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AI on-premise: la rivoluzione ibrida firmata AWS e NVIDIA

AWS installa intere piattaforme AI nei data center dei clienti, garantendo controllo totale dei dati e integrazione con il cloud.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 03/12/2025 alle 11:20

La notizia in un minuto

  • AWS lancia AI Factories, sistemi di intelligenza artificiale installati direttamente nei data center aziendali in collaborazione con NVIDIA, invertendo il modello cloud tradizionale per garantire sovranità dei dati
  • La soluzione permette di scegliere tra GPU Blackwell di NVIDIA o chip Trainium3 di Amazon, integrandosi con servizi AWS come Bedrock e SageMaker per gestire carichi di lavoro AI senza condividere hardware con altri tenant
  • Il ritorno alle infrastrutture on-premise rappresenta un paradosso dell'era AI, con Microsoft e altri giganti cloud che seguono strategie simili per rispondere a esigenze di compliance normativa e sicurezza nazionale

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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Amazon Web Services ha svelato martedì una nuova soluzione denominata "AI Factories", progettata per permettere a grandi aziende e governi di ospitare sistemi di intelligenza artificiale direttamente nei propri data center. L'iniziativa, sviluppata in collaborazione con NVIDIA, rappresenta un'inversione di tendenza significativa nell'architettura cloud: invece di migrare i carichi di lavoro verso l'infrastruttura AWS, è Amazon a portare la propria tecnologia AI nelle infrastrutture dei clienti. Il modello è chiaro: il cliente fornisce l'energia elettrica e lo spazio fisico del data center, mentre AWS installa, gestisce e integra il sistema AI con gli altri servizi cloud dell'azienda di Seattle.

La mossa risponde a una crescente preoccupazione nel panorama enterprise: la sovranità dei dati. Multinazionali e istituzioni governative necessitano di controllo assoluto sulle proprie informazioni sensibili, evitando che queste possano finire su server condivisi, nelle mani di concorrenti o, peggio ancora, di potenze straniere avverse. Una AI Factory on-premise garantisce che i dati non lascino mai il perimetro aziendale, eliminando anche la condivisione dell'hardware sottostante con altri tenant cloud.

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Il termine "AI Factory" non è casuale né originale. NVIDIA utilizza già questa denominazione per i propri sistemi hardware completi, che includono tutto il necessario per eseguire carichi di lavoro AI: dalle GPU ai componenti di networking specializzati. La collaborazione tra AWS e il colosso di Santa Clara si concretizza proprio in questa offerta congiunta, dove le aziende possono scegliere tra le ultime GPU Blackwell di NVIDIA o i chip proprietari Trainium3 di Amazon. L'ecosistema si completa con tecnologie di networking, storage, database e sicurezza sviluppate internamente da AWS, oltre all'integrazione con Amazon Bedrock (il servizio per la selezione e gestione di modelli AI) e AWS SageMaker AI (la piattaforma per la costruzione e l'addestramento dei modelli).

AWS è lontana dall'essere l'unico gigante del cloud a installare AI Factories basate su tecnologia NVIDIA nei data center aziendali

Il panorama competitivo rivela dinamiche analoghe. A ottobre, Microsoft ha presentato le proprie AI Factory destinate ai data center globali per gestire i carichi di lavoro OpenAI. Redmond non ha inizialmente comunicato la disponibilità di queste macchine estreme per cloud privati, concentrandosi invece sulla costruzione di "AI Superfactories" – data center all'avanguardia in fase di realizzazione in Wisconsin e Georgia, fortemente basati sull'ecosistema tecnologico NVIDIA. Il mese scorso, Microsoft ha inoltre delineato data center e servizi cloud localizzati in singoli paesi per affrontare proprio la questione della sovranità dei dati, includendo Azure Local, la soluzione hardware gestita installabile presso le sedi dei clienti.

L'aspetto paradossale dell'intera situazione non sfugge agli osservatori del settore. L'intelligenza artificiale, tecnologia considerata simbolo del cloud computing distribuito, sta spingendo i maggiori fornitori cloud a investire massicciamente in data center privati aziendali e architetture ibride. Un ritorno al passato che ricorda le strategie del 2009, quando l'industria si divideva tra infrastrutture on-premise e le prime soluzioni cloud emergenti. La differenza sostanziale risiede nelle motivazioni: non più semplici resistenze culturali alla migrazione cloud, ma necessità concrete legate alla compliance normativa, alla sicurezza nazionale e al controllo strategico sui dati più sensibili.

Fonte dell'articolo: techcrunch.com

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