tutto, ci tengo a precisare che Venom è uno dei miei personaggi preferiti e avrei sempre voluto disegnarlo, perchè adoro disegnare anatomie “deformed”, mostri e affini, e quando mi è stato proposto, non ho potuto rifiutare! Questo volume si distacca dalla continuity attuale, infatti fa parte di una serie di “progetti paralleli” dedicati ai simbionti, che al momento stanno andando davvero forte, soprattutto grazie all'evento a loro dedicato sulle pagine di Venom, “Maximum Carnage”. La storia fa parte di un mini-evento chiamato “Acts Of Evil”, un omaggio alla saga originale degli anni 80 intitolata “Acts Of Vengeance”, in cui ogni numero è un one-shot dove nemici che non si sono mai incontrati si scontrano tra loro. In questo caso, il simbionte si scontrerà contro Lady Hellbender, una cacciatrice di taglie spaziale nata dalla penna di Greg Pack e dalle matite di Frank Cho, in un'ambientazione molto cupa e dalle atmosfere “alla Alien”.

Cosa cambia dal lavorare su un numero di una serie regolare?

In questo tipo di storie, sei libero di dare un'interpretazione personale ai vari personaggi, proprio perchè si distaccano dalla serie regolare. Così ho potuto creare un design di Venom unico, qualcosa che ne rappresentasse la mia visione personale ed è stato davvero molto figo poterlo fare.

Molto spesso, i fumetti sono definiti come “una cosa da ragazzini”, a differenza magari di un film o di una serie TV, nonostante siano comunque intrattenimento e siano fruibili da tutti. Secondo te, perchè c'è ancora questa convinzione?

Credo che sia principalmente ignoranza. Anche perchè buona parte delle volte, le persone che dicono una cosa del genere non hanno mai letto un fumetto e non hanno la minima intenzione di farlo purtroppo, e chi l'ha fatto, magari, si è fermato a Topolino da ragazzino, senza rendersi però conto di quanto riesca a trasmettere Topolino stesso e di quanto lo abbia formato nel tempo.

Che differenze ci sono tra una lettura a fumetti e una serie TV?

La grossa differenza è che il fumetto è un intrattenimento attivo: ognuno di noi può leggerlo a proprio modo, con i propri tempi, il proprio ritmo; devi fisicamente uscire e andarlo a comprare, devi cercarlo, trovarlo. E soprattutto, lo devi leggere, non puoi usufruirne passivamente; richiede quindi uno sforzo maggiore che buona parte delle persone non vuole fare. Questo è anche uno dei motivi per il quale la gente legge sempre meno libri, perchè non ha voglia di sforzarsi, non ha voglia di fare quel passo in più. In più, se ci pensate, una storia ha potenzialità infinite che non sono legate al budget: tu da solo puoi letteralmente raccontare una storia immensa semplicemente con carta e penna. Ed è una cosa incredibile che, purtroppo, non tutti sono in grado di comprendere.
Potete leggere, in formato kindle e in inglese, il Venom Annual disegnato da Simone acquistandolo su Amazon a questo link.