Il 21 dicembre 1954, una bambina di undici anni stava pedalando con un’amica quando improvvisamente sentì la terra tremare. Le due si gettarono a terra come durante le esercitazioni scolastiche, mentre il terreno ondeggiava e i camini crollavano. A colpirla di più fu l’immagine di una donna uscita di casa con i bigodini, scena impensabile per l’epoca. Questa testimonianza, raccolta settant’anni dopo, è diventata cruciale per chiarire un mistero sismico rimasto irrisolto per decenni.
La costa settentrionale della California è tra le aree più attive sismicamente degli Stati Uniti, dominata dalla Mendocino Triple Junction. Ma il sisma del 1954 era un’anomalia: magnitudo 6.5, profondità di 11 km e caratteristiche che non coincidevano con i modelli noti della zona. Diversamente dai grandi terremoti tipici della placca di Gorda, questo sembrava originarsi da un punto inedito sotto Fickle Hill, a est di Arcata, suggerendo una causa diversa e più complessa.
La zona di subduzione silenziosa
Dopo tre anni di ricerche, Peggy Hellweg dell’Università di Berkeley e colleghi hanno ipotizzato che l’evento fosse collegato all’interfaccia di subduzione di Cascadia. Una scoperta sorprendente, perché questa faglia – responsabile del devastante sisma del 1700 – è rimasta silenziosa per secoli.
La possibilità che il terremoto del 1954 derivi proprio da lì apre nuovi scenari: forse la faglia non è bloccata del tutto, ma può rompersi a tratti generando eventi localizzati.
L’enigma dei piccoli terremoti mancanti
Secondo Lori Dengler della Cal Poly Humboldt, l’assenza di scosse minori aveva spinto molti a credere che Cascadia fosse ferma fino al prossimo “big one”. Se confermato, il sisma del ’54 dimostrerebbe invece che piccole porzioni possono attivarsi autonomamente, come già visto con Cape Mendocino nel 1992.
Gli scienziati hanno rianalizzato dati d’archivio, registrazioni sismiche dimenticate e testimonianze dirette raccolte via social. Ricordi di camini crollati e vasche svuotate hanno aiutato a ricostruire un quadro coerente.
Lo studio mostra quanto sia vitale conservare non solo i dati, ma anche i metodi con cui vengono raccolti. La memoria storica, integrata con le moderne tecnologie, può risolvere enigmi rimasti irrisolti per decenni e migliorare la comprensione di uno dei sistemi sismici più pericolosi del pianeta.