Nient’altro che nebbia, la recensione

Un piccolo comune italiano e un delitto inspiegabile che scuote un’intera comunità, sono gli ingredienti di Nient’altro che nebbia il nuovo giallo di Patrizia Emilitri.

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Perché ci si appassiona ai grandi gialli? Perché il lettore è coinvolto nella scoperta di un mistero, spesso legato anche all’identità di un assassino. E il lavoro dello scrittore consiste nel narrare, aiutare il lettore – ritrovatosi investigatore – e molto spesso ingannarlo per poi svelare ciò che fino a qualche pagina prima sembrava impossibile. Eppure, in Nient’altro che nebbia, il nuovo libro di Patrizia Emilitri edito da TEA, c’è molto altro che viene raccontato, facendo provare al lettore perfino delle emozioni un po’ diverse dal solito con una certa unicità. E pensare che tutto questo avviene nel paesino di Perzeghetto Olona che proprio col suo essere così ordinario sconvolge la vita dei suoi cittadini quando la povera Nadia viene trovata morta.

Nient’altro che nebbia tra le colpe degli uomini

L’autrice Patrizia Emilitri è intenzionata a voler raccontare prima del giallo e del mistero, le persone, i loro pregiudizi e la loro ordinarietà. Altri lavori di questo tipo hanno fatto conoscere la Emilitri tra gli appassionati tra cui La carezza leggera delle primule (Sperling & Kupfer, 2014), La bambina che trovava le cose perdute (Sperling & Kupfer, 2018) e la raccolta di racconti Il conto della serva che le è valso il Premio Chiara sezione inediti.

In questo nuovo Nient’altro che nebbia, ci vengono dischiuse le porte di Perzeghetto Olona, dove l’autrice crea un contatto autentico con i suoi abitanti, le loro storie, le abitudini, le manie e anche le loro verità nascoste. Ma più di tutto, viene raccontata una cittadina con un cerchio sociale chiuso e inscalfibile e dal rigido pensiero. Cosa può accadere quando in un’assonnata mattina viene rinvenuto un cadavere?

Si tratta del corpo della giovanissima Nadia Bignami che viene ritrovato presso lo storico lavatoio cittadino. Il corpo viene trovato proprio da Irma Gregorio, che aveva l’unica preoccupazione di arrivare presto a messa, prima che le vecchie comari potessero iniziare a spettegolare su tutti e anche su di lei. Ma quella mattina il ritrovamento di quel corpo sconvolse la sua vita e quella di tutti gli abitanti del piccolo paesino vicino al lago Maggiore.

Intervengono i Carabinieri, ma le indagini hanno subito una svolta decisiva: l’ultima persona che ha visto viva la vittima ha lasciato sul posto il suo zainetto contenente portafoglio e documenti. Gli effetti personali sono di Andrea Costa, un altro giovane del paese, quello che si definisce come un bravo ragazzo e conosciuto da tutti. Addirittura, già nella prima parte della storia, Andrea non scappa e confessa di aver spinto la ragazza procurandole quella ferita fatale. Ciononostante, Andrea non vuole spiegare cosa sia successo realmente quella notte e perché i due si trovavano al lavatoio, addossandosi ogni colpa e andando incontro alla condanna giudiziaria. E non solo.

Come accade già in contesti più ampi, attorno a un fatto di sangue come questo ci sono molti altri attori, anche se non hanno partecipato attivamente alla tragedia, che rivestono il ruolo di carnefici e giudici. E quando si parla di un piccolo paesino di poche anime, questo effetto è largamente amplificato.

La confessione di Andrea mette a nudo l’intera comunità che vuole chiudersi a riccio e condannare quel giovane a ogni costo escludendo la “mela marcia” dal cesto. Il rifiuto di una società che non è disposta ad accettare le sfumature velate di ogni suo abitante, anzi, si accende la pretesa di conoscere le reali motivazioni del gesto di Andrea. Ma come personaggio chiave – insieme a Nadia – Andrea va controvento e anziché soddisfare le aspettative della piccola società, si affida al tempo e abbandona i suoi concittadini alle loro ossessioni, all’odio e a una parabola buia e sempre più discendente.

Il giallo differente

Nient’altro che nebbia trascende dalla comune giallistica per la mera volontà di voler esporre la pienezza del carattere sociologico di una comunità, utilizzando l’elemento ‘misterioso’ per far capire i contorni di essa: cosa spinge Andrea a non confessare cosa accadde quella notte?

Il lavoro di Patrizia Emilitri va tanto in profondità nella vita di provincia, forse anche troppo, condendo eccessivamente l’intreccio narrativo con dovizia di particolari della vita di ogni singolo abitante di Perzeghetto Olona. Un lavoro certosino che ci ha fatto davvero ‘vivere’ quelle vite e il loro contesto sociale, quasi assimilandolo pagina dopo pagina. Eppure, magari con l’aspettativa di trovarci davanti a un giallo tradizionale, abbiamo perso di vista più volte il fulcro della storia, il movente e la voglia di scoprire esattamente cosa successe quella notte.

La Emilitri confeziona dunque un giallo differente (se ne cercate uno più tradizionale date un'occhiata a Il bambino che giocava con le bambole), privo di quel mordente che caratterizza il genere, con ritmi molto più lenti, quasi a voler aderire ai tempi della vita di provincia dei suoi protagonisti. Un realismo molto ricercato che vi farà vivere la storia un po’ alla volta e capire il dolore dei suoi personaggi.