La rottura della quarta parete di She-Hulk è un segnale importante per il Marvel Cinematic Universe

La rottura della quarta parete in She-Hulk: Attorney at Law è un segno importante da parte dei Marvel Studios

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a cura di Manuel Enrico

La Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe sarà ricordata non solo per esser stata il momento più complesso del franchise, causa un forzoso cambio di prospettiva conseguente agli addii di Avengers: Endgame, ma anche per esser stata un laboratorio sperimentale. Sensazione che si era già percepita con i primi episodi di WandaVision, caratterizzati da una metanarrazione raffinata, ma che ha trovato ulteriore slancio con l’arrivo dell’atteso contesto orrorifico della Casa delle Idee, rappresentata da Werewolf by Night. Per quanto accolte con una certa freddezza da buona parte del fandom, queste produzioni sono comunque segno di una ricerca di nuova linfa per un franchise che inizia ad accusare una certa stanchezza (il primo Iron Man è datato 2008), una necessitò che ha consentito anche di offrire a She-Hulk: Attorney at Law di rompere la quarta parete. E questo, per il futuro del franchise, potrebbe essere un espediente narrativo particolarmente intrigante.

Una simile sfida non poteva che avvenire in una serie dal forte contenuto umoristico, considerato come l’annullamento di quella barriera tra personaggio e lettore difficilmente potrebbe reggere all’interno di un racconto drammatico.  L’utilizzo di questo complesso artificio narrativo, infatti, si basa principalmente su un elemento volutamente comico, come la condivisione con lo spettatore di una situazione imbarazzante, o come diretta condivisione di un pensiero del personaggio con lo spettatore, azione effettuata per offrire uno sguardo privilegiato all’anima del protagonista. Due diversi approcci che fanno parte da sempre della dimensione fumettistica di Jennifer Walters.

La rottura della quarta parete in She-Hulk: Attorney at Law è un segno importante da parte dei Marvel Studios

She-Hulk spacca la quarta parete

Oramai, il pubblico è portato ad associare all’irriverente Deadpool l’esclusività della rottura della quarta parete. Nei suoi fumetti è una costante, e anche i due film che hanno reso celebre il Mercenario Chiacchierone sono stati improntanti a questo stile narrativo, in cui il buon Wade (Ryan Reynolds) sembra dialogare più con lo spettatore che con gli altri personaggi. Eppure, nei comics della Casa delle Idee non è stato Deadpool a introdurre la rottura della quarta parete, ma ha utilizzato con maggior frequenza una caratteristica nata sulle pagine di She- Hulk.

Spetta a Jen Walters il merito di aver introdotto nel Marvel Universe questo divertente meccanismo narrativo. O meglio, il riconoscimento va tributato a John Byrne, che al momento di prendere le redini della serie dedicata alla cugina di Hulk decise di andare oltre ogni limite e sviluppare un racconto che fosse volutamente esagerato e comico, giocando non solo con alcuni dei tipici confini del settore, ma anche deridendoli e creando un personaggio che indubbiamente fatto scuola.

Basti pensare che nella copertina del primo numero, Jen si rivolgeva direttamente ai lettori, minacciandoli di terribili ritorsioni se non avessero comprato il suo fumetto. E in seguito abbiamo visto derisioni dl Comics Code Authority, editor che entravano fisicamente nelle pagine e una serie di situazioni paradossali che possono esser considerate vere e proprie lezioni di narrazione a fumetti. Nel trasportare questo vena comica dal fumetto al Marvel Cinematic Universe, dunque, era necessario trovare il giusto contesto in cui questo passaggio non risultasse fuorviante, ma che anzi sapesse offrire un valore aggiunto alla definizione di un personaggio di rottura con il franchise.

In un certo senso, anche in WandaVision avevamo visto una sorte di annullamento della quarta parte, con Vision che in diverse occasioni guardava dritto in camera per cercare una complicità con lo spettatore. Più che la volontà di infrangere questa barriera, tuttavia, nel caso di sintezoide pare più corretto, in base al concept stesso della serie, vedere questi ammiccamenti come un omaggio a una certa grammatica seriale, in cui questa separazione tra finzione e realtà era uno strumento frequente.  Pare dunque giusto tributare a miss Walter il merito di avere rotto la quarta parte con She-Hulk: Attorney at Law, esattamente come era accaduto nei comics marveliani.

Battute con ammissione di colpa?

