Il panorama globale dei semiconduttori per l'intelligenza artificiale si prepara a una nuova accelerazione cinese. Cambricon Technologies, uno dei principali produttori di chip AI della Repubblica Popolare, avrebbe pianificato di triplicare la propria produzione entro il 2026, secondo indiscrezioni raccolte da Bloomberg. La mossa rappresenterebbe un tentativo strategico di colmare il vuoto lasciato dal ritiro parziale di NVIDIA dal mercato cinese, conseguenza diretta delle restrizioni commerciali imposte dagli Stati Uniti e delle successive normative governative. Parallelamente, Cambricon cercherebbe di erodere quote di mercato al colosso nazionale Huawei, attualmente dominante nel segmento domestico dei processori per machine learning.
L'ambizione dichiarata si scontra però con interrogativi concreti di natura produttiva. La capacità manifatturiera necessaria per triplicare i volumi in appena due anni potrebbe non essere disponibile, considerando i limiti tecnologici delle fonderie cinesi e le restrizioni internazionali sull'accesso ai nodi produttivi più avanzati. Le fabbriche domestiche come SMIC restano infatti indietro di diverse generazioni rispetto a TSMC e Samsung, con conseguenti limitazioni prestazionali per i chip risultanti.
La questione della memoria rappresenta un ulteriore collo di bottiglia critico. I data center che Cambricon intende servire richiedono enormi quantità di HBM (High Bandwidth Memory) e LPDDR, componenti già oggi in forte scarsità a livello globale. La domanda esplosiva per applicazioni di training e inference dei modelli linguistici ha infatti creato tensioni nella catena di fornitura che coinvolgono l'intera industria, da SK Hynix a Micron. Senza garanzie di approvvigionamento stabile, gli ordini che Cambricon spera di ricevere potrebbero rimanere sulla carta.
Ciononostante, Cambricon ha beneficiato enormemente del boom dell'AI registrato negli ultimi tre anni, con crescite a doppia cifra sostenute da massicci investimenti governativi. Il programma "Made in China 2025" e successive iniziative hanno infatti canalizzato miliardi di yuan verso l'industria nazionale dei semiconduttori, riducendo la dipendenza tecnologica dall'Occidente. In un contesto geopolitico sempre più multipolare, Pechino continua a costruire la propria autonomia strategica nel settore dei chip per AI, accettando il compromesso di prestazioni inferiori rispetto alle GPU di ultima generazione basate su architetture come Hopper o RDNA.
Il confronto prestazionale resta infatti impietoso: mentre le NVIDIA H100 e le imminenti Blackwell dominano i benchmark per il training di modelli ad alta complessità, i processori cinesi faticano a competere su metriche come TOPS per watt e throughput complessivo. La distanza tecnologica si riflette anche nei processi produttivi, con i chip occidentali realizzati su litografie a 4-5 nm contro nodi più datati per la concorrenza asiatica. Per applicazioni di inference meno demanding, tuttavia, le soluzioni domestiche cinesi potrebbero rivelarsi sufficienti, specialmente considerando vantaggi in termini di costo e assenza di rischi legati a sanzioni internazionali.