Sony e il vizietto dei rootkit

Sony continua a far uso di rootkit nonostante il caso Sony BMG dello scorso anno: in questo caso il fine è nobile, ma il pericolo resta.

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a cura di Manolo De Agostini

"Il lupo perde il pelo ma non il vizio": quale detto popolare ha mai avuto più riscontro del suddetto? Nel mondo dell'informatica, per un motivo o per l'altro, sono molti i recidivi che incappano in errori, non imparano e li ricommettono dopo poco tempo. Tra questi sembra si possa annoverare anche Sony, vittima tempo fa di una spiacevole diatriba sui rootkit inseriti all'interno suoi cd musicali.

I rootkit sono un insieme di software in grado di ottenere il controllo di un computer da locale o da remoto in maniera nascosta. La loro presenza all'interno dei cd dell'azienda non ha certamente portato una grande pubblicità al colosso nipponico, tanto che la stessa è dovuta correre ai ripari fornendo strumenti di rimozione dei fastidiosi e non graditi intrusi.

A diverso tempo di distanza sembra che Sony non abbia perso il vizietto dei rootkit. Oggi non si parla più di cd musicali ma bensì di prodotti della linea USB MicroVault. Secondo l'azienda di sicurezza F-Secure, il software a corredo del prodotto nasconderebbe alcuni file all'interno della directory host di Windows, in grado così di diventare invisibili alle API di Windows e a molti software antivirus.

Questi file potrebbero in questo modo essere sfruttati da malware che potrebbero eludere i software di sicurezza del computer e causare grossi problemi. In questo caso, a differenza di quello Sony BMG, l'azienda nipponica non avrebbe però operato in modo "sospetto": i file sarebbero stati nascosti per rendere il software più sicuro.