Le conseguenze dell’attività umana sul pianeta hanno ormai superato una soglia critica che mette in pericolo la stabilità degli ecosistemi. Una ricerca del Potsdam Institute for Climate Impact Research e dell’Università BOKU di Vienna ha elaborato la prima mappa mondiale dettagliata che mostra come il 60% delle aree terrestri globali sia già oltre la zona di sicurezza ecologica, mentre il 38% si trovi in condizioni di rischio elevato. Lo studio, pubblicato su One Earth, segna un passo decisivo nella comprensione di come l’umanità stia compromettendo i meccanismi fondamentali che regolano la vita sul pianeta.
L’energia della fotosintesi sotto pressione
Il concetto di integrità funzionale della biosfera si basa sulla capacità delle piante di co-regolare lo stato del sistema terrestre tramite la fotosintesi. Questo processo alimenta i cicli di carbonio, acqua e azoto che sostengono gli ecosistemi, anche di fronte all’interferenza umana. Wolfgang Lucht, responsabile del dipartimento di Analisi del Sistema Terrestre del PIK, sottolinea come i flussi energetici della fotosintesi siano ormai considerati centrali per la stabilità planetaria.
La ricerca si è concentrata su due indicatori: la quota di produttività naturale della biomassa deviata dall’uomo e i cambiamenti complessi nella vegetazione e negli equilibri di acqua, carbonio e azoto.
Una crisi che affonda le radici nel passato
Il modello LPJmL, che simula i flussi su base giornaliera a scala globale, rivela che i primi segnali critici si sono manifestati già nel 1600 nelle latitudini medie. Nel 1900, molto prima che il riscaldamento climatico diventasse centrale, il 37% delle superfici terrestri globali si trovava già fuori dalla zona di sicurezza, con il 14% in area ad alto rischio.
Oggi il confine della biosfera risulta superato in gran parte del pianeta, soprattutto in Europa, Asia e Nord America, dove l’agricoltura ha radicalmente trasformato la copertura del suolo.
La sfida della crescente domanda di biomassa
Fabian Stenzel, autore principale dello studio, evidenzia una contraddizione chiave: l’umanità dipende dalla biosfera per cibo, materie prime e persino per strategie climatiche come la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio, ma allo stesso tempo ne consuma risorse a un ritmo insostenibile.
Per Johan Rockström, direttore del PIK e coautore dello studio, questa prima mappa globale del superamento del confine della biosfera rappresenta una svolta scientifica con implicazioni dirette per le politiche climatiche. Biomassa e pozzi naturali di carbonio devono essere considerati parte integrante delle strategie di mitigazione, imponendo un approccio che unisca protezione ecologica e azione climatica.
Solo una gestione integrata della biosfera potrà invertire una tendenza che, iniziata quattro secoli fa, oggi minaccia la sopravvivenza degli ecosistemi terrestri.