L'amministrazione Trump ha firmato ieri un ordine esecutivo che lancia la Genesis Mission, un'iniziativa federale volta a consolidare la supremazia tecnologica degli Stati Uniti nel settore dell'intelligenza artificiale. Il provvedimento si inserisce nel più ampio AI Action Plan della Casa Bianca e ambisce a coordinare risorse pubbliche e private per accelerare lo sviluppo e l'applicazione pratica delle tecnologie AI su scala nazionale. La retorica presidenziale evoca il Manhattan Project, il programma bellico che portò alla bomba atomica.
Il confronto con il progetto atomico degli anni '40 non è casuale: riflette una visione geopolitica che inquadra l'intelligenza artificiale come asset strategico di sicurezza nazionale, oltre che economica. In un contesto di crescente competizione tecnologica con la Cina e l'Unione Europea, Washington tenta di rivendicare un ruolo di leadership in un mercato globale dell'AI che si stima possa raggiungere una valutazione superiore ai 1.800 miliardi di dollari entro il 2030, secondo diverse proiezioni di mercato.
L'ordine esecutivo arriva in un momento di profonda incertezza normativa. Mentre l'Unione Europea ha approvato l'AI Act, la prima regolamentazione organica sull'intelligenza artificiale a livello sovranazionale, gli Stati Uniti continuano a preferire un approccio frammentato, affidato a singoli stati o a iniziative settoriali. La Genesis Mission sembra puntare su incentivi fiscali e coordinamento tra agenzie federali piuttosto che su un quadro regolatorio strutturato, una scelta che solleva interrogativi sulla tutela dei diritti civili e sulla trasparenza degli algoritmi.
Sul piano operativo, l'iniziativa prevede il coinvolgimento di laboratori nazionali, università e aziende private, secondo un modello di partenariato pubblico-privato già sperimentato in altri settori strategici. Tuttavia, i dettagli sui finanziamenti stanziati e sui meccanismi di governance rimangono vaghi. Il comunicato della Casa Bianca enfatizza l'urgenza dell'azione ma non quantifica investimenti specifici né stabilisce milestone verificabili, limitandosi a richiamare l'AI Action Plan esistente.
La retorica bellica applicata alla competizione tecnologica non è nuova, ma la sua intensificazione solleva questioni sulla militarizzazione della ricerca scientifica. Il richiamo al Manhattan Project evoca non solo successo tecnico, ma anche implicazioni etiche controverse: l'intelligenza artificiale, come l'energia nucleare, richiede governance responsabile e dibattito pubblico sui rischi sistemici, dalla discriminazione algoritmica alla concentrazione del potere tecnologico in poche mani.
Dal punto di vista competitivo, la mossa americana si inserisce in una corsa globale dove Cina ed Europa perseguono strategie differenti. Pechino punta su massicci investimenti statali e integrazione verticale tra ricerca e industria, mentre Bruxelles privilegia la regolamentazione come strumento di standard-setting internazionale. Gli Stati Uniti sembrano scommettere sull'ecosistema delle startup e sulla capacità di innovazione delle big tech, ma senza affrontare le questioni antitrust che proprio queste aziende sollevano.
Resta da verificare se la Genesis Mission si tradurrà in politiche industriali concrete o rimarrà principalmente simbolica. L'esperienza di precedenti iniziative federali suggerisce che la frammentazione istituzionale americana può ostacolare il coordinamento necessario per progetti di questa portata. Inoltre, la dipendenza dalla collaborazione con il settore privato pone il problema della cattura regolatoria: le stesse aziende che dovrebbero essere regolate finiscono per influenzare le politiche pubbliche.
Il paragone con il Manhattan Project solleva infine una questione irrisolta: quale equilibrio tra accelerazione tecnologica e valutazione dei rischi? Il progetto atomico fu condotto in segreto, con scarsa supervisione democratica e conseguenze globali durature. L'intelligenza artificiale richiede invece trasparenza, inclusività e meccanismi di accountability che l'attuale ordine esecutivo non sembra garantire. La vera sfida non è solo vincere la corsa tecnologica, ma definire quale società vogliamo costruire con questi strumenti.