The Matrix - Oggi compiamo 20 anni dentro la Matrice

A vent'anni dal debutto, riscopriamo il valore di Matrix, saga cult targata Watchosky, all'interno del cinema, della società e dei media contemporanei.

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a cura di Andrea Giovalè

Vent’anni fa esatti entrava nelle nostre vite Matrix, o forse eravamo noi a entrare in essa? Dalle sorelle Watchosky (allora ancora fratelli) nacque una saga cult dalla potenza multimediale incredibile. Oggi, a due decenni esatti dall’esordio, ripercorriamo insieme i motivi che l’hanno elevata nell’Olimpo dell’immaginario pop. Siete pronti a scoprire quanto è profonda la tana del Bianconiglio?

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È il 1999, siamo sull’orlo del nuovo millennio, la paura del millennium bug scalfisce l’entusiasmo per un progresso tecnologico avviato lungo un percorso scosceso e senza ritorno. Prima dello scoppio di guerre culturali, l’ansia si rivolge al futuro, all’ignoto. E il 30 marzo, come una pugnalata tra le costole, arriva The Matrix, film con soggetto, sceneggiatura e regia di due gemelli, Andy e Larry Wachowski.

Un comunissimo impiegato d’ufficio, Thomas A. Anderson, lavora come programmatore tutto il giorno, tutti i giorni, imprigionato dietro una scrivania. A tempo libero, però, fa l’hacker, con l’alias di “Neo”, attività che gli riesce decisamente bene. Non è un caso, quindi, che un giorno lo vengano a prendere degli agenti vestiti di tutto punto, dagli intenti misteriosi e i modi crudeli, per infilargli una cimice (nel senso biologico della parola) nel corpo. Forse è stato solo un incubo, appena il tempo di pensarlo e Neo viene contattato da altri due rinomati hacker: Trinity (Carrie-Ann Moss) e Morpheus (Laurence Fishburne). Il nostro protagonista trova il coraggio di incontrarli, ma ancora non sa quanto a fondo le loro rivelazioni sconvolgeranno per sempre il suo concetto di realtà.

Pillola blu o pillola rossa?

È il momento di scegliere, prima di sapere: un momento ormai tra i più ricordati e citati del cinema. È fondamentale, la funzione proppiana della scelta, dopo le prime schermaglie involontarie. Non si può essere eroi senza scegliere di esserlo. Neo, un giovane Keanu Reeves nel suo ruolo tuttora più iconico e quintessenziale, sceglie di sapere. Come un Adamo del Novecento dopo Cristo, mangia la mela della conoscenza, anche se questo gli costa la dannazione eterna.

Una volta scoperto che la realtà in cui vive, non a caso in tutto e per tutto identica a quella in cui viviamo noi spettatori, è un’illusione virtuale creata dalle macchine per coltivare gli esseri umani nel mondo davvero reale, un incubo di tempeste radioattive e caverne labirintiche, non si torna più indietro.

I riferimenti esistenziali, già qui, si sprecherebbero. C’è il mito della caverna di Platone, c’è il velo di Maya di Schopenhauer. Ma, visivamente più potente di qualsiasi lezione teorica di filosofia, c’è il risveglio di Neo, “scollegatosi” dalla matrice per essere ripescato da una discarica di corpi, in fuga dai campi dove l’Umanità non cresce, viene coltivata (catchphrase indimenticabile). Dev’essere un momento fortunato, però, per la categoria dei film d’azione, perché i registi, dopo avervi sconvolto con l’incubo, intendono rifarlo, ancora e ancora e ancora, con l’estasi cinetica di sequenze acrobatiche al cardiopalma, rallenty e musiche da scuola di fomento (Spybreak! dei Propeller Heads è a tutt’oggi impareggiabile).

The Matrix è un esempio incredibile, in quanto capace di mantenere le sue stesse promesse, e quando vi viene rivelato che, in una realtà virtuale, è la potenza mentale a comandare davvero, non è cosa da poco. Toccherà quindi a Neo, distante anni luce dall’hacker impaurito di un’ora-schermo prima, riuscire in un’impresa suicida, una missione impossibile, diremmo, se non fosse un concept già reso famoso da un’altra imperdibile saga action: sfidare, combattere e, soprattutto, sconfiggere un agente di Matrix. Si dice che sconfiggerli sia impossibile, visto che sono programmi e agiscono nel mondo virtuale, a meno che, beh, il Signor Anderson non sia l’eletto della profezia…

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità per il sequel

È il 2003, e il mondo in soli quattro anni è cambiato tanto e profondamente. La tecnologia e il web continuano la loro corsa verso mete sconosciute, mentre lo spettro del millennium bug si è volatilizzato circa due secondi dopo la mezzanotte dell’anno 2000, destinato a successori non all’altezza (generatori di film non all’altezza) quali vaghe profezie apocalittiche Maya. In compenso, il senso di sicurezza della civiltà occidentale è stato scosso, nelle fondamenta, dagli attacchi terroristici dell’11 settembre. Questo per dire che, all’arrivo del primo sequel, Matrix Reloaded, il contesto di riferimento è completamente un altro.

L’impressione, purtroppo, è che il concept alla base del film dei fratelli Watchosky sia, invece, rimasto lo stesso. Sempre all’avanguardia, beninteso, ma invariato. Quello che è cresciuto è il budget di produzione, visto il successo di pubblico e critica (4 Premi Oscar, seppur tutti tecnici) del primo capitolo. Con i soldi, aumentano anche gli effetti speciali. Ecco quindi che gli inseguimenti e gli effetti visivi ricevono una graditissima cura di steroidi. Neo, d’altronde, è ormai consapevole del proprio ruolo e di ciò che può fare: tutto.

