Storie di giocattoli: il nuovo libro di Andrea Angiolino

Storie di giocattoli, libro di Andrea Angiolino edito da Gallucci. Scopriamo con l'autore ispirazione, aneddoti e preferenze del mondo del gioco che hanno portato alla genesi del libro.

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a cura di Anna Benedetto

Se i fratellini Wright avessero giocato a palla, noi oggi potremmo volare? E se qualche parente empatico non avesse regalato al piccolo Ingmar una lanterna magica, il cinema oggi sarebbe lo stesso?Difficile dirlo, ma assai probabile, perché non sono i soli grandi personaggi della nostra storia e del nostro pensiero cui un giocattolo ha cambiato la vita. Li ha scoperti Andrea Angiolino, che ha raccolto “Storie di giocattoli” in un libro appena uscito per Gallucci con i disegni di Alessandro Sanna.

Andrea Angiolino, finora, prima di Storie di giocattoli ha scritto giochi e di giochi, tanto da essere considerato uno dei maggiori esperti ludici e di storia del gioco a livello italiano ed europeo. Questo il suo primo libro interamente sui giocattoli dopo molta divulgazione di cultura ludica anche su radio e giornali. Per esempio ha scritto di Barbie, di soldatini e di altri giocattoli su riviste come Il Curioso e GiocAreA, e compilato un intero Dizionario dei giochi Zanichelli con Beniamino Sidoti. Ha anche raccontato la storia di alcuni dei giocattoli più noti a Wikiradio su Rai Radio Tre. Mentre due anni fa ha scritto “Storie di giochi - dal nascondino al sudoku”, sempre per le edizioni Gallucci. Poiché ha avuto un bel riscontro, oggi ecco un analogo volume sui giocattoli.

Storie di giocattoli

Del resto, soprattutto per chi gioca, non sfugge il profondo nesso tra cultura e prodotto ludico, sia esso gioco o giocattolo, e quanto sia intrigante l’indagine sui confini tra i due oggetti, che spesso intersecano anziché dividere, i due ambiti. Ne abbiamo parlato con l’autore di Storie di giocattoli.

Cosa hai scoperto scrivendo Storie di giocattoli?

Parecchie cose. Ma quella che forse mi ha più colpito è la quantità di adulti di successo la cui vita è stata, tutto sommato, il proseguimento del gioco infantile. È intuitivo che ciò che facciamo da piccoli ci prepara alla vita adulta, ma ci sono casi davvero eclatanti. I fratelli Wright ebbero in dono dal padre un'elica di legno che si innalzava nell'aria: impararono a costruirsene, sognando di volare loro stessi, e decenni dopo inventarono l'aeroplano. Le sorelle Brontë presero a scrivere le storie dei soldatini ricevuti in regalo dal fratello, realizzando libretti e giornalini in miniatura: poi crebbero e divennero famosissime romanziere. Il regista Ingmar Bergman ha scoperto la sua vocazione grazie a una lanterna magica ricevuta in dono a Natale, mentre Nick Park, creatore di Wallace & Gromit e della pecora Shaun, ha cominciato a fare film d'animazione da bambino giocando con la plastilina e la cinepresa di famiglia... Non è un caso che quando il Meccano è uscito di produzione diversi scienziati, tra cui il premio Nobel Harold W. Kroto, abbiano lanciato l'allarme dicendo che questo avrebbe influito negativamente sulle vocazioni in campo ingegneristico e scientifico.

Perché ci piacciono tanto i giocattoli?

Per mille motivi. Quando siamo piccoli, sono cibo per la mente: oggetti che prendono vita grazie alla fantasia, piccole riproduzioni del mondo che ci consentono di inventare storie infinite e di creare mille realtà alternative di cui siamo i demiurghi. Magari assieme ad altri bambini con cui condividiamo il gioco, imparando così a relazionarci con gli altri. Proprio grazie alla fantasia, per giocare non servono bambole costose ma basta anche un bambolotto improvvisato, pupazzetto di stracci, un disegno ritagliato. Anzi, giocattoli troppo definiti a volte affascinano nel breve ma poi stufano presto perché lasciano poco spazio al bambino.E poi ci sono giocattoli che ci consentono di scoprire le leggi fisiche che regolano il mondo, di mettere alla prova le nostre abilità corporee, di diventare piccoli artisti o ingegneri o cuochi immaginando la nostra vita futura. E giocattoli come la palla, le biglie, i soldatini che si prestano a diventare strumento di giochi strutturati, di cui noi stessi definiamo le regole e gli obiettivi, in un bell'esercizio di creatività condivisa con chiunque abbia voglia di giocare con noi.

Da grandi i giocattoli possono continuare a piacerci perché solleticano la nostalgia per quella che è stata, o che avrebbe potuto essere, la nostra infanzia. Perché ci ricordano le persone care che ce li hanno regalati. Perché hanno il fascino dell'oggetto storico e ci parlano di epoche passate. Perché solleticano il collezionismo, una malattia che colpisce molti... E anche, più semplicemente, perché il fanciullino che è in noi è ancora sveglio e voglioso di giocare. Per fortuna.

I giochi e i giocattoli infatti, sanno raccontare storie incredibili, episodi avvincenti e fatti curiosi, oltre a insegnare molte cose su chi li pratica, tanto da essere uno strumento di conoscenza di popoli antichi o di abitanti di altri continenti senza spostarci da casa. Ecco perché questo libero è per tutti, anche per recuperare modi di giocare più sani e socializzanti, perché Andrea Angiolino è prima di tutto un giocatore, uno di quelli che ama stare al tavolo a scambiarsi idee e racconti, uno di quelli che gioca con gli aeroplanini, per capirci!

Ci dici qual è il tuo giocattolo preferito?

 La scelta è imbarazzante, ma direi probabilmente i soldatini Atlantic. Prodotto italiano più naif e a buon mercato dei soldatini Airfix che ci arrivavano dall'Inghilterra, ma con soggetti più vicini a noi. Un'intera generazione di italiani c'è cresciuta. Io li ho anche usati moltissimo come pedine di ingenui wargame inventati sul pavimento di casa per giocare con cugini e compagni di banco, misurando le diverse velocità e gittate con palmi e dita, e risolvendo il fuoco con raffiche di monete a testa e croce. Poi sono arrivati i centimetri e i dadi... e poi i giochi di simulazione che ancora oggi invento e pubblico in giro per il mondo. L'Atlantic è fallita all'inizio degli anni '80, schiacciata dalla concorrenza dei giocattoli giapponesi ispirati ai cartoni allora in voga. Un imprenditore iracheno ne ha poi rilevato gli stampi, meravigliosi oggetti rifiniti a mano come non se ne fanno più, contrabbandandoli nel suo paese nonostante l'embargo. Sperava di riprendere la produzione lì. Da allora non se ne è saputo più nulla, finché la pubblicazione dell'ironico wargame di Roberto RoG Gigli “Atlantic Wars” con la Quality Game mi ha portato a scoprire che alcuni stampi erano ancora in Italia: con gli amici della Nexus Editrice li abbiamo rimessi in funzione. È stata una grande soddisfazione riportare nei negozi i rivoluzionari russi e il Settimo Cavalleria, i carretti egizi e i Panzergrenadieren della seconda guerra mondiale, per la gioia di tanti altri ex bambini della mia generazione in Italia e all'estero. E il fanciullino che è in me si è potuto togliere l'incredibile sfizio di ordinare alla fabbrica 120.000 soldatini tutti assieme, anziché limitarsi alla trentina di pezzi che all'epoca ci si poteva permettere andando in tabaccheria con una moneta da 100 lire...
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