Le Grandi Storie Marvel: La Guerra delle Armature

Le Grandi Storie Marvel: La Guerra delle Armature, Iron Man e il duro peso dell'eroe.

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a cura di Manuel Enrico

“Hanno rubato i suoi segreti…e ora è guerra” quando i lettori Marvel si trovarono davanti a questa presentazione, fu subito chiaro che Iron Man stava per affrontare uno dei suoi momenti più duri, un evento che avrebbe per sempre cambiato la sua esistenza. Ed è innegabile che le due saghe di La Guerra delle Armature siano stato centrali non solo nel dare una nuova, drammatica avventura a un già tormentato Tony Stark, ma anche a rendere Iron Man finalmente uno dei personaggi di punta della Casa delle Idee.

Per quanto possa sembrare incredibile oggi, Testa di Latta non è stato una delle colonne portanti della Marvel. Il Marvel Cinematic Universe ci ha abituati a vedere nel geniale miliardario il punto di riferimento della comunità eroica marveliana, ma sin dal suo esordio il Vendicatore Dorato non si era mai presentato come uno dei personaggi preferiti dai lettori, che continuavano a preferirgli X-Men, Spider-Man o i Fantastici Quattro. Un’ascesa lunga e complessa, quella di Iron Man, che si compì sul finire degli anni ’80, per mano di un gruppo di nomi cari ai Veri Credenti, e che si fondò su un trittico di storie che vide nelle due Armor Wars il capitolo finale di una drammatizzazione del personaggio iniziato con un cult marveliano: Il Demone nella Bottiglia.

Dare nuova linfa al Vendicatore Dorato

Sul finire degli anni ’70, la testata di Iron Man era stata affidato al duo David Michelinie e Bob Layton, che fedeli al mood del periodo, ossia mettere il lato umano del supereroe faccia a faccia con drammi umani, introdussero un elemento che sarebbe rimasto centrale nel futuro di Tony Stark: l’alcolismo. Aspetto socialmente importante all’epoca, questa piaga divenne un nemico interiore di Iron Man che non fu mai sconfitto, tanto da esser al centro di capitoli più contemporanei della storia di Testa di Latta, come Vendicatori: Divisi. A cogliere l’elemento scatenante de Il Demone nella Bottiglia fu Michelinie, che volse lo sguardo a un aspetto fondamentale dell’eroe, spesso dimenticata: la pressione sopportata.

In una situazione simile, una persona reale costretta a sopportare una simile pressione cercherebbe una valvola di sfogo. Dato che da tempo si era stabilito che Tony era il classico playboy, che lo si era già vista bere alcolici in diverse occasioni, pensai che fosse comprensibile e realistico per Tony vedere nell’alcol una via di fuga alla sua pressione. Con Bob, iniziammo a lavorare su questa idea.

Pubblicato tra Iron Man #120 e Iron Man #128, Il Demone nella Bottiglia divenne un immediato cult per il Marvel Universe, portando una grande attenzione sul personaggio, che passò dall’essere un personaggio minore del pantheon marveliano a divenire un punto di riferimento dei lettori. Dopo il duo Michelinie-Layton, a seguire le imprese del vendicatore furono due maestri come Denny O’Neill e Luke McDonnell, che acuirono la dimensione umana di Stark, con una seconda crisi personale legata all’alcolismo e la perdita delle sue industrie. Un’impennata narrativa che aggiungeva sempre più caratura al personaggio, tanto che quando in Marvel si dovette cambiare nuovamente il team artistico della serie, l’allora editor Jim Shooter richiamò in servizio i due angeli custodi di Testa di Latta, Michelinie e Layton, cui affidò la testata nel 1987.

E inizialmente fu un disastro.