La rottura della quarta parte di She-Hulk: Attorney at Law, tuttavia, mostra di avere introdotto un elemento ulteriore a questo particolare dialogo con lo spettatore. Solitamente questo meccanismo si basa su una condivisione di pensieri, finalizzata a dare maggior definizione alla personalità dei personaggi, elemento che risulta superfluo nella serie. Jessica Gao e la writing room della serie sono riusciti a presentare una Jennifer Walters insolitamente aperta, complice l’ottima recitazione di Tatiana Maslany, che consente di avere un’idea precisa dell’eroina. A ben vedere, la maggior parte dei dialoghi che Jennifer intavola con noi spettatori esulano dalla sua intimità o dalle necessità narrative della serie, ma si addentrano in una sorta di critica alle pratiche quotidiane o, ancor più esilarante, alle critiche mosse alla narrazione del Marvel Cinematic Universe.

Se nel primo episodio ci veniva espressamente detto da Jennifer che era consapevole di come tutti volessero subito vedere la sua origin story, in Abiti e Costumi ci viene offerta una sarcastica analisi sulle meccaniche che caratterizzano la serialità moderna, non mancando di ironizzare su cliffhanger e situazioni artificiose utilizzate come deus ex machina per dare senso alla storia. Tenendo presente la ben nota tendenza dei Marvel Studios all’estrema riservatezza dei propri set o alla costruzione di una continuity che valorizza sin troppo la presenza dei camei, assistere a Jen che con espressioni buffe e commenti sagaci deride le comparsate di altri eroi della saga o addirittura stuzzica gli spettatori sulla presenza di un episodio con matrimonio è esilarante, un punto intermedio tra un inside joke degli sceneggiatori e una derisione preventiva alle potenziali critiche.

A margine, questa serie di ironiche battute di Jennifer può anche esser vista come un messaggio dei Marvel Studios: sappiamo dove sono le nostre fragilità. Per dare senso a una battuta, infatti, si deve sapere dove cercare l’ispirazione, e se questa ricerca ha spinto la Gao e la sua squadra a fare questa insolita ammissione di colpa, criticando alcune meccaniche narrative non proprio eccelse del Marvel Cinematic Universe, possiamo ragionevolmente suppore che qualcuno ai piani alti (tipo l’Uomo col Cappello) recepisca il messaggio e provi a raddrizzare il tiro.

Le critiche principali mosse alla scrittura degli ultimi capitoli del Marvel Cinematic Universe, in particolare nell’ambito seriale, ruotano attorno a scene forzate, mancanza di visione complessiva e, soprattutto, una stanchezza nella gestione dei personaggi che viene spesso derisa da Jen nella sua serie. Se una battuta può far sorridere, può allo stesso modo fa ragionare. In caso contrario, potrebbero arrivare frecciatine più velenose da un certo mercenario con la lingua lunga.

La quarta parete nel futuro del Marvel Cinematic Universe

Difficile immaginare che Jennifer Walters abbia l’esclusiva della rottura della quarta parte, soprattutto ora che sappiamo che Deadpool 3 si farà e sarà parte del Marvel Cinematic Universe. Al buon Wade, come detto, spetta il primato di aver introdotto questo elemento sul grande schermo, ma il suo ingresso nel franchise lo porta nella condizione di non esser il primo personaggio ad avere mostrato questa particolarità.

Il rapporto stretto tra Jennifer Walters e gli spettatori è un modello che potrebbe divenire ricorrente nel futuro del franchise, a patto che venga utilizzato con intelligenza e adattandolo alla personalità del personaggio. Non tutti gli eroi di questo pantheon supereroico possono esser approcciati in questo modo, e ci sono storie che, per propria concezione, non hanno quella componente umoristica entro cui collocare questa dinamica narrativa. Dove non si può infrangere la quarta parte, ad esempio, si può creare una sensazione simile tramite la metanarrazione, ma è evidente come ogni personaggio, in base alla sua caratterizzazione nel Marvel Cinematic Universe, abbia peculiarità che consentono agli autori di offrire diverse declinazioni alla loro definizione.

Se Jennifer Walters e Deadpool possono concedersi di fare due chiacchere con gli spettatori, questo potrebbe divenire quel tratto specifici dei due personaggi che caratterizza le loro apparizioni. Anche in occasione di avventure corali, si può ricorrere a questo espediente, come abbiamo visto fare a Jen nel primo episodio alla prima rottura della quarta parete in presenza dell’ignaro cugino Bruce. la discriminante, in questi casi, è il rispetto non tanto del personaggio, quanto della storia in sé, ma è una sfida che spetta agli sceneggiatori. E in caso di fallimento, sicuramente Jen e Wade avranno una battuta pronta con cui sdrammatizzare.

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