Una ricerca che serve già oggi

Ricercatori del Massachusetts hanno sviluppato algoritmi per un robot rendendolo in grado di comprendere le implicazioni degli ordini ricevuti, ed eventualmente di obiettare se ritiene che ci sia del pericolo. Nel frattempo, una rete neurale dà prova delle sue abilità quanto a computer vision.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Una ricerca che serve già oggi

Alcuni lettori potrebbero, a questo punto, pensare che si stiano creando le basi per una fantasiosa "ribellione delle macchine", ma è vero l'esatto contrario. Come abbiamo visto nel nostro recente speciale dedicato all'intelligenza artificiale (qui la prima parte), non possiamo esimerci dalla ricerca sulla programmazione dell'intelligenza artificiale, e in particolar modo è importante sviluppare algoritmi che ci permettano di interagire con essa in sicurezza nel momento in cui avrà grandi capacità. È un lavoro lungo e difficile, e al momento nulla ci garantisce che saremo pronti quando sarà il momento.

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È una missione per il futuro, prossimo o remoto dipende dalla persona a cui domandate. Ma è un'impellenza già oggi. Dobbiamo rispondere a questo bisogno entro pochi anni, e imparare come programmare le macchine affinché riconoscano il pericolo e sappiano reagire nel modo migliore.

Entro pochi anni, per esempio, le auto a guida automatica (anch'esse dei robot, ma non umanoidi) saranno una realtà commerciale - basta guardare cosa già fanno oggi quelle a guida assistita più avanzate. Queste auto si troveranno in situazioni pericolose, e dovranno decidere se l'ordine impartito dall'umano è pericoloso oppure no, dovranno fare obiezioni e valutare informazioni aggiuntive - esattamene come fa il simpatico robottino di questi video.

Appurato, quindi, che è necessario sviluppare robot che sappiano "dire di no" con consapevolezza, è interessante anche rilevare le capacità a cui sono già arrivati queste macchine. Il robot del video, l'Alpha 2 da usare in casa, i grandi robot umanoidi visti al DARPA Robotic Challenge (tra cui l'europeo WALK-MAN), o il "cagnolone" di Boston Dynamics - che di recente la marina statunitense ha cominciato ad addestrare.

E a proposito di capacità, c'è anche un altro video che vale la pena di vedere. In esso, l'operatore passeggia per un città con uno smartphone collegato a una rete neurale, sviluppata da Google insieme all'Università di Stanford. Lo smartphone inquadra l'ambiente circostante, e la rete neurale dice ciò che vede. Il risultato non è perfetto naturalmente ma la sua precisione è sorprendente. La macchina si mostra in grado di riconoscere molte delle cose che vede con la videocamera.

In questo caso il software sottostante è un prodotto open source che risponde al nome di NeuralTalk. Il progetto è disponibile su GitHub, e chiunque ne sia in grado può cercare di contribuire al suo sviluppo. Anche se, naturalmente, non tutti abbiamo accesso a una rete neurale.

Il robot capace di dire di no, come la rete neurale che riconosce ciò che vede. Entrambi i progetti possono risultare molto affascinanti, e ci offrono la cifra dello stato della ricerca sull'Intelligenza Artificiale. La rete neurale non capisce veramente che cosa vede, ma è chiaro che è in grado di riconoscerla. Il robot invece vede l'ostacolo e capisce in che modo deve agire di fronte ad esso.

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L'unione di questi due sistemi può portare a qualcosa che ne supera la semplice somma, e possiamo star certi che lo vedremo in un futuro molto prossimo. Il ritmo del progresso sta raggiungendo un livello davvero impressionante, a dimostrazione di quanto sia concreto il concetto di crescita esponenziale applicato all'evoluzione tecnologica. Se la tecnologia si evolve sempre di più ed è ogni giorno più potente, tuttavia, resta aperta la domanda più importante: quando ci sarà la grande svolta, saremo pronti?