Michelinie a Layton non sembravano sapere tenere il passo delle trame dei loro predecessori. La vita di Stark era divenuta un vero calvario, in cui la perdita non solo delle proprie industrie ma anche del ruolo di Iron Man, passato all’eterno amico James Rhodes, avevano reso Stark un uomo diverso. Un personaggio con cui i due autori sembravano essere in difficoltà, tanto che le vendite ne risentirono e il loro ruolo venne messo in discussione. Ma a risolvere il tutto, come raccontò anni dopo Michelinie, furono Jim Shooter e un ristorante italiano:

Un paio di anni fa un gruppo di gioiosi e affamati pazzi della Marvel si ritirò in uno dei migliori ristoranti italiani di New York per un intenso brainstorming (in realtà eravamo principalmente affamati, ma la scusa del lavoro era ottima). Presenti erano l’allora assistant editor Howard Mackie, l’editor in chief Jim Shootr, lo scrittore David Michelinie e il disegnatore Bob Layton. Tra una forchettata di vermicelli e l’altra, Bob espresse il disappunto per la mancanza di pubblicità che stavamo avendo per il nostro Iron Man. Entrambi eravamo convinti di realizzare storie degne di nota (assieme all’inchiostratore Mark Bright), ma non avevamo visibilità. Non c’era modo di ottenere una pubblicità interna? Un riferimento in Marvel Age? Un’intera pagina sul New York Times Litterary Supplement? Gustandoci un piatto di impeccabili capelli d’angelo, Jim ci rispose che la qualità delle storie non era sufficiente, e la qualità era l’unico standard per la Marvel. Per esser notati, dovevamo fare qualcosa di grandioso. ‘Vi serve un evento. Datemi qualcosa su cui puntare e lo spingeremo!

L’idea di Shooter non era certo sbagliata, d’altronde arrivava da uno dei più amati autori della Casa delle Idee, lo stesso che aveva introdotto il concetto di graphic novel nella casa editrice con il suo La Morte di Capitan Marvel. Il consiglio dato ai due autori divenne la genesi per la nascita della prima Guerra delle Armature (Armor Wars). Dare vita a un evento Marvel non era certo semplice, considerato che all’epoca non erano ancora così diffusi come oggi, ma la drammaticità del personaggio aveva già in sé tutti gli elementi su cui poter lavorare. E con questo stimolo, Michelinie identificò subito quali avrebbero dovuto essere i due pilastri del nuovo story arc: senso di colpa e armatura.

La Guerra delle Armature: sensi di colpa per un nuovo inizio

Che l’armatura fosse centrale per Iron Man era scontato, considerato che è il suo tratto distintivo. Dalla sua prima apparizione nel 1963, Stark aveva costantemente migliorato la dotazione di Iron Man, arrivando alla livrea rossa e argentata del periodo, la Silver Centurion. C’era però un momento nella storia del personaggio che aveva costituito un precedente importante per Guerra delle Armature: la comparsa del tradizionale costume rosso e oro. Comparsa per la prima volta in Tales of Suspence #48 (1963), l’armatura Mark III, graficamente ideata da Steve Ditko, era stata la risposta di Stark a un attacco ai sistemi della sua precedente armatura, compiuto da Mr Doll, che aveva fatto perdere a Stark il controllo del proprio alter ego.

Questo dettaglio diventa centrale ne La Guerra delle Armature. Nel primo capitolo di questa saga, infatti, Stark, analizzando l’armatura del suo avversario Force, scopre che gran parte della tecnologia utilizzato dall’ora redento villain è tecnologia del costume di Iron Man. Questa rivelazione porta Stark a chiedersi quante delle sue invenzioni legate al suo alter ego corazzato siano state utilizzate da criminali senza scrupoli, dando vita a una caccia vera e propria.

Una crociata personale di Stark che lo porta a sviluppare una tecnologia in grado di rilevare la propria tecnologia utilizzata da criminali, ma non solo. Quella che a tutti gli effetti divenne una missione intima di Stark spinse il miliardario oltre il limite, andando oltre il suo ruolo di Vendicatore e infrangendo leggi, tanto che gli venne chiesto di abbandonare la formazione, dopo che la sua ricerca lo portò a confrontarsi in territorio sovietico con Dinamo Cremisi e Titanium, che utilizzavano parte della sua tecnologia. Una crociata, quella di Stark, che lo portò in contrasto con i Vendicatori della Costa Ovest, che ne chiesero l’allontanamento, e che lo spinse a rivolgersi anche contro ambienti militari che utilizzavano alcuni suoi ritrovati, rendendolo inviso e costringendo le Stark Enterprises a prendere le distanze dal suo uomo immagine (all’epoca nessuno la reale identità dell’uomo dentro l’armatura).

