Vincenzo, recensione: un drama dal sapore familiare

Vincenzo è una serie tv asiatica al cui centro c'è un mafioso italiano di origini coreane. Un mix particolare, ma ideale per un pubblico occidentale.

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a cura di Alessandro Palladino

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Nel nostro approfondimento legato alla cultura delle serie TV coreane abbiamo sempre sottolineato quanto le radici della nazione, specie in ambiti storici e sociali, siano ancora oggi uno dei capisaldi delle produzioni più gettonate. Mystic Pop-Up Bar di Netflix, ad esempio, omaggia la spiritualità del paese e Itaewon Class invece la giungla urbana di Seul e di cosa vuol dire aprire un'attività lì. Ma alle volte esistono delle eccezioni, come Vincenzo: un drama il cui protagonista è un mafioso italiano di origini coreane. Alla presentazione dello show, specie dalle scene che sono trapelate online dalla sua messa in onda sulle reti nazionali, la reazione del pubblico dello stivale è stata un misto di curiosità, sdegno e il classico scetticismo di chi non ha mai visto una serie TV della Corea e sembra strano sentire parole in italiano insieme a quelle della lingua natia del protagonista. Scopriamo insieme i dettagli di questo nuovo titolo.

Dall'Italia con furore

Il tutto parte da un contesto a noi ormai noto e maggiore meta turistica per chi visita la ruralità italiana: i vigneti, le grandi città storiche come Roma e i palazzi storici dalla bellezza eterna. Il nostro Vincenzo Cassano è un Consigliere della mafia e, purtroppo, si ritrova con suo padre, il boss, ucciso da una famiglia rivale. Fin da subito capiamo che Vincenzo non è uno che ama scherzare quando le cose si fanno serie, visto che non prende proprio bene l'insulto razzista del rivale perfetta incarnazione dell'italiano medio che ritiene i "cinesi tutti uguali". E infatti il nostro Vin, così chiamato dai suoi amici stretti, gli brucia tutto il possedimento e le vigne che aveva sottratto alla famiglia Cassano. Purtroppo però quel gesto, forse mosso fin troppo dalla rabbia, non va molto a genio al successore del boss, fratellastro di Vincenzo.

Si sa, la famiglia è qualcosa di complicato e di certo un figlio adottivo non è proprio quello che ci si aspetti porti avanti l'attività di casa, specie se ha gli occhi a mandorla e i suoi fratelli sono sempre pronti a sottolinearlo. Le tensioni interne e anche un po' di nostalgia porteranno Vincenzo in Corea del Sud per recuperare delle preziose risorse che lo aiuteranno a risolvere i problemi in Italia. Il destino però lo immischia in una disputa legale tra un palazzone abbandonato, in cui vivono famiglie umili, e una importante compagnia che vuole demolirlo per erigere un'altissima torre dove raggruppare la società corrotta.

https://www.youtube.com/watch?v=_J8tYxYB_YU

Un po' come il più famoso Lawless Lawyer disponibile su Rakuten Viki TV, Vincenzo è uno show in cui si combatte l'illegalità con l'illegalità e risolvendola comunque in un'aula di tribunale. L'intreccio narrativo verte tutto su quanto entrambe le parti siano disposte a scendere pur di annullare l'altra, come in una sorta di ring in cui agli angoli siedono la malvagità corporativa e l'inarrestabile devastazione dei metodi mafiosi. Certo, non c'è una critica alla mafia in questa serie e alle volte è fin troppo glorificata nella sua immagine romantica di uomini freddi disposti a tutto, ma con un "codice d'onore" tutto loro. Di fatto Vincenzo è un mafioso solo quando vuole, trasformandosi da assassino a benefattore in un battito di ciglia.

Tuttavia è esattamente in questo precario equilibrio tra umorismo e serietà che Vincenzo, come serie, riesce a sfondare. Non si capisce mai dove lo show possa andare a parare, non c'è una situazione prevedibile e quando succede, la scrittura si assicura che quello sia un momento così memorabile da lasciarlo indelebile nei ricordi di chi guarda. Può essere una scena molto drammatica o anche comica, non c'è un modus operandi univoco ed è un po' quello che ci si aspetta da uno show coreano che spesso e volentieri si adatta al feedback del pubblico puntata per puntata. La maestria del duo Park Jae-bun (ideatore, conosciuto per Quiz from God) e Kim Hee-won (regista, molto famoso per produzioni come My Love From the Stars e The Merciless) è quella di essere riusciti a bilanciare una serie di generi diversi su un'unica premessa trainante, creando quindi il mix perfetto tra la serietà di una lotta criminale con assassinii su commissione e la comicità di un gruppo di reietti che vivono in un centro commerciale ormai in disuso.

La famiglia Cassano

Non è infatti sbagliato dire che Vincenzo, come drama, si caratterizza unicamente per i suoi personaggi più che per l'intreccio. La storia di base è infatti quasi assente, così come il ruolo della mafia nel viaggio coreano di Vincenzo, purtuttavia non facendo pesare allo spettatore questa mancanza grazie all'ottima gestione di ogni singola persona che appare sullo schermo, perfino quelle legate a una o due puntate soltanto. Come anticipato, Vincenzo è un Consigliere e per quanto la brutalità sia una sua opzione, il più del suo lavoro in Italia era quello di gestione e relazione con i partner potenti della famiglia o la gente comune dei suoi territori.

