Il gigante tecnologico di Redmond si trova al centro di una controversia che tocca le corde più profonde dell'etica aziendale e della responsabilità sociale. Un gruppo di oltre 60 azionisti ha presentato una proposta che chiede a Microsoft di pubblicare un rapporto dettagliato sull'efficacia dei suoi processi di "due diligence" sui diritti umani, con particolare attenzione all'utilizzo dei suoi prodotti di intelligenza artificiale e cloud da parte delle forze militari israeliane. La questione solleva interrogativi fondamentali sul ruolo delle multinazionali tecnologiche nei conflitti internazionali e sulla loro capacità di monitorare l'uso dei propri strumenti digitali.
Quando la tecnologia diventa strumento di guerra
Il cuore della controversia risiede nell'utilizzo crescente delle tecnologie di Microsoft e OpenAI da parte di Israele dopo l'attacco di Hamas dell'ottobre 2023, che causò quasi 1.200 vittime e 251 ostaggi. Secondo un rapporto dell'Associated Press del febbraio 2025, l'impiego di queste tecnologie da parte delle forze israeliane è letteralmente esploso nel periodo successivo all'attacco. Gli analisti dell'IDF utilizzano sistemi abilitati dall'AI per identificare obiettivi, anche se ufficialmente questi vengono esaminati indipendentemente insieme a ufficiali di alto rango per rispettare il diritto internazionale.
Tuttavia, mentre il conflitto a Gaza si intensificava causando decine di migliaia di vittime civili palestinesi, molti osservatori internazionali hanno iniziato a dubitare che le preoccupazioni per il diritto internazionale fossero ancora una priorità. Una commissione delle Nazioni Unite ha stabilito nell'ottobre 2024 che Israele ha perpetrato una politica concertata per distruggere il sistema sanitario di Gaza come parte di un assalto più ampio, commettendo crimini di guerra attraverso attacchi deliberati e implacabili contro personale e strutture mediche.
Il silenzio aziendale sotto accusa
La proposta degli azionisti mette in evidenza una lacuna fondamentale nella trasparenza di Microsoft. Sebbene l'azienda dichiari di condurre processi di due diligence continui sui diritti umani lungo tutta la sua catena del valore, non spiega mai i suoi processi relativi all'uso finale da parte dei clienti, né riferisce sulla loro efficacia. "Di fronte a gravi accuse di complicità in genocidio e altri crimini internazionali, i processi di due diligence di Microsoft appaiono inefficaci", si legge nella risoluzione degli azionisti.
Microsoft ha risposto alle accuse con una dichiarazione pubblicata a maggio, spiegando di aver condotto una revisione interna e commissionato a una società terza di "intraprendere ulteriori accertamenti". La conclusione dell'azienda è stata che non hanno trovato prove che le tecnologie Azure e AI di Microsoft siano state utilizzate per colpire o danneggiare persone nel conflitto a Gaza. Tuttavia, la dichiarazione non fornisce informazioni aggiuntive sulla natura delle valutazioni, sulla definizione di "danno" o sull'identità della società esterna coinvolta.
Proteste interne ed esterne
Il crescente malcontento si è manifestato attraverso proteste sia all'interno che all'esterno dell'azienda. In aprile, l'ex dipendente Microsoft Ibtihal Aboussad ha interrotto la celebrazione del 50° anniversario dell'azienda per chiedere a Microsoft di "smettere di usare l'AI per il genocidio", venendo licenziata poco dopo per le sue azioni. Proteste più ampie si sono verificate durante la conferenza Build di Microsoft a maggio.
Anche personalità del calibro di Brian Eno, leggenda del rock d'arte e creatore della celebre suoneria di avvio di Windows 95, ha alzato la voce contro l'azienda. In una dichiarazione puntuale di maggio, Eno ha esortato Microsoft a interrompere i suoi legami con Israele: "Se costruisci consapevolmente sistemi che possono consentire crimini di guerra, inevitabilmente diventi complice di quei crimini".
Una questione di soldi e di morale
Gli azionisti coinvolti nella proposta rappresentano oltre 80 milioni di dollari in azioni Microsoft, una cifra considerevole ma comunque una piccola frazione della valutazione totale dell'azienda. Tuttavia, Rewan Haddad, direttore della campagna presso l'organizzazione di vigilanza dei consumatori Eko, ha sottolineato che il numero e la diversità dei co-firmatari della risoluzione rappresenta il maggior numero di co-firmatari mai registrato per una singola risoluzione degli azionisti Microsoft, dimostrando la portata della frustrazione degli azionisti nei confronti dell'azienda.
La risoluzione stessa evidenzia che "una due diligence inadeguata espone Microsoft a rischi legali, operativi e reputazionali sostanziali", tutti elementi che possono influire negativamente sul valore per gli azionisti. Si tratta di un linguaggio puramente commerciale, certamente una preoccupazione per gli azionisti il cui interesse primario è il denaro, ma le Religiose del Sacro Cuore di Maria, principale promotore della risoluzione, hanno dichiarato che "la questione morale è fondamentale".
Un precedente significativo
Non è la prima volta che questo ordine religioso guida azioni degli azionisti sui diritti umani di Microsoft. Nel 2021 erano stati i principali promotori di una proposta che chiedeva all'azienda di valutare gli "impegni sui diritti umani" riguardo allo sviluppo di prodotti, contratti e relazioni commerciali con agenzie governative, incluse le forze dell'ordine, che creano un alto rischio di impatti negativi sui diritti umani. Microsoft aveva accettato di farlo nell'ottobre 2021, stabilendo un precedente importante per l'attuale controversia.
La risoluzione degli azionisti che chiede un rapporto sui processi di due diligence sui diritti umani di Microsoft verrà votata durante l'Assemblea Generale Annuale dell'azienda, che si terrà nel corso di quest'anno. L'esito di questo voto potrebbe stabilire nuovi standard per la trasparenza aziendale nel settore tecnologico, in un momento in cui le aziende tech si trovano sempre più sotto scrutinio per il loro ruolo nei conflitti globali.