Michelinie ebbe l’intuizione di valorizzare questo senso di colpa di Stark, che sentiva sulle proprie spalle il peso dei morti causati dal furto della sua tecnologia, portando il miliardario a non accettare alcun limite alla propria missione. Al punto di sfruttare in modo spietato degli amici supereroi (come Scott Lang, il secondo Ant-Man) o dare vita a un primo scontro con Steve Rogers, all’epoca privo del titolo di Capitan America. Un confronto interessante, con entrambi i due eroi alle prese con una propria traversia personale scaturita dall’accettare il proprio ruolo come simbolo (Rogers era ancora alle prese con gli eventi di Secret Empire), portando a una prima fattura tra i due Vendicatori che si sarebbe riproposto negli anni futuri, sino alla massima espressione vista in Civil War.

Il fatto che gli schemi delle proprie invenzioni fossero state trafugate da Justin Hammer, storico rivale, e rivendute al mercato nero non consolò Stark, che si sentiva comunque colpevole, portandolo a seguire un proprio piano per impedire che questo potesse ricapitare. Una decisione che condusse a un contrasto con gli ambienti militari, che si rivolsero quindi a un rivale di Stark, Cord, che sviluppò l’armatura di Firepower, che divenne uno strumento di vendetta contro le Stark Enterprises, quando Iron Man venne allontanato dalle industrie di Stark.

Per affrontare Firepower, Stark costruì una nuova armatura, la Mark VII, che esordì in Iron Man #231, dove il nuovo difensore di Stark sconfisse il rivale, dando vita a nuova era del Vendicatore Dorato. A chiudere però l’arco di Guerra delle Armatura fu Nemici Intimi, contenuta in Iron Man #232 realizzata da Barry Windsor-Smith (apprezzato per il cult Arma X), dove veniva presentato in modo eloquente il pesante impatto di questa vicenda sulla psiche e l’anima di Stark.

L’impatto di Guerra delle Armature fu fondamentale per il mito di Iron Man, considerato come la vicenda ebbe una profonda influenza sullo sviluppo del personaggio. In questo arco narrativo compaiono in modo evidente tratti poco nobili di Stark, come la sua tendenza a sfruttare le persone a lui vicine per raggiungere i propri scopi, e mostrando i primi tratti di quella che, negli anni seguenti, sarebbe divenuta una sempre più marcata divergenza di opinioni con la ‘coscienza marveliana’, ossia Capitan America.

Da notare anche come gran parte degli eventi di questo arco narrativo, come le conseguenze di esser Iron Man e il furto della tecnologia Stark, siano stati centrali anche per la dimensione cinematografica del personaggio, se ripensiamo a come gli eventi di Iron Man 2 siano profondamente ispirati alle vicende di Guerra delle Armature, seppure riscritti all’interno del più ampio contesto del Marvel Cinematic Universe.

Tuttavia, Armor Wars non si concluse con questo primo arco, ma tornò pochi anni dopo con la Seconda Guerra delle Amature.

La Seconda Guerra delle Armature: corpo contro mente

Dopo la Guerra delle Armature, nuovamente la gestione della testata di Iron Man affrontò parecchi cambiamenti. Nei due successivi, Michelinie aveva iniziato a lavorare su Amazing Spider-Man, spingendolo infine ad abbandonare Testa di Latta per dedicarsi interamente al Tessiragnatele, consegnando la serie del Vendicatore Dorato interamente a Layton, che iniziò a scriverne le storie, lasciando il ruolo di disegnatore a John Romita Jr, a partire da Iron Man #256. Un esordio eccellente, se pensiamo che in questo numero Tony Stark viene ferito alla colonna vertebrale e rimane paralizzato alle gambe, condizione che viene risolta grazie all’impianto di un chip neurale. E questo dettaglio sarà sfruttato al meglio da un maestro della Casa delle Idee: John Byrne.