Mr. Anderson, bentornato!

A contrastare il paladino, quindi, serve un anti-paladino. Un eroe negativo spietato e inquietante, come il Mr. Smith magistralmente interpretato da Hugo Weaving nel primo film. Anzi, proprio lui, tornato dal regno della cancellazione virtuale, potenziato per l’occasione: ora, da vero programma crackato, può clonarsi per acquisire sempre più spazio fisico e mentale. Neo è ancora più potente, singolarmente, ma Smith può moltiplicarsi praticamente all’infinito.

La lotta è spietata e vedere l’eletto barcamenarsi tra volo e altre manipolazioni del reale è una delizia per gli occhi. È forse anche da queste parti che vengono piantati i primi semi del genere supereroistico odierno: azione per il piacere cinetico e cinestetico, al di là del contenuto sostanziale. È una buona allegoria per Matrix Reloaded: concettualmente lo stesso, è cresciuto nel fisico ai limiti dell’ipertrofismo. E nonostante un successo ben più pacato della critica, per il pubblico è un altro successo. Tanto più che a brevissimo, appena qualche mese di distanza, arriverà nei cinema anche il terzo capitolo, ormai Matrix è più di una serie di film, è un fenomeno.

Tutto quello che ha un inizio ha anche una fine

Lo slogan centrale del marketing di Matrix Revolutions è sincera e profetica. La saga cinematografica è giunta alla sua fine annunciata e repentina. I capitoli secondo e terzo debuttano entrambi nel corso del 2003, sono stati infatti girati insieme. Anche qui i due Watchosky si rivelano precursori: insieme ai coevi Kill Bill Vol. 1 e Vol. 2, i quattro film sono un funesto presagio della futura malpratica dei “parte I” e “parte II”.

Ma non è questo il problema principale di Revolutions, anzi. Le promesse lanciate e mantenute in modo eccellente nel primo capitolo, rilanciate e amplificate dal secondo concluso da un cliffhanger, nel terzo finiscono per far collassare struttura logica e cinematica. Il finale è un’opera gigantesca e massiccia che esagera nell’ardimento cerebrale e nel minutaggio, un sogno talmente sfrenato che, una volta realizzato, si rivela insostenibile.

Va reso atto, tuttavia, che la potenza visiva è ancora a livelli straordinari e l’epilogo, l’ultimo drammatico scontro tra Neo e Smith, porta a una conclusione intelligente e inaspettata. Gli ultimi due film della saga, inoltre, analizzati insieme lasciano trasparire una possibile, importantissima, evoluzione concettuale. I due piani di realtà (Matrix e la Terra) sono più speculari di quel che sembravano al principio: incarnando le due incognite che devono “bilanciare l’equazione”, quando Neo acquisisce i poteri dentro Matrix, Smith li acquisisce al di fuori.

Si va, quindi, ben oltre il meta-virtuale, si immagina una realtà doppia, binaria, di valori opposti eppure, in qualche modo, di pari significato. È per questo che, da Platone e Schopenhauer, Matrix finisce per prevedere la deriva moderna di social network e vita nel web, meglio e più incisivamente dei suoi predecessori. A tal punto che, emuli a parte, i suoi successori cambieranno verso a quell’interpretazione, tendendo a darle accezione positiva. Il recentissimo, e altrettanto spettacolare, Ready Player One di Spielberg ne è l’esempio omega.

Se non puoi batterli, unisciti a loro: The Matrix negli altri media

Opera tecnocratica qual è, The Matrix non poteva che diffondersi, come l’Agente Smith, anche in senso orizzontale e multimediale. L’immaginario degli Watchosky, potente e sfrenato, si tradurrà nella realizzazione di Animatrix, preziosissima raccolta di cortometraggi d’animazione ambientati nell’universo espanso creato al cinema (peraltro, introducendo o approfondendo personaggi che ritroviamo sul grande schermo).

A questo filone, ma in campo videoludico, appartengono anche il discreto Enter the Matrix e i meno discreti Path of Neo e Matrix: Online, mmorpg ambientato nel mondo della Matrice (che poi, a pensarci bene, è anch’essa un mmorpg). I videogiochi, purtroppo, sono destinati a non replicare la spettacolarità dei film cui vorrebbero accostarsi. Ci si avvicina di più, con il celebre bullet time, la saga di Max Payne.

Un nuovo inizio

Impossibile, comunque, ignorare l’importanza cinematografica e mediatica di un’opera come The Matrix, tanto segnante che i suoi stessi creatori, a oggi Lana e Lilly Watchosky, non riusciranno più nemmeno ad avvicinarsi a tale importanza, e non per mancanza di tentativi, con opere seguenti ambiziose ma deludenti quali Cloud Atlas e Jupiter: Ascending (ma la speranza è l’ultima a morire).

Pietra fondativa e di passaggio per meriti sociologici, filosofici e d’ispirazione per il cinema di genere, scolpita oggi nell’immaginario collettivo con la nitidezza di una favola della buonanotte, potremo continuare ore a interrogarci sull’origine del fenomeno The Matrix. Persino oggi, a vent’anni dalla nascita, ancora attuale e rilevante. Strappa un sorriso pensare che, una volta, i due registi dissero di aver avuto l’idea semplicemente mettendo insieme tutte le idee scartate dalla Marvel.