L’alluminio-26 ci svela il cuore delle stelle morenti

l’alluminio-26 è un isotopo radioattivo prodotto nel cuore delle stelle morenti, la cui rilevazione è molto importante per comprendere meglio l’universo, ma è difficile da eseguire in laboratorio. Un team internazionale di scienziati ha però trovato una soluzione alternativa.

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a cura di Alessandro Crea

L’alluminio-26 fornisce una visione rara dei processi nelle stelle. Decade in magnesio-26, che emette un caratteristico raggio gamma osservabile con i satelliti. Il magnesio-26 è rilevabile nei frammenti di materiale proveniente da stelle che esistevano prima del nostro Sole. Il tasso di distruzione dell'alluminio-26 catturando un protone è fondamentale per interpretare la quantità di magnesio-26 osservata nell'Universo.

L'alluminio-26 radioattivo consente quindi agli scienziati di intravedere i cuori delle stelle morenti. Il suo isotopo figlio, magnesio-26, è stato osservato nello spazio e nei frammenti presolari, il cui contenuto riflette la composizione della stella madre. Purtroppo però L'isotopo radioattivo dell’alluminio noto come alluminio-26 ha uno stato quantistico di lunga durata che è difficile da studiare in un ambiente di laboratorio controllato. Uno stato quantistico è una descrizione di tutte le potenziali disposizioni dei componenti in un atomo o in un altro sistema.

Scienziati del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno quindi utilizzato esperimenti beam-target presso il National Superconducting Cyclotron Laboratory della Michigan State University, utilizzando un neutrone aggiunto all'isotopo radioattivo silicio-26 per studiare gli stati quantistici eccitati nel silicio-27 che sono gli stessi dell'alluminio-26. Ciò è stato possibile perché protoni e neutroni sono soggetti a una notevole simmetria, il che rende l'aggiunta di un protone allo stato di lunga durata in alluminio-26 equivalente all'aggiunta di un neutrone allo stato suolo di Silicio-26.

La ricerca ha dimostrato che la distruzione dell'alluminio-26 da parte della cattura protonica su uno stato di lunga durata è otto volte meno frequente di quanto stimato in precedenza. Questa scoperta indica la necessità di ulteriori studi.