Il riciclo dei qubit sta emergendo come una delle frontiere più promettenti per rendere i computer quantistici davvero utilizzabili. Mentre questi dispositivi crescono rapidamente in dimensioni – con sistemi che oggi integrano migliaia di qubit basati su atomi ultrafreddi – rimane aperto il problema cruciale degli errori di calcolo, che si manifestano a ritmi tali da limitarne drasticamente l'applicabilità pratica. Un gruppo di ricercatori guidato da Matt Norcia dell'azienda statunitense Atom Computing ha dimostrato per la prima volta la possibilità di riutilizzare fino a 41 volte consecutive gli stessi qubit dedicati al rilevamento degli errori, una svolta tecnica che potrebbe ridurre significativamente il numero di qubit necessari per computazioni affidabili.
Il cuore del problema risiede nella natura intrinsecamente fragile dei sistemi quantistici. Tutti i computer quantistici attualmente esistenti sono troppo soggetti a errori per affrontare calcoli che siano contemporaneamente utili e superiori rispetto ai computer tradizionali. Per superare questo ostacolo, la comunità scientifica ha sviluppato complessi schemi di correzione degli errori che prevedono una divisione dei ruoli tra i qubit: alcuni manipolano direttamente i dati ed eseguono i calcoli, mentre altri – chiamati ancilla qubits o qubit ancillari – hanno il compito esclusivo di monitorare e tracciare gli errori che inevitabilmente si verificano durante le operazioni.
La metodologia impiegata dal team di Atom Computing si basa su qubit realizzati con atomi di itterbio elettricamente neutri, raffreddati a temperature prossime allo zero assoluto mediante tecniche laser combinate con impulsi elettromagnetici. Il controllo dello stato quantistico di ciascun atomo – e quindi dell'informazione che codifica – viene esercitato attraverso fasci laser configurati come "pinzette ottiche" (optical tweezers), una tecnologia che consente una manipolazione estremamente precisa a livello atomico. Questa architettura ha permesso ai ricercatori di organizzare il sistema quantistico in tre zone funzionalmente distinte.
Nella prima zona operano 128 pinzette ottiche che dirigono i qubit impegnati nei calcoli veri e propri. La seconda zona contiene 80 pinzette che controllano qubit dedicati alle misurazioni degli errori, pronti a essere sostituiti ogni volta che un qubit si corrompe. La terza zona funge da deposito, con spazio per altri 75 qubit appena preparati in uno stato utile. Questa configurazione tripartita consente di reimpostare e riutilizzare i qubit ancillari oppure di scambiarli con qubit freschi quando necessario, evitando di dover continuamente produrre nuovi qubit – un processo tecnicamente complesso e costoso.
Le difficoltà tecniche nell'implementare questa strategia sono considerevoli. Come spiega Norcia, qualsiasi luce dispersa da un laser che raggiunga involontariamente un qubit vicino può disturbarne il funzionamento. Il team ha dovuto sviluppare un controllo laser di precisione estrema e, parallelamente, metodi per "sintonizzare" gli stati dei qubit che gestiscono i dati in modo che rimangano nascosti o non perturbati da determinati tipi di luce dannosa. Questa capacità di isolamento selettivo rappresenta un progresso significativo nell'ingegneria dei sistemi quantistici basati su atomi neutri.
L'importanza di questa innovazione è riconosciuta ampiamente nella comunità quantistica. Yuval Boger della società statunitense QuEra sottolinea che il riutilizzo degli ancilla è fondamentalmente importante per il progresso del calcolo quantistico: senza questa capacità, anche calcoli molto modesti richiederebbero milioni o miliardi di qubit, un obiettivo semplicemente implausibile per qualsiasi hardware quantistico esistente o in fase di costruzione nel prossimo futuro. La consapevolezza di questa necessità è ormai diffusa: secondo Norcia, l'intera comunità di ricerca sugli atomi neutri comprende l'urgenza di reimpostare e ricaricare atomi durante una computazione.
Il problema del riciclo dei qubit non è esclusivo di Atom Computing. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology ha recentemente utilizzato un approccio simile per mantenere operativo per diverse ore un computer quantistico composto da 3.000 atomi ultrafreddi di rubidio. Anche tecnologie basate su architetture diverse stanno percorrendo questa strada: alcuni computer quantistici che utilizzano qubit realizzati con ioni controllati dalla luce – come il sistema Helios recentemente presentato da Quantinuum – possiedono già capacità di riutilizzo dei qubit, sebbene con metodologie tecnicamente differenti.
Le prospettive future dipendono dalla capacità di scalare queste tecniche a sistemi ancora più grandi e complessi. L'obiettivo è rendere i computer quantistici capaci di eseguire calcoli pratici e vantaggiosi rispetto ai supercomputer classici, un traguardo che richiede non solo più qubit, ma soprattutto qubit più affidabili e gestibili nel tempo. La dimostrazione che i qubit ancillari possono essere riciclati decine di volte consecutive rappresenta un passo concreto verso computazioni quantistiche più lunghe e ambiziose, aprendo la strada a una nuova generazione di algoritmi in grado di affrontare problemi attualmente irrisolvibili – dalla simulazione di molecole complesse per lo sviluppo di farmaci all'ottimizzazione di reti logistiche su scala globale.