La psichiatria genetica potrebbe essere sul punto di una svolta paradigmatica. Mentre fino ad oggi si è sempre ritenuto che i disturbi mentali derivassero dall'interazione complessa di molteplici geni, ciascuno con un contributo minimo, una ricerca appena pubblicata identifica per la prima volta un singolo gene capace di scatenare da solo patologie psichiatriche. La scoperta, frutto di quasi quindici anni di collaborazione scientifica e dell'analisi del più grande registro internazionale di pazienti con alterazioni del gene GRIN2A, potrebbe rivoluzionare non solo la comprensione eziopatogenetica dei disturbi mentali, ma anche aprire la strada a terapie mirate basate su supplementi alimentari.
Il gene protagonista della ricerca si chiama GRIN2A e codifica per una subunità del recettore NMDA, un componente molecolare fondamentale nella comunicazione tra neuroni. Questo recettore è coinvolto nella trasmissione del segnale mediato dal glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale. Johannes Lemke, direttore dell'Istituto di Genetica Umana presso il Centro Medico dell'Università di Lipsia e autore principale dello studio, spiega che "GRIN2A è il primo gene noto in grado di causare autonomamente una malattia mentale, distinguendosi dalle cause poligeniche dei disturbi psichiatrici che abbiamo sempre ipotizzato finora".
L'indagine ha coinvolto 121 individui portatori di varianti genetiche nel gene GRIN2A, sottoposti ad un'analisi statistica approfondita dei dati clinici. Ciò che emerge con chiarezza è un'associazione tra specifiche varianti di questo gene e una gamma di disturbi psichiatrici che include non solo la schizofrenia, ma anche altre patologie mentali. L'elemento più sorprendente riguarda però l'età di insorgenza: mentre tradizionalmente i disturbi psichiatrici si manifestano in età adulta, nei pazienti con alterazioni di GRIN2A i sintomi compaiono già nell'infanzia o nell'adolescenza, suggerendo un meccanismo patogenetico più diretto e meno dipendente da fattori ambientali accumulati nel tempo.
Dal punto di vista molecolare, le varianti identificate riducono la funzionalità del recettore NMDA, compromettendo l'efficienza della trasmissione sinaptica eccitatoria. Questo deficit funzionale si traduce in un'alterata regolazione dell'attività elettrica neuronale, con conseguenze sullo sviluppo e sul funzionamento dei circuiti cerebrali coinvolti nella cognizione, nell'emotività e nella percezione della realtà. Il meccanismo ricorda quanto osservato in altri disturbi del neurosviluppo, ma la specificità delle manifestazioni psichiatriche isolate rappresenta un'osservazione inedita che richiede ulteriori approfondimenti neurobiologici.
La collaborazione tra Lemke e Steffen Syrbe, professore presso la Facoltà di Medicina di Heidelberg e neuropediatra all'Ospedale Universitario di Heidelberg, ha permesso di testare un approccio terapeutico promettente. Alcuni pazienti hanno ricevuto L-serina, un aminoacido presente anche come supplemento alimentare, capace di attivare i recettori NMDA. I risultati preliminari mostrano miglioramenti clinicamente significativi nei sintomi psichiatrici, suggerendo che il ripristino farmacologico dell'attività recettoriale possa compensare il deficit genetico. Si tratta di un'osservazione che necessita conferma attraverso trial clinici controllati, ma che apre prospettive terapeutiche concrete per una categoria di pazienti finora priva di trattamenti specifici.
Il registro internazionale di pazienti con alterazioni del gene GRIN2A, creato da Lemke nel corso degli anni, rappresenta oggi la più vasta raccolta mondiale di dati su questa popolazione clinica. Questo database ha costituito la base empirica per l'analisi statistica pubblicata e continuerà a fornire informazioni preziose sulla storia naturale della malattia, sulla variabilità fenotipica e sulla risposta ai trattamenti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nel 2021 quasi una persona su sette nel mondo convivesse con un disturbo mentale, con ansia e depressione ai primi posti: identificare cause monogeniche anche per una frazione minoritaria di questi casi rappresenta comunque un progresso significativo nella medicina di precisione psichiatrica.
Le implicazioni di questa scoperta si estendono oltre il singolo gene. Se confermato che disturbi mentali possono derivare da alterazioni di singoli geni piuttosto che esclusivamente da complesse interazioni poligeniche, cambierà l'approccio diagnostico, con maggiore attenzione ai test genetici in presenza di sintomi psichiatrici a esordio precoce o con anamnesi familiare suggestiva. Inoltre, la dimostrazione che un supplemento alimentare possa influenzare positivamente sintomi psichiatrici di origine genetica potrebbe stimolare la ricerca di altre molecole capaci di modulare specifici pathway molecolari alterati. I prossimi passi includeranno l'identificazione di altri geni con simili caratteristiche monogeniche e la progettazione di studi clinici randomizzati per validare l'efficacia della L-serina e di altre molecole candidate in questa specifica popolazione di pazienti.