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Cibi ultra-processati: rischio prediabete già a 20 anni

Un nuovo studio mostra che anche piccoli aumenti di cibi ultra-processati possono alterare la gestione del glucosio già tra i 17 e i 22 anni.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor

Pubblicato il 18/11/2025 alle 08:50

La notizia in un minuto

  • Uno studio longitudinale su 85 giovani adulti tra i 17 e i 22 anni dimostra che un aumento del 10% nel consumo di cibi ultra-processati incrementa del 64% il rischio di prediabete e del 56% la probabilità di alterata regolazione del glucosio
  • La giovane età adulta rappresenta una finestra critica per prevenire il diabete di tipo 2, poiché in questa fase si consolidano le abitudini alimentari destinate a persistere per decenni e l'organismo mostra già segni precoci di insulino-resistenza
  • Negli Stati Uniti oltre la metà delle calorie quotidiane deriva da cibi ultra-processati, caratterizzati da elevati contenuti di zuccheri, sodio e additivi industriali che compromettono la funzione insulinica anche in modeste quantità
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

La capacità dell'organismo di regolare il glucosio nel sangue rappresenta uno dei marcatori più affidabili per predire l'insorgenza del diabete di tipo 2, una patologia cronica che nel mondo occidentale colpisce milioni di persone. Mentre negli adulti il legame tra alimentazione ultra-processata e alterazioni metaboliche è ormai solidamente documentato, le ricerche sui giovani adulti erano finora sorprendentemente scarse. Un nuovo studio longitudinale condotto dalla Keck School of Medicine dell'Università della California del Sud e pubblicato sulla rivista scientifica Nutrition and Metabolism colma questa lacuna, dimostrando che anche modesti incrementi nel consumo di cibi ultra-processati possono compromettere la gestione degli zuccheri nel sangue già nella fascia d'età compresa tra i 17 e i 22 anni, quando le abitudini alimentari tendono a consolidarsi per i decenni successivi.

I ricercatori hanno monitorato 85 giovani adulti nell'arco di quattro anni, raccogliendo dati alimentari dettagliati e campioni ematici in due momenti distinti tra il 2014 e il 2022. I partecipanti, reclutati nell'ambito del Meta-AIR study (Metabolic and Asthma Incidence Research), a sua volta parte del più ampio Southern California Children's Health Study, hanno fornito informazioni complete sulla loro dieta attraverso diari alimentari riferiti a giorni feriali e festivi. Gli scienziati hanno quindi classificato ogni alimento consumato come ultra-processato (caramelle, bevande zuccherate, cereali per la colazione, creme spalmabili confezionate, yogurt aromatizzati, molti pasti da fast food) oppure come cibo non sottoposto a lavorazione industriale intensiva, calcolando la percentuale di calorie giornaliere derivanti dalla prima categoria.

La metodologia ha incluso test di tolleranza al glucosio con prelievi ematici prima e dopo l'assunzione di una bevanda zuccherata, permettendo di valutare quanto efficacemente il pancreas producesse insulina in risposta all'aumento della glicemia. Le analisi statistiche hanno tenuto conto di variabili confondenti come età, sesso, etnia e livello di attività fisica. I risultati hanno rivelato associazioni significative: un aumento del 10% nel consumo di cibi ultra-processati corrispondeva a un 64% di rischio maggiore di sviluppare prediabete e a un 56% di probabilità più elevata di presentare una regolazione del glucosio alterata. I partecipanti che consumavano quantità superiori di questi alimenti già alla prima valutazione mostravano inoltre livelli di insulina basale più elevati al controllo successivo, un indicatore precoce di insulino-resistenza.

Un aumento del 10% nel consumo di cibi ultra-processati corrisponde a un 64% di rischio maggiore di prediabete nei giovani adulti

L'insulino-resistenza rappresenta una condizione in cui le cellule dell'organismo rispondono meno efficacemente all'insulina, l'ormone che permette al glucosio di entrare nelle cellule per essere utilizzato come fonte energetica. Di conseguenza, il pancreas compensa producendo quantità crescenti di insulina, un meccanismo che nel tempo può portare all'esaurimento delle cellule beta pancreatiche e all'evoluzione verso il diabete conclamato. "I nostri risultati dimostrano che anche incrementi modesti nell'assunzione di cibi ultra-processati possono alterare la regolazione del glucosio in giovani adulti a rischio di obesità", ha spiegato Vaia Lida Chatzi, professoressa di scienze della salute pubblica e popolazione e pediatria presso la Keck School of Medicine e responsabile senior dello studio. "Questi dati indicano la dieta come un fattore modificabile che determina le prime fasi della malattia metabolica, e rappresentano un obiettivo urgente per le strategie di prevenzione rivolte ai giovani."

Il periodo della giovane età adulta riveste un'importanza particolare dal punto di vista metabolico e comportamentale. A differenza dell'adolescenza, caratterizzata da rapidi cambiamenti fisiologici legati alla crescita, questa fase rappresenta il momento in cui l'organismo ha raggiunto la maturità fisica e gli individui stabiliscono routines alimentari e stili di vita destinati a persistere per decenni. Sostituire pasti altamente processati con alimenti integrali come frutta, verdura, legumi e cereali integrali può ridurre significativamente le probabilità di sviluppare diabete di tipo 2 negli anni successivi. "La giovane età adulta rappresenta una finestra critica per plasmare la salute a lungo termine", ha sottolineato Chatzi. "Concentrandoci su questa popolazione, abbiamo l'opportunità di intervenire precocemente, prima che il prediabete e altri fattori di rischio diventino condizioni permanenti."

Negli Stati Uniti, oltre la metà delle calorie consumate quotidianamente proviene da cibi ultra-processati, categoria che include prodotti caratterizzati da elevati contenuti di sodio, zuccheri aggiunti e grassi di scarsa qualità nutrizionale. La definizione di ultra-processato non riguarda semplicemente la presenza di ingredienti artificiali, ma il grado di trasformazione industriale: si tratta di formulazioni che contengono sostanze raramente utilizzate nella cucina domestica, come proteine idrolizzate, oli idrogenati, sciroppi ad alto contenuto di fruttosio, emulsionanti e additivi vari progettati per migliorare palatabilità, shelf-life e appeal commerciale. Questa categoria si distingue nettamente dagli alimenti minimamente processati (come verdure surgelate) o dai cibi processati tradizionali (come formaggi e pane artigianale).

Yiping Li, primo autore dello studio e dottorando in scienze biomediche quantitative presso il Dartmouth College, ha evidenziato l'importanza pratica dei risultati: "Questi dati indicano che il consumo di cibi ultra-processati aumenta il rischio di prediabete e diabete di tipo 2 tra i giovani adulti, e che limitarne il consumo può contribuire alla prevenzione della malattia." Il team di ricerca ha sottolineato la necessità di studi più ampi con monitoraggi alimentari ancora più dettagliati per identificare quali specifiche categorie di alimenti ultra-processati risultino maggiormente dannose per questa fascia d'età, e per chiarire i meccanismi attraverso cui i nutrienti (o la loro carenza) in questi prodotti possano influenzare la funzione insulinica e il controllo glicemico.

Il finanziamento principale dello studio è stato fornito dal National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) dei National Institutes of Health, con contributi anche dall'Environmental Protection Agency statunitense e dalla Hastings Foundation. La ricerca si inserisce in una più ampia iniziativa della USC dedicata all'esposizione ambientale e alla salute metabolica, rappresentando un tassello significativo nella comprensione di come le scelte alimentari quotidiane, apparentemente banali, possano avere conseguenze metaboliche misurabili già in età giovanile.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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