Layton, infatti, dopo avere abbozzato l’idea della Seconda Guerra delle Armature decise di abbandonare Marvel per entrare nella nascente Valiant Comics. Rimasti privi dello sceneggiatore, in Marvel decisero di affidare la serie di Testa di Latta a John Byrne, recentemente tornato alla Casa delle Idee dopo una proficua collaborazione con DC Comics su Superman. Il rientro in Marvel di Byrne coincise con il suo lavoro come one man artist sulla serie di Namor the Sub Mariner, portandolo ad accettare l’incarico su Iron Man solo come sceneggiatore, consentendo a John Romita Jr. di rimanere come disegnatore.

Proprio in Namor, Byrne aveva dato vita alla coppia di fratelli Phoebe e Desmond Marrs, che dopo aver dato filo da torcere all’atlantideo si rivolsero contro il loro rivale, Tony Stark, con l’aiuto dell’instabile ma geniale DeWitt, che ordì un piano machiavellico: impossessarsi del corpo di Stark. Byrne decise di adattare la prima idea di Layton, ossia sfruttare la presenza del microchip nel corpo di Stark, ma spinse la narrazione verso una dimensione più interiore, facendo sì che DeWitt si rivelasse l’artefice di questa miracolosa cura per Stark, trasformandola in un cavallo di Troia tramite cui accedere alla mente di Stark.

Intuizione felice, che Byrne sviluppò riaggacciandosi a un evento epocale di Guerra delle Armature, la morte di Titanium. Il peso delle decisioni di quel momento si ripercosse nuovamente su Stark, che viene ritratto in momenti di profondo sconforto pronto a ricadere in vecchi vizi, mentre riceve il sostegno del fedele Rhodes. La Seconda Guerra delle Armature ha un input più hi-tec rispetto alla precedente, creando una particolare dicotomia tra mente e corpo, sfidando Stark a spingersi al limite. Non mancano aspetti tradizionali del periodo narrativo tipici di Iron Man,come la difficoltà nella gestione delle Stark Industries, ma il taglio dato da Byrne punta fortemente all’impatto emotivo della vicenda, spingendo sulle conseguenze dell’essere Iron Man che si sviluppò tra Iron Man #258 e Iron Man #266.

L’eredità della Seconda Guerra della Armature fu di lasciare un Tony Stark indebolito e nuovamente costretto ad affrontare il proprio fallimento. Sconfiggere i nemici non significa automaticamente esser vittoriosi, se la loro sconfitta condanna comunque l’eroe a doversi interrogare sulla propria forza, sui propri intenti.

La Seconda Guerra delle Armature scritta da Byrne consentì anche di mostrare l’evoluzione di una storia nemesi di Testa di Latta, il Mandarino, intento a recuperare il proprio potere, confrontandosi con Fing Fan Foom. Sotto questo aspetto, Byrne, che rimase al timone della serie di Iron Man sino al 1992, diede uno slancio al personaggio di Iron Man, contribuendo a segnare un passo narrativo che, negli anni immediatamente seguenti a questo evento, si spinse a riscrivere il rapporto originale tra Testa di Latta e il Mandarino.

La Guerra delle Armature e il Marvel Cinematic Universe

L’interesse per Guerra delle Armature è legato anche all’annuncio di una serie omonima, Armor Wars. La perdita di Tony Stark nel finale di Avengers: Endgame non ci consentirà di vedere Iron Man in questa serie, complice anche la fine delle Stark Industries in Spider-Man: No Way Home, ma considerata la presenza di James Rhodes, alias War Machine, e l’arrivo imminente di Riri Williams, alias Ironheart, possiamo suppore che la versione del Marvel Cinematic Universe di Guerra delle Armature unirà questi due eredi di Testa di Latta.