Per questo, quando torna in Corea, finisce per essere un enorme asset nella lotta di uno studio legale molto piccolo contro una mega corporazione intenta a comprare tutta Seul per arricchirsi. Dentro e fuori dall'aula di tribunale Vincenzo utilizza i suoi metodi e grazie a diversi successi riesce a fare amicizia con le vittime di Babel e gli abitanti del condominio, creando una sorta di piccola "famiglia mafiosa" nei corridoi dell'edificio diroccato. Anche qui, la connotazione di "famiglia" si discosta del tutto da quella che purtroppo conosciamo, e lo show bene o male lo sottolinea nelle prime puntate facendo narrare a un infiltrato della polizia internazionale il modo in cui Vincenzo appare ai condomini dello stabile: una persona ricca, caritatevole e generosa, che compie buone azioni e non rispecchia per niente un arrogante omicida della criminalità organizzata.

In tale frangente la figura del nostro compaesano acquisito, interpretato dalle fattezze angeliche di Song Joong-ki, ci fa scordare che fa parte della mafia e il suo italiano si trasforma in un tratto caratterizzante pittoresco su cui farsi due risate o sentirsi rapiti dall'utilizzo di citazioni classiche. Allo stesso tempo lo show fa crescere in parallelo la corruzione e malignità di Babel, portandola a compiere atti sempre più disgustosi e trasformando il suo presidente in un pazzo maniaco con il crescere delle puntate. Fin da subito è chiaro che la giustizia non si trova nella corte di un tribunale ed è lo scontro tra i metodi delle due parti che permette a entrambe di catturare lo spettatore in una bizzarra partita a scacchi dove le pedine sanguinano e vengono mosse con capitali, complotti e tradimenti.

C'è anche spazio per un paio di storie d'amore, elemento essenziale in ogni buon drama, ma il ruolo di queste è marginale e non è mai il focus principale della serie. Sì, il protagonista finisce per allearsi con lo studio legale e la sua avvocatessa, però la loro alchimia crescente non sfonda mai il limite dei fini della storia principale, rimanendone a debita distanza e rubando i riflettori solo quando è strettamente necessario per la trama. Come vi sarà poi evidente nel corso dello show, è la famiglia a essere la colonna portante della morale di Vincenzo, e la famiglia è un qualcosa con cui puoi nascere fin da subito, ma anche creare nel momento e nel posto più inaspettato della tua vita, magari anche con le persone più bizzarre del pianeta.

Lacrima e sorriso

Famiglia però vuol dire anche doversi confrontare con momenti tristi e altri belli, vivere qualcuno o qualcosa nonostante i numerosi ostacoli che intercorrono tra le risate e la sofferenza. Ed è un concetto che Vincenzo tiene molto a cuore come tipo di rappresentazione, adagiandosi su una sottile critica sociale a favore delle persone dimenticate dal "sistema". In un certo senso non è una novità vedere un tema del genere su Netflix, basti pensare a Itaewon Class, ma la particolarità di Vincenzo è il suo non voler rappresentare povertà contro ricchezza, bensì un diverso tipo di potenza economica contro un altro suo simile. Se il sistema è corrotto e tratta le persone come farebbe un mostro mangia-uomini, allora serve un altro orrore più grande per riuscire a batterlo. Questo in linea di massima funziona in Vincenzo e acquista una connotazione positiva perché il personaggio del mafioso diventa, letteralmente, un santo con la pistola.

Tuttavia, è forse questa la debolezza maggiore dello show, riduce il nostro mafioso fin troppo alla posizione più buona possibile, nonostante non si faccia problemi ad uccidere anche in maniere cruente, emulando perfino alcune scene del più noto Giustizia Privata con Gerard Butler. A differenza del film di Gary Grey, Vincenzo valica il limite senza che nessuno gli faccia notare il problema nel farlo, senza che il suo lato malvagio, più volte sottolineato in alcuni flashback, abbia poi un peso specifico nelle azioni. Non c'è sofferenza nel personaggio, ma non c'è neanche vendetta o spietatezza marcata: rimane in un limbo che va bene per mantenere la leggerezza dello show, ma che forse tradisce un po' l'idea originale dietro la serie.

In conclusione

A parte queste imperfezioni, Vincenzo rimane un prodotto fenomenale per un pubblico occidentale, o specificamente italiano. Non tanto perché ci fa piacere sentire la nostra lingua venir trattata con un certo rispetto nella sua eleganza oratoria, ma soprattutto per via del mix di culture che bene o male potrebbe fare da apripista a un pubblico già curioso e che finora non ha mai avuto dei traini narrativi con cui sentirsi coinvolti nei drama coreani. Qui c'è ampio margine per riuscire a connettersi con gli attori, anche per via della tematica sociale comune a tutte le nazioni, e abbastanza elementi culturali con cui poter scoprire poco a poco la cultura coreana mettendola in parallelo con la nostra. E sì, c'è anche il contesto culinario, con tanto di aspra critica verso le "imitazioni" dei nostri piatti.

A conti fatti, di italiano dopo le prime puntate ce n'è ben poco e Vincenzo diventa una serie coreana standard dall'alto budget di stampo crime. Ma forse è esattamente questo suo corso non proprio fedele alla promozione iniziale (leggasi delle prime puntate) a essere il fattore vincente per proporsi a un pubblico ben più vasto di quello disponibile in patria. Al netto di quella che è un'immagine fin troppo romantica della mafia, ma mai volgare, Vincenzo è un prodotto che non dovreste pensare di sottovalutare solo per le sue macchiette: infatti è forse uno dei drama coreani migliori che Netflix accoglie nel nostro paese, e proprio perché è di ottima caratura e unisce tante cose a noi familiare è l'ideale per avvicinarsi a questo mondo di serie eccezionali.